Il percorso di Violante – Dal giustizialismo al garantismo

Il percorso di Violante – Dal giustizialismo al garantismo

di Peppino Gullo

La ricorrenza del trentennale di tangentopoli viene ricordata in modo diverso dai protagonisti sopravvissuti.

Di Pietro, che fu la punta di diamante del pool e ne rappresentò brutalmente il braccio armato del vendicatore, tace. Fino ad oggi non ho letto nulla che provenga da quel pulpito. Eppure fu lui a lasciare la toga e a fare il salto in politica fondando un partito che ebbe un certo successo elettorale e gli consentì di ricoprire importanti incarichi di Governo. Anche Italia dei Valori, come tutti i partiti personali senza retroterra culturale e senza ideologia di riferimento, concluse la sua esistenza col declino politico del suo fondatore, senza creare alcun rimpianto in coloro che amano la Democrazia e hanno a cuore il bene del Paese.

Colombo ha l’approccio più riflessivo e riconosce che qualche eccesso c’è stato, che le monetine lanciate contro Craxi furono un gesto vile, che i suicidi pesano sulle coscienze, che forse si è ottenuto il risultato di far diminuire il finanziamento illegale e che per il resto non è cambiato nulla. Apprezzabile atteggiamento, sicuramente tardivo e parziale ma pur sempre volto a capire e a riconoscere, con molti limiti, eccessi e forzature.

E’ diverso il ruolo che nell’era tangentopoli ha svolto, per lo più silenziosamente, il dott. Violante. Ex magistrato, ex responsabile Giustizia del PDS, ex Presidente della Camera, deputato eletto nelle liste del Pci come indipendente già nel 1992, fu, forse, il tramite più influente e ascoltato tra l’ex PCI e quella parte della magistratura, che d’intesa con forti ambienti industriali e con i più importanti quotidiani, aveva deciso di distruggere il sistema dei Partiti, salvando solo, per ragioni diverse, la sinistra e la destra, quest’ultima in quanto esclusa dall’effettiva gestione del potere.

Chi si occupa di questioni che riguardano la giustizia nel nostro Paese, sa che Violante fu il referente principale della Procura di Milano alla quale diede tutta la copertura possibile e che incoraggiò a colpire duramente e indiscriminatamente. Il compenso politico fu l’ascesa alla terza carica dello Stato. Oggi è il più presente sulla stampa. Da Repubblica al Corriere al Foglio, scrive, rilascia interviste, analizza e propone. E’ un uomo diverso di quello che trent’anni fa plaudiva all’azione purificatrice e liberatrice delle procure, Milano in testa, e introduce nel dibattito motivi di riflessione, in qualche misura anche autocritica.

Ed è certo preferibile quest’atteggiamento rispetto a quello di Davigo che fino a qualche mese fa – prima di diventare egli stesso indagato e rinviato a giudizio, essendo stato al centro di una vicenda dai contorni opachi e inquietanti e avendo anche denunciato per diffamazione il suo ex collega di Procura e del Pool, Greco – era il teorico dei giustizialisti, referente dei grillini duri, puri e incompetenti, nonché editorialista di grido del giornale interprete di quegli umori viscerali e nauseabondi.

I tempi sono profondamente cambiati. La magistratura ha invaso il campo della politica cogliendone la debolezza e l’inadeguatezza e ha finito per giocare a tutto campo senza accettare limiti. Significativo il racconto dei motivi della caduta del Governo Prodi per mano di una congiura ordita dalla magistratura napoletana ed eseguita da una remota procura dell’agro partenopeo (Palamara scripsit).

Il PD, erede del PDS, raccolse solo in parte i frutti avvelenati della stagione della caccia, subendo per mano di Berlusconi sonore sconfitte che produssero danni, che tuttavia risultarono contenuti un po’ per “l’estrosità’” del protagonista e molto per l’aiuto fornito dall’Europa.

In compenso, a distanza di decenni, un partito neo reazionario, per non dire filofascista, rischia di diventare il primo partito italiano, e la sua segretaria si propone come Presidente del Consiglio, e può anche darsi che ci riesca se metterà da parte il buon Ignazio La Russa e alcuni altri che il fascio lo hanno quasi dipinto sul viso.

Il PD politicamente latita. Appena cerca di avere una linea autonoma e chiara, balbetta, dice e non dice, riesce perfino a far fare buona figura a Conte che sta alla politica come un filologo alla fisica quantistica. Ricordate la proposta di Letta, in pieno marasma quirinalizio, di un conclave ristrettissimo a pane e acqua fino a giungere alla designazione del neo Presidente? E’ riuscito, nell’impresa, non facile, di mettere d’accordo tutti nel non farlo.

Violante, fuori dal Parlamento, dalla dirigenza Pd e, probabilmente, anche dai gruppi che contano in Magistratura, si scopre garantista, afferma che il CSM lottizzato non va bene, che il v. Presidente, in atto del PD, deve essere designato dal Capo dello Stato e non eletto tra i membri laici, che l’appello avverso le decisioni in materia disciplinare del CSM, va affidato ad un’alta Corte a composizione aperta ad avvocati e professori di diritto. Per carità, proposte interessanti, degne di considerazione, fatte ovviamente a titolo personale non essendo nota al riguardo la posizione del PD. Lacrime di coccodrillo di chi immaginava di vedere un film diverso?  Esercizio culturale di chi padroneggia la materia? Ovvero il tentativo di venire fuori dal chiuso dei convegni per affrontare questioni di più ampio respiro? Personalmente, m’interesserebbe molto di più leggere qualche ricordo diretto della stagione di “Mani Pulite”, degli incontri che vi furono, del mancato sostegno al timido tentativo del Governo Amato di trovare una soluzione legislativa. In ogni caso, meglio il Violante di oggi che quello di prima!

Il fatto è che la mentalità tipica del PCI secondo la quale tutto deve restare dentro la loro chiesa, è dura a morire. Per dirne una che mi ha colpito: solo in questi giorni ho appreso che Giovanni Amendola, grande dirigente del PCI clandestino, eroe antifascista, fu effettivamente aggredito da una squadra di picchiatori neri a Cannes nel 1926, ma morì perché distrutto dal cancro che lo aveva colpito senza scampo. Nel PCI chi sapeva taceva e diffondeva la vulgata della morte per mano fascista. Ovviamente, questo non attenua le responsabilità di quel regime, ma conferma che la Verità, dalle parti del PCI,  era pur sempre quella più funzionale alla loro causa!

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