
OGNI POTERE DELLO STATO FACCIA LA SUA PARTE!
di Giuseppe Gullo
La conversione in legge del c.d. “decreto sicurezza” pone una serie di rilevanti questioni a tutti coloro che hanno a cuore la “salute“ della nostra Democrazia. La legge appena approvata preoccupa per molti aspetti tutti rilevanti. In primo luogo, occorre ancora una volta rilevare che il Governo è intervenuto pesantemente in materia penale con lo strumento del decreto-legge. Non è la prima volta e sicuramente non sarà l’ultima, purtroppo. In linea generale l’uso da parte del Governo di un atto avente forza di legge e come tale devoluto alla esclusiva competenza del Parlamento, da strumento eccezionale è divenuto sempre più “ordinario“ e normale tanto da costituire una vera e propria espropriazione dei poteri costituzionali attribuiti dalla Carta al Parlamento. Allorché, come in questo caso, oltre all’uso improprio che il governo fa di questo strumento legislativo, la materia trattata riguarda il diritto penale che incide sul fondamentale diritto di libertà personale del cittadino, allora il problema riveste una doppia gravità che riguarda sia lo stravolgimento dell’equilibrio costituzionale dei poteri fondamentali dello Stato, sia la tutela di uno dei diritti essenziali del cittadino, con l’effetto di diventare non solo un evidente vulnus all’ordinamento giuridico ma anche e soprattutto un attentato alla democrazia.
È giusto osservare che l’uso indiscriminato dei decreti-legge è stato un motivo ricorrente nell’azione di tutti i governi, almeno negli ultimi 15 anni, con numeri via via crescenti che hanno riguardato gli esecutivi presieduti da personalità politiche provenienti dalla sinistra, dal centro, dalla destra e dal movimento cinque stelle. Questo dato di fatto non può essere in nessun modo una giustificazione né può esserlo il “ritornello stonato“ della necessità di superare i tempi lunghi dell’approvazione di una legge ordinaria secondo le modalità previste dalla Costituzione e dai regolamenti parlamentari. In quasi tutti i provvedimenti adottati con decreto legge manca del tutto il requisito della necessità e dell’urgenza, così come in quest’ultimo che era stato presentato dal governo come disegno di legge e come tale stava seguendo il corso di approvazione parlamentare per essere poi trasferito, pari pari, nel decreto convertito pochi giorni fa. Alcuni dati rendono l’idea della gravità del fenomeno.
Dal sito della Camera traggo le seguenti informazioni.
Nella XVIII Legislatura sono state approvate 315 leggi: tre leggi di revisione costituzionale di iniziativa parlamentare (la legge costituzionale n. 1 del 2020 di riduzione del numero dei parlamentari, la legge n. 1 del 2021, che modifica l’articolo 58 della Costituzione, in materia di elettorato per l’elezione del Senato della Repubblica e la legge n. 1 del 2022, che modifica gli articoli 9 e 41 della Costituzione, in materia ambientale); leggi ordinarie (104 leggi di conversione di decreti-legge e 207 altre leggi ordinarie, 145 di iniziativa governativa, 59 di iniziativa parlamentare e 3 di iniziativa mista: 2 popolare e parlamentare e 1 parlamentare e CNEL); sono stati emanati 146 decreti-legge (4 deliberati dal governo Gentiloni, 26 dal governo Conte I, 54 dal governo Conte II e 62 dal governo Draghi), 164 decreti legislativi e 17 regolamenti di delegificazione.
Nella XIX legislatura (13 ottobre 2022 – 13 marzo 2025), sono stati sino a ora emanati 87 decreti-legge. Di questi, 73 sono stati convertiti in legge, mentre 11 sono decaduti. Un decreto-legge (il DL n. 144, “Aiuti-ter”) era stato emanato nella XVIII legislatura, ma la sua conversione in legge rientra nel conteggio della XIX legislatura. In dettaglio, sono stati emanati 87 decreti-legge, di cui 73 convertiti in legge e 11 decaduti. Tra i decreti-legge convertiti, si include la conversione del DL n. 144 emanato nella XVIII legislatura, facendo aumentare il totale a 74, mentre il Governo guidato da Giorgia Meloni ha emanato 72 decreti-legge dal suo insediamento
I rimedi esistono se ciascun organo dello Stato fa la propria parte, come è necessario che avvenga. L’alternativa è devastante e porta inevitabilmente ad un deperimento della Democrazia, a una prevalenza dell’Esecutivo sul Parlamento ancora più accentuata dal sistema elettorale vigente che non consente una vera selezione dei parlamentari da parte degli elettori. L’invasione di campo dell’esecutivo in danno del legislativo ha, in qualche modo, giustificato quella analoga e non meno pesante del giudiziario versus l’esecutivo. Non viene detto esplicitamente, ma si può leggere in mille provvedimenti: di cosa ti lamenti tu Sindaco, Presidente di Regione, Ministro che ogni giorno prevarichi il Consiglio comunale o quello regionale o il Parlamento, se io PM che rappresento la legalità censuro comportamenti e attività che tu porti avanti con arroganza e spesso con tracotanza? Avviene così che nessuno rispetta i limiti che la legge pone a chi legifera e di fatto non lo fa, a chi governa e nello stesso tempo fa le leggi, e a chi è chiamato ad applicarle ma in pratica anche le crea con l’interpretazione e le impone a tutti. Un siffatto andazzo è esiziale per la Democrazia, restringe gli spazi di tutela e di esercizio dei diritti dei cittadini e conduce a forme di autocrazia con esiti imprevedibili.
Nello specifico, la legge che ha convertito il decreto sicurezza introduce ben 14 nuove fattispecie di reato e aggrava le pene per altri nove. Una tale scelta è in forte contraddizione con la politica di semplificazione del sistema, confligge con i principi di proporzionalità e sussidiarietà e sanziona pesantemente comportamenti di resistenza passiva negli istituti penitenziari e nei centri di permanenza per il rimpatrio. Siamo in presenza di un evidente superamento del limite del diritto alla manifestazione del dissenso in modo pacifico. È una deriva inaccettabile contro la quale deve essere alto e allarmato il dissenso democratico di tutti i cittadini. In tal modo, il Governo porta avanti una pericolosa e dannosa politica giudiziaria con due facce del tutto diverse tra loro. Da un lato la giusta introduzione della separazione delle carriere dei magistrati e la creazione di due CSM e di un’Autorità con competenza in materia disciplinare; dall’altra, una concezione repressiva e limitativa dei diritti fondamentali dei cittadini che, oltre ad essere inutile, è anticostituzionale e mostra il volto duro di un Governo che non riesce a imboccare senza sbandamenti la strada di una “Giustizia giusta”.
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