I referendum silenziati per evitare il quorum

I referendum silenziati per evitare il quorum

di Peppino Gullo

Il dramma della guerra ha giustamente messo in secondo piano le questioni di politica interna che fino al momento del criminale attacco della Russia all’Ucraina riempivano le prime pagine dei mezzi di comunicazione. Il dibattito sta adesso lentamente riprendendo vigore sulla spinta delle scadenze che incombono.

Per quanto riguarda i problemi della Giustizia i principali quotidiani hanno ripreso a pubblicare i contributi di esperti, in maggioranza ex magistrati. Noto che è strano il fatto che negli autorevoli interventi di cui parlo, nessuno, per quanto ho potuto verificare, si sia occupato dei referendum ammessi dalla Corte Costituzionale e sui quali si dovrà votare tra aprile e maggio prossimi. Credo che quest’atteggiamento faccia parte della strategia del silenzio che punta a non far raggiungere il quorum richiesto dalla legge e vanificare così l’iniziativa referendaria.

Credo e spero che l’importanza dei quesiti sottoposti alla valutazione dei cittadini spingano tutti a partecipare al voto in considerazione della grande importanza che avrebbe un successo della volontà di abrogare norme che hanno dimostrato di essere, in larga misura, la causa di molti dei mali che affliggono il nostro sistema giudiziario.

Accanto a questo risultato immediato di eccezionale importanza vi sarebbe quello, di non minore rilievo, di mettere il Parlamento nella necessità di legiferare in questa materia con il vincolo della volontà popolare che sarebbe cogente e insuperabile. Chi è favorevole ai referendum ha il dovere di fare tutto ciò che è nelle sue disponibilità per favorire la conoscenza dei quesiti e gli effetti concreti che comporterebbe un positivo risultato della consultazione.

Sostanzialmente, al momento, la discussione si sviluppa intorno al problema della riforma del sistema elettorale per l’elezione del CSM. L’assunto dal quale parte il dr. Pignatone è che tutte le modifiche che sono state fatte per cercare di eliminare il controllo delle correnti (ben sette) sull’organo di autogoverno della magistratura non hanno prodotto alcun risultato per il semplice fatto che l’organizzazione in correnti è giusta e ineliminabile. Certo, sostiene l’attuale Presidente del Tribunale Pontificio, vi sono stati eccessi e storture, ma fanno parte del gioco e, in una certa misura, sono fisiologici.

È’ troppo facile obiettare che il CSM ha superato tutti i limiti immaginabili, che tutte le regole sono state travolte fino al punto di assistere a comportamenti che hanno violato le norme penali, dato che non si è potuto fare a meno di procedere con inchieste volte ad accertare veri e propri reati, per non parlare delle indagini disciplinari. Abbiamo assistito al fenomeno inquietante e, per certi versi paradossale, dell’organo preposto al governo dell’ordine giudiziario, la cui funzione è il controllo della legalità e del rispetto delle regole, che ha fatto della violazione della legge la regola.

Per non scalfire lo status quo, l’ex procuratore di Roma sostiene che la riforma Cartabia è dannosa in quanto aumenta il potere delle correnti maggiori a danno delle altre, mentre il sorteggio  temperato viola il diritto dei magistrati di riunirsi in gruppi che condividono le stesse idee come ogni altro cittadino. E tutto questo anche quando vi è la prova documentale che non si tratta di condivisione di idee ma di pura gestione del potere, giunta al punto di tramare per fare cadere governi e di usare l’arma dell’indagine penale per eliminare o azzoppare avversari e/o concorrenti. Nessuna proposta alternativa, e, alla fine, sebbene non esplicitata, aleggia l’idea che potrebbe restare tutto com’è. Non so se sia veramente questo l’obiettivo non confessato, quello cioè di puntare sul fattore tempo (il rinnovo del CSM è fissato per luglio), e sulla incapacità della politica di trovare un accordo serio che possa superare i mille ostacoli che la “casta” frapporrà alla sua approvazione.

E tutto questo mentre la fiducia dei cittadini nella magistratura ha toccato il punto più basso della storia repubblicana e continuiamo ad assistere a faide senza esclusione di colpi.

Eppure siamo alla vigilia dell’inizio del dibattimento di Brescia nel processo contro Davigo, e, ancora di più, della fissazione della data del voto sui referendum.

Solo una forte spallata data dal voto popolare può aprire le porte sbarrate dell’ANM e farvi entrare un po’ di aria fresca e pulita.

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