DIECI ANNI SPRECATI

DIECI ANNI SPRECATI

di Giuseppe Gullo

In occasione di una manifestazione pubblica tenutasi qualche settimana fa ad iniziativa della CGIL è stato introdotto un dibattito nel quale sono state indicate ingiustizie, diseguaglianze, emarginazioni, sopraffazioni, violenze e storture di cui l’esperienza quotidiana di tutti i Paesi del mondo, compreso il nostro, sono pieni a dismisura mentre le guerre in Ucraina e Israele ne sono le manifestazioni più tragiche. Ciò che colpisce  non è solo questo, già di per sé molto preoccupante, quanto il richiamo che è stato fatto a un dibattito svoltosi dieci anni fa nel quale le denunce di allora  sono ancora  attualissime e tali da indurre a concludere che ad oggi la situazione complessiva del nostro Paese è peggiorata. La politica ha quindi sprecato dieci anni facendo arretrare l’Italia ?
Nei dieci anni citati, l’Italia ha avuto sette Governi, tre nella XVII legislatura, tutti  presieduti da esponenti PD (Letta, Renzi e Gentiloni), provenienti dalla sinistra DC-Margherita. Il PD che aveva governato per tutto il quinquennio, è stato sconfitto sonoramente nelle elezioni del marzo 2018 nelle quali i 5stelle, apertamente antisistema e sedicenti anticasta, hanno conseguito il 32,7 % a fronte del 18,7 del PD, a sua volta calato del 7% rispetto al 2013. Nel corso della XVIII legislatura i Governi sono stati il Conte I con una maggioranza 5Stelle-Lega, il Conte II con una maggioranza 5Stelle-PD-LeU, e da ultimo il Governo di solidarietà nazionale presieduto da Draghi e appoggiato da tutti i Partiti tranne FdI che allora aveva con una consistenza elettorale del 4,3%. Nelle elezioni del 2022 i 5Stelle hanno perduto 18 punti guadagnati, con la maggiorazione, da FdI che ha raggiunto il 26%, cioè ben 22 punti in più rispetto a cinque anni prima. Da un anno è in carica il Governo Meloni con la maggioranza chiaramente di destra uscita dalle elezioni.
Ciò che emerge in modo chiaro è che chi ha governato è stato sconfitto mentre, per converso, chi si è opposto è stato premiato dall’elettorato. Perché? Nessun Governo è stato in condizione di intervenire in modo significativo in alcuni dei settori sui quali l’opinione pubblica parametra il suo giudizio. La sanità nel periodo 2013/18 ha subito un notevole taglio delle risorse di circa 20 miliardi di euro con un conseguente peggioramento del servizio erogato. La pressione fiscale è rimasta pressoché invariata oltre il 41%, la spesa per la scuola e l’università ci ha visto sempre agli ultimi posti in Europa come i tempi della Giustizia civile soprattutto, ma anche penale e amministrativa. Il reddito pro capite post Covid è inferiore alla media europea e quello del sud è inferiore del 25% rispetto a quello  del centro e di quasi il 30% rispetto al nord.
Unica nota positiva nella XVII legislatura è stata l’approvazione della legge sulle unioni civili e quella sul testamento biologico, certamente qualificanti ancorché non inserite in un contesto organico di rivisitazione del complesso mondo dei “nuovi diritti della persona”. La legislatura successiva è stata disastrosa sotto ogni profilo. Maggioranze di Governo variabili, provvedimenti che hanno sprecato centinaia dì miliardi, nessun provvedimento legislativo di rilievo, pressione fiscale in crescita, spesa sanitaria in diminuzione. La pandemia ha segnato drammaticamente un lungo periodo oscurando molti altri importanti problemi e creando in tutto il mondo una situazione nuova e sconosciuta che ha segnato profondamente la vita di tutti. La caduta dei Governi a guida 5 stelle e l’arrivo di Draghi alla guida dell’esecutivo avrebbe potuto rappresentare la svolta rimasta incompiuta, ma è stata interrotta anzitempo dallo scioglimento delle Camere.
È difficile sostenere che queste vicende, schematicamente ricordate, non abbiano aperto le porte alla destra che ha vinto le elezioni promettendo mari e monti che nell’anno trascorso non si sono visti né si scorgono all’orizzonte. Ne è conferma la legge di bilancio che si limita a qualche espediente contabile senza incidere su nessuno degli obiettivi strombazzati in campagna elettorale e subito dopo. Stiamo peggio di dieci anni fa? Forse sì, ma ciò che più sconforta è che la situazione politica sembra bloccata, senza prospettive credibili e degne di essere sostenute.
Se ci fermiamo un momento a riflettere sul decennio trascorso dobbiamo rilevare che esso per due terzi ha visto al Governo stabilmente il maggior partito della sinistra con la massima rappresentanza per l’intera XVII legislatura e con notevoli responsabilità in una parte della successiva nella quale l’attuale Sindaco di Roma è stato a lungo Ministro dell’Economia e delle Finanze e come tale corresponsabile, unitamente al Presidente del Consiglio, della politica economica del Paese. Questo dato di fatto comporta la necessità di una riflessione seria sulle proposte attuali. Occorre rivisitare criticamente le politiche che sono state attuate e quelle invece disattese negli anni passati per individuare gli errori e le manchevolezze e cercare di porvi rimedio. Non si può far finta di venire da un altro pianeta e chiudere gli occhi, per esempio, sullo sperpero causato dal 110%, approvato durante la permanenza al Tesoro di Gualtieri, o sui tagli alla sanità che sono stati molto elevati nei cinque anni di Presidenza PD dei Governi Letta, Renzi e Gentiloni.
Per riconquistare l’elettorato disilluso che ha votato altri partiti o si è astenuto, è necessario fare un’operazione verità sullo stato dell’arte e poi proporre soluzioni credibili e di buon senso. Nessuno crede alle critiche fatte solo per inseguire e provare a superare le proposte dell’altra parte politica perché ormai le cambiali in bianco sono scadute da molti anni. Lo stesso Sindacato che ha cercato un rilancio con una manifestazione di piazza evocativa di passati splendori, deve riconsiderare il proprio ruolo e la sua stessa rappresentatività se è vero, com’è, che ha una maggioranza di iscritti costituita da ex lavoratori e che in alcuni settori produttivi strategici per il Paese è fortemente minoritario. L’equazione sindacato- difesa del lavoro non regge nell’era dello smart working , delle digitalizzazioni e dell’informatizzazione che hanno travolto, probabilmente per sempre, il sistema fordista della fabbrica col corollario della stabilità e della continuità della prestazione di lavoro. Sanno di superato, di stantio e d’inadeguato in un mondo sempre più veloce nel continuo e accelerato processo di cambiamento. Il confronto è sulle nuove frontiere che si aprono con l’intelligenza artificiale e con l’ingresso sul mercato globale di nuovi e grandi protagonisti come l’India.  Vogliamo attardarci inutilmente gridando al lupo, al lupo!

 

Fonte Foto: CISL

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