Elezione del Presidente della Repubblica: Un gioco al massacro!

Elezione del Presidente della Repubblica: Un gioco al massacro!

di Peppino Gullo

Il gioco al massacro, nonostante l’autorevolezza di alcuni dei nomi messi in campo, continua senza tregua.

Nessuno è in condizione di prevedere quanto possa ancora durare prima di arrivare all’elezione del nuovo PdR. Non ritengo però che sia un esercizio inutile fare alcune considerazione su quanto sta avvenendo, naturalmente limitate ai fatti che vengono resi noti. É chiaro che molto di ciò che accade rimane nel chiuso delle stanze del potere, note solo ad un gruppo ristretto o ristrettissimo.Ieri pomeriggio, dopo l’esito negativo del quarto scrutinio, è stata diffusa la notizia di un colpo di scena e cioè quello della visita del Senatore Salvini a casa del Professor Cassese evidentemente per sondare la disponibilità di quest’ultimo di essere il tanto preannunciato nome super partes in condizione di raccogliere un vasto consenso da tutti gli schieramenti. Il nome è di grande rilievo considerata la caratura dell’ex Ministro e ex Giudice della Corte Costituzionale, maestro di Diritto Pubblico, editorialista del Corriere della Sera e recentemente opinionista molto presente nei più importanti programmi televisivi di intrattenimento politico.

Sembrava che fosse arrivata la svolta e che sul nome del Professor Cassese si potesse formare un ampio consenso. Così non è stato. Da più parti sono stati avanzati dubbi, perplessità e distinguo.

Sulla qualità personale e professionale del possibile candidato nessuno ha potuto avanzare riserve. In molti invece hanno ricordato le critiche che il Professore aveva formulato ai DPCM adottati dal Prof. Conte, Presidente del Consiglio, per introdurre forti limitazioni alle libertà personali come contrasto all’incalzare della pandemia e l’accostamento dell’allora Presidente del Consiglio al leader ungherese Orban.

Non vi è dubbio che le forti riserve avanzate dal Professor Cassese fossero assolutamente giustificate sia dal punto di vista giuridico che da quello politico. Nessuna censura avrebbe potuto essere avanzata su quanto aveva scritto l’ex Giudice Costituzionale. Eppure una parte del gruppo 5S si è opposto all’indicazione fatta informalmente.
L’argomento più serio, secondo me, contro l’eventuale elezione di Cassese è rappresentata dalla sua età. É nato nel 1935 e nel corso di quest’anno compirà 87 anni. Nessuno a quell’età è in condizione di esercitare funzioni gravose e impegnative come quelle di PdR con la necessaria energia e continuità.
Se si dovesse accedere all’idea che l’età non conta perché non pensare al novantaquattrenne Formica, politico esperto e ancora lucidissimo che sull’elezione del tredicesimo Presidente, a mio giudizio, ha rilasciato le dichiarazioni più realistiche e convincenti o alla novantunenne senatrice Segre, simbolo del martirio degli ebrei per mano dei nazisti?

Chi ha un minimo di esperienza di vita politica sa che gli impegni istituzionali sono molto faticosi e richiedono una resistenza fisica che non è compatibile con l’età molto avanzata. Vale per tutti, per l’ottantacinquenne Berlusconi, per l’ottantasettenne Cassese e per l’ottantatreenne Amato.

Il Presidente Napolitano quando si dimise nel 2015 a novant’anni, fece espressamente riferimento alla difficoltà di adempiere pienamente ai suoi doveri a causa dell’età. Cassese , se eletto, si troverebbe inevitabilmente in una simile condizione con tutte le ovvie conseguenze che questo comporterebbe.

Scrivo queste considerazioni da anziano di oltre dieci anni più “giovane” dell’illustre accademico. Sinceramente mi sembra già al limite il Presidente del Consiglio che è nato nel 1947, figuriamoci chi è nato 12 anni prima. É ben diverso scrivere un articolo, partecipare ad un convegno o tenere una conferenza rispetto all’impegno quotidiano della più alta carica della Repubblica.
Formica con molta saggezza si augura che la scelta cada su un cinquantenne fuori dalle grandi lobby politico-economiche-mediatiche indicando un profilo che, purtroppo, non esiste nella nostra realtà politico-istituzionale ma il dato anagrafico è un parametro dal quale non è possibile prescindere.

L’altro nome che ha preso quota nelle ultime ore è quello dell’attuale capo dei servizi segreti nominata nel Maggio scorso dal governo Draghi, precedentemente Segretario Generale del Ministero degli Esteri.

La dott.ssa Belloni è nata nel 1958 ed ha uno splendido curriculum tutto all’interno del Ministero degli Esteri che, presumo, le ha consentito di avere un’ approfondita conoscenza ad alto livello delle Cancellerie dei più importanti paesi del mondo. Non ricordo di averla mai vista e sentita come ospite in programmi televisivi né di avere letto sue interviste su questioni interne e internazionali.

Tutto questo lo giudico positivamente e mi sembra un profilo perfetto per il capo dell’intelligence. Da qui a candidarla a PdR, a mio giudizio, ne corre.
Mi limito a segnalare due aspetti strettamente legati alle funzioni del Capo dello Stato.

Il primo attiene alle competenze di natura politico-parlamentare. Il titolo II della Costituzione elenca le attribuzione del Presidente. Tra queste rientrano la soluzione della crisi di Governo con il conferimento dell’incarico per la formazione del Gabinetto nominando i Ministri su proposta del Presidente del Consiglio, la promulgazione delle leggi con la facoltà di rinviarle alle Camere per riesaminarle dovendole promulgarle se riapprovate, può inviare messaggi al Parlamento, può sciogliere le Camere, sentiti i loro Presidenti, nel caso in cui non possa essere garantito il loro normale funzionamento, tranne che negli ultimi sei mesi del suo mandato.

Funzioni importantissime che richiedono una profonda conoscenza dei meccanismi di funzionamento delle Camere, dei processi di formazione delle leggi, delle dinamiche che presiedono ai rapporti Parlamento-Governo, ai rapporti Partiti-Gruppi parlamentari-Commissionilavori d’aula.
Queste conoscenze non possono essere solo teoriche ed è la ragione per cui i Presidenti eletti precedentemente avevano tutti una grande esperienza parlamentare compreso il Presidente Ciampi che, pur non avendo mai ricoperto incarichi parlamentari, era stato primo Ministro e responsabile del Tesoro prima di essere eletto alla Suprema carica dello Stato.

Il secondo aspetto che desidero mettere in luce è il rapporto con l’ordine giudiziario. Il PdR presiede il Consiglio Superiore della Magistratura, organo di autogoverno della Magistratura. Il rapporto Presidente–CSM è stato per molti anni tranquillo, mediato dai contatti continui tra il v. Presidente, per legge non togato, e i consiglieri giuridici e lo stesso Capo delle Stato.

Tutto cambiò con Cossiga. Chi ha buona memoria ricorderà che il Presidente mandò i Carabinieri per notificare l’ordine del giorno che aveva stilato per le deliberazioni dell’organo e mantenne sempre un faro acceso sulle scelte del Consiglio.
Ognuno ha legittimamente una sua opinione sul settennato del Picconatore ma è certo che vide con molto anticipo la crisi che stava investendo i Partiti e la loro capacità di rappresentare la società reale. Fu un uomo politico e un Presidente umorale ma di grandissima intelligenza e capacità di prevedere il corso degli eventi. Ricordate il caso dello scontro con il Procuratore Cordova? Gli storici, a mio giudizio, gli attribuiranno il giusto posto nella Storia della Repubblica.

Napolitano, come è noto , intervenne spesso e pesantemente sulle decisioni del Consiglio, ponendo veti (caso Lo Forte) e richiedendo e ottenendo una decisione della Consulta sul caso registrazioni collegate all’indagine della c.d. trattativa Stato-Mafia.

Mattarella su questo delicatissimo argomento è stato colpevolmente assente in una fase nella quale la crisi dell’Ordine Giudiziario è arrivata ad un livello  inimmaginabile anche per autori di spy story.

La dott.ssa Belloni rispetto a questi snodi fondamentali penso che sarebbe un vaso di coccio tra tanti di ferro. Può permetterselo l’Italia?