
LA LEGISLATURA È AL GIRO DI BOA MENTRE INFURIANO STERILI POLEMICHE
di Giuseppe Gullo
Molti segnali lasciano intendere che la legislatura, dopo avere superato i due anni e mezzo, abbia imboccato la discesa che potrebbe portarla alla sua fine prematura.
È facile rilevare una crescita esponenziale dell’intolleranza personale che caratterizza i rapporti tra i maggiori esponenti dei partiti di governo nei confronti di quelli dell’opposizione, ricambiata con gli “interessi” dai secondi verso i primi. Queste manifestazioni sono anche espressione di caratteri diversi ma sono soprattutto sintomi evidenti di lotta politica basata su battute più o meno riuscite, nel tentativo di denigrare o almeno ridicolizzare l’avversario. Ovviamente di idee, proposte, dibattito serio neppure l’ombra da tutte le parti o quasi.
Prendiamo ad esempio la ridicola polemica sulle posizioni assunte da esponenti di primo piano delle nostre Istituzioni in merito ai referendum per i quali si voterà il prossimo 8-9 giugno. Il Presidente del Senato ha reso pubblica la sua volontà di non andare a votare e ha fatto propaganda per l’astensione. Dichiarazione forse inopportuna da parte della seconda carica dello Stato, ma non tale da fare gridare all’attentato alla Costituzione da parte dei soliti noti sempre pronti a vedere la pagliuzza negli occhi degli altri e di ignorare la trave in quelli dei sodali. È stato un gioco da ragazzi trovare una dichiarazione dell’ex Presidente Napolitano dello stesso tenore di quella di La Russa, oppure ricordare l’invito di Craxi di andare al mare piuttosto che ai seggi elettorali, per far fare ai “paladini” del voto la figura di chi critica a vanvera. Piuttosto che impegnarsi a spiegare le ragioni per cui andare a votare o quelle che giustificano la volontà di abrogare una legge voluta da un Governo a guida PD con un referendum promosso dalla CGIL, si fanno polemiche da cortile invocando sempre pericoli incombenti anche quando non ve n’è neppure l’ombra. Allo stesso modo, il Musk sostenitore di Obama era descritto come un difensore della democrazia e del pluralismo, mentre diventa, ora che sostiene Trump a suon di miliardi, un pericoloso nemico delle libertà fondamentali di tutto il mondo.
Un secondo sintomo appare significativo dello sfilacciamento dei rapporti istituzionali tra i soggetti che calcano la scena politica. L’attività e le decisioni della maggioranza debbono essere oggetto di critica anche dura da parte dell’opposizione nel merito dei loro contenuti. È uno dei principi fondamentali della dialettica democratica che deve essere preservato da qualunque tentativo di essere limitato. Essa però deve riguardare la sostanza dell’attività. Non può avere l’obiettivo di attribuire all’avversario politico finalità, per così dire, diverse da quelle dichiarate. Quando ciò accade, e di recente accade spesso, il danno viene fatto al Paese e alla sua immagine nel contesto internazionale.
Dal secondo dopoguerra ad oggi la scelta italiana in materia di politica estera è stata quella di aderire lealmente all’alleanza nordatlantica e di utilizzare gli aiuti economici che ci ha dato l’America, che hanno consentito al nostro Paese, insieme a molti altri fattori interni e internazionali, di ricostruire la sua economia in ginocchio dopo la fine della guerra. Oggi si leggono contributi di importanti commentatori che parlano di occupazione americana con lo sbarco in Sicilia dell’esercito alleato e che assegnano alla Resistenza italiana la natura di una guerra civile in sostanza ininfluente sulla liberazione dal nazi fascismo. Si descrive l’Italia come un Paese satellite degli Usa, quasi un’appendice del Colosso nordamericano. Distorcere consapevolmente la lealtà verso un alleato con il servilismo o peggio ancora con la rinunzia all’autodeterminazione e all’indipendenza dei giudizi e delle valutazioni, danneggia l’immagine e la credibilità internazionale dell’Italia che sono valori che vanno difesi e salvaguardati.
È bastato che gli Usa dichiarassero di volere rivedere il loro impegno economico e militare nella Nato e i rapporti commerciali con i Paesi dell’UE per far venire la fibrillazione ai governi di tutta Europa. La verità è che un nuovo ordine mondiale non si profila all’orizzonte, mentre l’equilibrio post-bellico degli ultimi 80 anni è in crisi irreversibile. Queste difficoltà richiederebbero coesione e unità d’intenti e non polemiche sterili sul peso e sul ruolo del nostro Paese all’interno della UE e nei rapporti con gli Usa. Un declassamento dell’Italia danneggia tutti, maggioranza e opposizione, e soddisfa soltanto coloro che perseguono l’obiettivo del tanto peggio nella cinica prospettiva di averne benefici. Quando il Parlamento viene utilizzato come palcoscenico per scomposte e ridicole esibizioni da scadente avanspettacolo., l’offesa è portata alle Istituzioni e alla Costituzione che impone decoro a chi rappresenta l’intera comunità. La grande difficoltà del tempo presente e l’enorme dimensione dei problemi con i quali gli Stati debbono misurarsi richiedono serietà e responsabilità, non già ricerca di pubblicità e effimera notorietà.
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