LE DUE GUERRE IN CORSO, TRA RAGIONI E TORTI

LE DUE GUERRE IN CORSO, TRA RAGIONI E TORTI

di Giuseppe Gullo

     Le generazioni nate in Europa e in Nord America dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale hanno avuto la fortuna di vivere, fino a tre anni fa, un lungo periodo di pace e di prosperità. In altri continenti si sono combattuti conflitti sanguinosi e distruttivi in alcuni dei quali, per loro scelta, sono stati coinvolti gli USA che hanno avuto centinaia di migliaia di morti. L’Europa fino al febbraio 2022 è stata estranea a questi eventi. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha interrotto traumaticamente quel lungo periodo che era stato determinato dall’equilibrio realizzato dalle potenze vincitrici della guerra.

     Negli anni che hanno separato la sconfitta del nazifascismo dall’occupazione di una parte del territorio ucraino molti fatti di grande rilievo storico hanno segnato il XX secolo, dalla nascita dello Stato di Israele alla caduta del muro di Berlino con la successiva riunificazione tedesca, alla disgregazione dell’URSS, all’impulso a fare dell’UE un soggetto politico sovranazionale, solo per citarne alcuni. Fatti di eccezionale rilevanza prodromici a molti degli eventi successivi. Questo “equilibrio”, al quale ha contribuito l’URSS come nazione vincitrice della guerra insieme agli eserciti alleati, è finito definitivamente in quanto uno dei suoi artefici e garanti, la Russia erede dell’Urss, non ha ritenuto di poterlo più garantire e mantenere.

     Sulle cause che hanno determinato l’aggressione russa e sulla risposta che l’Europa e l’America hanno dato alla sfida militare di Mosca il dibattito è aperto. Lo è ancora di più in questi giorni nei quali è diventato chiaro che la promessa di Trump di arrivare a una soluzione immediata si è rivelata mera propaganda priva di una reale possibilità di essere realizzata. La prima reazione dopo l’invasione è stata quella di sostenere massicciamente l’esercito ucraino per consentirgli di respingere l’armata russa al di là del confine violato. Il sostegno economico e di fornitura di armi è stato importante ma non risolutivo. È apparso chiaro presto, oggi ancora di più, che la Russia è in condizione di sostenere a lungo, militarmente ed economicamente, lo sforzo bellico e che in questo impegno ha l’appoggio di molti Paesi ed anzitutto della Cina, seconda potenza economica mondiale. Questo dato di fatto ha sostanzialmente inasprito il confronto e ha creato tra i sostenitori dell’Ucraina posizioni differenziate. L’America del secondo Trump ha manifestato stanchezza nel mantenere l’impegno di sostenere economicamente l’Ucraina.

     Non è questo, tuttavia, l’aspetto più interessante, quanto quello che verte sull’individuazione delle cause che hanno dato origine al conflitto. Il punto di partenza è il fatto che le grandi potenze che hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale, nel definire e concordare gli assetti territoriali post bellici, hanno messo al primo posto la sicurezza dei loro confini nazionali. Nel momento in cui essa è stata posta in discussione e si è verificato un fatto che ha creato un pericolo per l’integrità territoriale, la reazione è stata immediata e violenta. Questo è accaduto nel 1963, quando l’URSS decise di installare basi missilistiche a Cuba e l’America dispose il blocco navale e ingiunse all’URSS di tornare indietro sulla decisione presa per evitare l’uso della forza da parte degli americani e quindi un conflitto mondiale. L’URSS di Kruscev rivide la sua decisione e il pericolo di un nuovo devastante conflitto venne meno, dopo avere però incassato la promessa americana, mantenuta segreta a lungo, di smantellare le basi missilistiche in Turchia,

     Dopo la fine dell’URSS nel 1991 e lo scioglimento dell’alleanza militare dei paesi del blocco comunista, il Patto di Varsavia, l’intero fronte occidentale della Russia ha cambiato collocazione aderendo alla Nato e alla UE. Questa scelta avrebbe vanificato l’intesa non scritta tra USA e URSS secondo cui la chiusura del Patto di Varsavia non avrebbe dovuto mettere in pericolo la sicurezza nazionale dei confini russi. Così non è stato. L’adesione alla Nato di tutti i Paesi confinanti con la Russia e la richiesta dell’Ucraina di farne parte avrebbero in qualche modo dato a Putin la motivazione definitiva per decidere l’invasione del confine ucraino. Mutatis mutandis, con parti invertite , la Russia avrebbe agito come fecero quasi sessant’anni prima gli USA. La responsabilità, secondo questo ragionamento, sarebbe stata di chi ha avuto la direzione politica dei Governi Usa e Europei unitamente alla NATO. V’è del vero in questa analisi. Tuttavia, la domanda alla quale si deve rispondere è un’altra: di fronte a un atto di aggressione unilaterale il Paese aggredito ed i suoi alleati hanno il diritto di difendere l’integrità territoriale della Nazione che ha subito l’invasione?

      Tuttavia, la lettura degli avvenimenti che hanno dato origine alla guerra nell’est Europa, nei termini sopra riferiti, è fuorviante. Va detto anzitutto che la crisi di Cuba aveva cause molto diverse, se si considera che in piena guerra fredda l’URSS voleva installare missili a testata nucleare su un territorio distante migliaia di chilometri da Mosca e poche decine di miglia dagli USA. La risposta dell’America non fu, per fortuna, l’invasione di Cuba e cioè un atto di guerra, bensì l’intimazione e poi il compromesso che portò l’URSS a non proseguire in un’azione oggettivamente aggressiva nei confronti di Washington. Nel caso dell’Ucraina la Russia ha invaso territori di uno Stato sovrano confinante, in aperta violazione di ogni principio del diritto internazionale, per soddisfare pretese territoriali ed economiche (le c. d. terre rare). Altro discorso è quello relativo alla reazione degli alleati del popolo ucraino. Su questo piano sono emerse in modo chiaro le grandi difficoltà dell’UE e i limiti conseguenti alla mancanza di un sistema di difesa comunitario, di cui si è sempre ignorata la necessità e l’urgenza. L’Europa deve sostenere fino in fondo l’Ucraina per mantenere fede alla difesa di un principio che non ammette deroghe, e cioè che gli atti di guerra non possono avere giustificazione e rappresentano gravi e inammissibili violazione del diritto internazionale.

     L’altra guerra che sconvolge l’Occidente è quella che si combatte a Gaza. Qui le atrocità sono perfino più terribili di quelle che vediamo altrove, sempre che sia possibile graduare l’intensità del male. Anche in questo caso, non è possibile dimenticare che la guerra è stata causata dalla violentissima aggressione di Hamas a danno di inermi civili israeliani. La reazione di Gerusalemme è stata violentissima come era stata l’aggressione. È una disputa obiettivamente priva di significato provare a stabilire chi, tra i protagonisti di una guerra che è per definizione sanguinosa e distruttiva, sia andato oltre un limite che non esiste e che, se esistesse, sarebbe già stato superato da entrambi i contendenti. Non vi sono guerre giuste e ingiuste. Sono tutte orribili e tutte da condannare. Tuttavia, vi sono sempre state purtroppo e probabilmente ci saranno sempre. L’irrazionalità dell’homo sapiens ha generato fin dal suo apparire forme di violenza sui suoi simili per le ragioni più varie: il potere fine a se stesso, la religione, l’odio etnico, i tradimenti, il controllo del territorio e delle ricchezze naturali, l’intervento degli dei, l’invidia, la malvagità e mille altre cause. Si potrà mai l’umanità liberare del male più grande che l’affligge da sempre? Si può solo sperare che ciò avvenga sebbene la ragione induca a non crederlo.

     Nel caso di Israele tutto è più complicato in quanto una parte persegue l’obiettivo di annientare l’altra con intendimento reciproco. Gli ebrei, per sopravvivere e restare nella terra che nel 1948 le grandi potenze hanno loro assegnato, combattono per annientare i Palestinesi, i quali a loro volta combattono per annientare gli ebrei che ritengono invasori senza titolo della loro terra e sfruttatori del popolo per accumulare ricchezza a suo danno. Questa è la situazione nella sua drammaticità. Rispetto ad essa la risposta di una condanna di Israele è profondamente sbagliata nella stessa misura in cui lo è quella della Palestina. Con una differenza non da poco per un occidentale. Gli Ebrei rappresentano un mondo a parte, di cui sono gelosi custodi. Hanno profondamente la convinzione di essere il popolo eletto e curano la memoria della loro cultura e delle tradizioni che hanno avuto in eredità dai padri. Consentono la continuità di alcune consuetudini, come quelle degli ortodossi, difficilmente comprensibili e condivisibili, ma che fanno parte a pieno titolo della cultura e della civiltà occidentali e hanno dato all’umanità migliaia di grandi menti che hanno contribuito al progresso di tutti i popoli. I Palestinesi e il mondo al quale appartengono hanno nei confronti della nostra civiltà un profondo disprezzo e un’ostilità palpabile per chiunque entri in contatto con loro e con i costumi di cui sono fieri e che rappresentano l’assoluta negazione dei valori di eguaglianza e libertà che sono il fondamento del nostro mondo.

     Le responsabilità della guerra non si pesano, ma nel giudizio su di esse e sulla solidarietà nei confronti di chi combatte conta e molto l’individuazione dei valori per i quali ciascuna parte combatte. Da questo punto di vista, con tutti i limiti che sappiamo, difendendo gli ebrei difendiamo noi stessi e la civiltà che ci ha consentito di giungere a ciò che oggi siamo. Bruciare le bandiere di Israele significa distruggere tutto l’occidente e ciò che esso rappresenta. È questo ciò che si vuole?

Fonte Foto: Pexels.comAfif Ramdhasuma – Licenza

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