IL CASO ARTEM USS

IL CASO ARTEM USS

di Giuseppe Gullo

Lo scontro più duro tra il Governo e le forze che gli si oppongono non sta avvenendo in Parlamento ma, con posizioni sempre più aspre, tra il Ministro Guardasigilli, ex magistrato inquirente, e l’Ordine Giudiziario sostenuto a spada tratta dai media che lo supportano e in primo luogo da Repubblica. Vi erano già state chiare avvisaglie di quanto stava accadendo fin dall’insediamento di Nordio in via Arenula. Sulla proposta di separazione delle carriere, ad esempio, il giornale del gruppo GEDI ha ospitato per giorni gli interventi del gotha delle Procure italiane, con la sola eccezione di Milano, schierato a spiegare le ragioni per le quali  fare due ruoli diversi tra chi decide e chi indaga sarebbe stato un errore mortale per la Giustizia. Sbarramento preventivo per mettere subito in chiaro che la battaglia sarebbe stata durissima e avrebbe comportato l’uso di ogni mezzo per impedire che la riforma potesse andare in porto.
Nel frattempo è scoppiato il caso della fuga dagli arresti domiciliari del figlio di un gerarca russo in odore di spionaggio e di rapporti oscuri con faccendieri di mezzo mondo. Questo signore, tale Artem Uss, arrestato su richiesta delle autorità americane per gravi reati tra cui traffico di armi, riciclaggio internazionale e altro, dopo 40 giorni di detenzione in carcere ha ottenuto i domiciliari dalla Corte d’Appello di Milano sul presupposto che il detenuto aveva famiglia e casa nel milanese e che l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico gli avrebbe ragionevolmente  impedito di evadere. La decisione della Corte era stata adottata nonostante un motivato parere contrario della Procura Generale. Il pericolo che Uss potesse evadere era stato segnalato dalle autorità USA e fatto presente ai magistrati dal Ministero di Grazia e Giustizia. La decisione è stata presa dalla Corte d’Appello con la piena conoscenza di tutti gli elementi necessari per valutare in base alla legge. Al detenuto è stato applicato il braccialetto elettronico mentre alla Caserma dei Carabinieri della località della cintura milanese nella quale viveva con la famiglia sono stati affidati i controlli sul rispetto delle limitazioni connesse alla detenzione domiciliare.
Il sig. Uss è invece evaso ed ha raggiunto la Russia dove è stato accolto a braccia aperte. Si è scatenata una tempesta per individuare le responsabilità dell’accaduto. Immediatamente è stato messo in atto un tentativo molto articolato di crocifiggere il Ministro Guardasigilli individuandolo come principale se non unico responsabile dell’evasione e chissà di cos’altro. Nordio ha affrontato il problema con grande forza e determinazione e ha dimostrato in Parlamento, carte alla mano, l’assoluta linearità di comportamento del suo ministero indicando giustamente in chi ha deciso i domiciliari e in chi non ha controllato adeguatamente le cause vere della fuga. Gli “accusatori” hanno cercato di insistere e aumentare il polverone soprattutto nel momento in cui si è saputo che il Ministro aveva promosso l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati che avevano assunto la decisione. Apriti cielo! Le reazioni sono state terribili come se si fosse perpetrato un abuso o si fosse dato uno schiaffone a un inerme. Qualcuno dall’interno della magistratura è giunto al punto di dire che il Ministro ha inteso sindacare una decisione basata sull’interpretazione della legge quasi che intendesse interferire sulla libertà di chi ha deciso.
Nordio ancora una volta ha mantenuto la posizione con molta chiarezza difendendo le prerogative del Ministero e rispettando in modo scrupoloso la legge che prevede che sia il Procuratore Generale della Cassazione a istruire il procedimento disciplinare. Il fatto è che si cerca affannosamente il casus belli per fare arrivare al Ministro un siluro a testata nucleare che possa quanto meno azzopparlo e indurlo a più miti consigli. Fino a questo momento i tentativi sono andati a vuoto ma è certo che continueranno senza soste.
I passati Governi, senza eccezioni, sulla riforma della Giustizia sono stati molto docili ed hanno assecondato i desiderata dell’ANM limitandosi a fare piccoli aggiustamenti che non incidevano sulla reale sostanza delle questioni. Gli scossoni sono arrivati da quanto è emerso da inchieste già in corso (Amara, Storari, Davigo e CSM) o dalle intercettazioni sul telefono di Palamara. Per quanto riguarda quest’ultimo, una notizia pubblicata da Dagospia e non ripresa da altri quotidiani, per quanto mi risulta, riferisce di un accordo dell’ex Presidente dell’ANM con la Procura di Perugia per la chiusura tombale delle posizioni che lo vedono imputato con un patteggiamento a un anno senza pene accessorie e previa derubricazione delle imputazioni. La notizia, non smentita, non è stata confermata ma se dovesse essere vera non potrà essere tenuta coperta a lungo. Potrebbe accadere che il “caso” che ha fatto tremare la magistratura, causato le dimissioni di molti componenti del CSM e dato l’avvio a numerosi procedimenti disciplinari si concluda con un buffetto sulla guancia ? Perché no?

 

fonte Foto: Creative Commons CC0 – The navigators

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