La storia scusa chi riconosce i propri errori

La storia scusa chi riconosce i propri errori

di Roberto Tumbarello

Purtroppo non si può scegliere l’immigrazione, quindi, se illegale e clandestina, dobbiamo contrastarla. Ma se fosse ariana e di pelle bianca, come il nonno del cognato Lollobrigida, che a suo tempo fu emigrante anche lui, sarebbe accettabile. Il problema è che, essendo l’immigrazione attuale per lo più di pelle scura, il ministro teme che gli italiani, in un lontano domani cambino colore e i neri, che finiranno prima o poi per essere la maggioranza, governeranno addirittura il Paese. La storia insegna che Hitler ha lasciato una profonda traccia con la sua sostituzione etnica, ma Lollobrigida non lo sapeva. Il criminale nazista eliminava gli ebrei per ragioni economiche, gay e disabili per selezione demografica e razziale. Però, era un dittatore.
Ora siamo in democrazia. Infatti, nonostante certo razzismo della Lega, persino il senatore Centinaio è rimasto sbalordito dalla crudele spiegazione antropologica del cognato della Premier. “Parole veramente brutte, che non si erano mai sentite prima d’ora”. Segue lo sdegno di tutto il centrosinistra. Chissà come lo giustificherà Giorgia Meloniil cui compito principale ormai più che governare è di mettere una pezza ai problemi che le creano i correligionari e adesso persino i parenti. Alla fine lo stesso Lollobrigida ha ammesso di non avere intenzioni razziste. Forse ha esagerato per scarsa conoscenza del problema.
La storia chiede quale era l’utilità del Terzo Polo?
Qual è l’utilità di un terzo polo essendo la legge elettorale maggioritaria? Anche se ormai è defunto, chiediamone l’utilità agli elettori, che, seppure pochi, l’hanno sostenuto senza rendersi conto che non contribuiva a condizionare la politica in un paese dove la legge elettorale, essendo maggioritaria, consente l’alternanza solo tra due coalizioni. L’intento dei promotori – Calenda, titolare di Azione, e Renzi di Italia Viva – e dei transfughi da altri partiti, che ne formano i direttivi, è di sopravvivere in politica, non trovando spazio altrove. È dal PD che iniziò il percorso di entrambi. Calenda che fu ministro dello sviluppo economico – protetto chissà da chi – nei governi Renzi e Gentiloni, dopo essere stato eletto europarlamentare nelle liste del PD, se ne andò per formare un altro partito, come aveva fatto pure Renzi.
La storia fa domande
Un’altra domanda da porsi – Italia Viva gode del finanziamento pubblico – è chi finanza con tanti quattrini Azione?, avendo un partito costi enormi. È evidente che questo personaggio non essendo un samaritano – se no, non sarebbe così danaroso – ha interesse di finanziarlo per potere interferire sulle decisioni politiche. Forse c’era il suo zampino, quando Calenda fece un accordo col PD e poche settimane prima del 25 settembre lo sciolse, adducendo come scusa che non poteva sostenere una coalizione di cui facesse parte Luigi Di Maio.
Ancora oggi ritiene di avere costituito un proprio polo perché non è d’accordo con la sinistra, né con la destra. Però, votò per La Russa alla presidenza del Senato, per sostituire i voti di Forza Italia il cui senatori si erano astenuti. Avendo individuato Azione come partito di transfughi, a cominciare dai due leader, vi aderirono alcuni deputati di Forza Italia, tra cui Carfagna e Gelmini, che non condividevano più la politica di Berlusconi perché aveva sfiduciato Draghi.
La storia insegna
Ecco perché gli elettori dovrebbero chiedersi che senso ha votare per un partito di opportunisti ed eleggere personaggi senza patria senza la possibilità di contare in parlamento. Praticamente voti che si sono rivelati sprecati. Per di più, essendo personaggi che diffidano l’uno dell’altro, il gemellaggio non poteva non essere precario. Infatti, è già fallito. Renzi avrebbe voluto entrare nel partito unico, ma senza sciogliere Italia Viva per potercisi rifugiare in caso di litigio con Calenda. Com’è, poi, avvenuto. Basterebbe che gli elettori ricordassero il recentissimo passato per non sprecare il proprio voto.
È ormai proverbiale “Enrico, stai sereno” di Renzi a Letta, pochi giorni prima di togliergli la fiducia per sostituirlo alla Presidenza del Consiglio. Perché Cofferati non diventasse governatore della Liguria, regione tradizionalmente di sinistra, gli oppose un secondo candidato, facendo così eleggere Toti di Forza Italia, qualcuno ha ipotizzato che si trattasse della restituzione di un favore. Se Virginia Raggi divenne Sindaca di Roma per combinare tutti i disastri in cui si dibatte ancora oggi la capitale d’Italia, è perché Renzi sfiduciò il proprio sindaco, Ignazio Marino del PD, senza un motivo politico, solo per assecondare la destra. Da Premier del governo di centro sinistra modificò lo statuto dei lavoratori. Infine, dopo avere portato al 16.5% il PD, che Bersani gli aveva lasciato al 40, fondò Italia Viva. E c’è ancora chi lo vota.
In realtà, la sua vera passione non è la politica, ma essere al comando, sempre lui il protagonista. Ecco perché non può fare accordi con nessuno. Una sola volta fu gregario, ma non gli bastò per imparare, credendosi nato imparato. Fu portaborse di Lapo Pistelli, deputato PD fiorentino. Così s’introdusse in politica. Per disobbligarsi, quando divenne Premier, non lo nominò ministro, nonostante il basso livello del suo governo, ma appena sottosegretario. Solo uno sprovveduto come Calenda poteva sperare di fare un accordo leale con Renzi.
Siamo il Paese meno informato d’Europa
In un’Italia che non apprezza il suo modo di comportarsi ora c’è chi, incauto, gli affida la direzione di un quotidiano come Il Riformista. Non sa quante gliene combinerà e come si pentirà di avergli dato fiducia. Chissà quando arriveranno all’orecchio dell’elettorato queste notizie. Purtroppo, nonostante la libertà di stampa e il benessere diffuso, l’Italia è il paese meno informato d’Europa. Si leggono pochi giornali, in TV si preferiscono i programmi trash ai TG e ai talk show politici. Ecco perché nelle rare giornate di sciopero migliaia di persone cadono dalle nuvole quando si recano alla stazione o all’aeroporto e apprendono dell’agitazione in corso.
È il termometro dell’ignoranza e del conseguente disinteresse per la cosa pubblica. Infatti, alle elezioni è in continua diminuzione l’affluenza alle urne. Forse ha ragione Macron – eppure lo abbiamo subissato di critiche – che invita l’Europa al dialogo con la Cina e, comunque, a non farsi coinvolgere, nel caso d’invasione di Taiwan, in una guerra che non ci riguarda. Ecco perché non ha biasimato – come, invece, facciamo noi – le esercitazioni militari attorno all’isola, che, prima o poi, si trasformeranno in un’aggressione vera e propria. Se gli USA continuano a difendere Taiwan come se fosse proprio territorio, finirà male. Neppure l’ONU ne prende in considerazione l’esistenza, concordando che esiste una sola Cina.
La storia spiega che la politica è molto complicata
La politica è una scienza – anzi, un’arte – molto complicata. Non basta essere intelligenti o praticarla da ragazzi per capirla. L’Occidente non si è adeguato alla diversa evoluzione del mondo e non fa nulla per cercare il dialogo con le potenze di cultura diversa e in grande crescita. Anzi, abbiamo la pretesa di volerle educare. La violenza è contagiosa e si sta propagando nel nostro continente. Si combatte ovunque, non solo in Ucraina, persino tra paesi membri del Consiglio d’Europa, come tra l’Azerbaijan musulmano e l’Armenia cristiana. Per di più la vecchia Europa è un territorio senza risorse naturali, mentre Caucaso, Medio Oriente, Russia e Cina ci forniscono di gas e petrolio, che, possono diventare, poi, armi di ricatto. E noi sciocchi imponiamo sanzioni, che vengono aggirate e servono solo a esacerbare i rapporti con quelle civiltà.
La storia serve a non ripetere certi errori
Se fossimo davvero superiori, come ci riteniamo, cercheremmo il dialogo. Un tempo avevamo noi le armi sofisticate, adesso sono più moderne le loro. Tanto che se ne diamo tante all’Ucraina – diciamo la verità – è per potere, poi, rinnovare gli arsenali che invecchiano. Continua, intanto, il processo a Macron. I francesi non ce l’hanno con la riforma delle pensioni, che è un pretesto, ma con lui e col presidenzialismo. E noi furbi, siccome non funziona in Francia, vogliamo adottarlo in Italia. Tutti sanno, in realtà, che la riforma è necessaria. Nessuno può ragionevolmente contestarla. Eppure la Francia è sull’orlo della rivolta. Estrema destra e sinistra, sindacati e scolaresche, giovani e anziani manifestano violentemente da mesi per una riforma indispensabile, che oltre tutto non parte nemmeno subito ma dal 2030, quando i pensionati saranno già in numero superiore a quello dei lavoratori che dovranno mantenerli.
Se i francesi, come gli italiani, come quasi tutti i cittadini di paesi ricchi e democratici, non mettono al mondo più di un figlio, è indispensabile aumentare l’età pensionabile. Non c’è altra soluzione. Però, il popolo, di qualsiasi ideologia e classe sociale, è contro Macron e le sue decisioni. È contro una costituzione che dà troppo potere all’Eliseo e pochissimo al Parlamento. La condizione francese, che contrasta con la liberalità della tradizione culturale – patria di tutti coloro che altrove vengono perseguitati – sia di monito e insegnamento ai cittadini, ai governanti e alla classe dirigente dei paesi liberi, e anche alla nostra giovane e promettente Premier e al suo seguito di simpatizzanti e correligionari. Venga salvaguardata la nostra costituzione che vede un Capo dello Stato super partes e un parlamento che controlla il potere.
La saggezza di andare in pensione a 67 anni
Saggezza vuole che da noi, come pure in tanti altri paesi europei, si vada in pensione a 67 anni. Su questa data sono d’accordo la Fornero, che l’ha suggerita per rimediare al fallimento in cui andava incontro l’ultimo governo Berlusconi, ma anche Draghi, la sinistra e chiunque si renda onestamente conto che, finché non si ripopola il paese, non è possibile abbassare l’età pensionabile. Quindi, l’ideologia è troppo spesso contraria alla logica, alla saggezza e alle opportunità sociali. Quando siamo all’opposizione è umano dimenticarlo, ma una volta al governo è necessario ricordarsene. È questa la grazia di stato che investe i governanti dell’interesse superiore del paese a discapito della propria ideologia.
Chi non ne è baciato non è degno di rappresentare la nazione, e il popolo prima o poi lo capirà. Significa che l’eventuale simpatia per affinità con la Le Pen o con Orban o con Trump, non debbano essere accettate in qualsiasi circostanza. Tanto è vero che lei, Signora Premier, ha saggiamente mantenuto l’età pensionabile a 67 anni, mentre la Le Pen non la tollera neppure a 64. Lei è atlantista e sostiene i diritti degli ucraini, mentre Orban è d’accordo con Putin e ne giustifica la violenza.
Si cambia e si evolve
Adesso, per esempio, constatati i danni che il presidenzialismo ha compiuto negli ultimi tempi in Francia, sarebbe utile in Italia un ripensamento sull’opportunità di una riforma costituzionale in questo senso, per non caricarci di problemi di cui gli altri cercano di liberarsi. A meno che Lei e i Suoi sodali non crediate di avere vinto il concorso a titolari della presidenza. Macron – che disastro questo giovane eletto dai francesi turandosi il naso, per contrastare il pericolo estremista della Le Pen – è contestato oggi per tutto ciò che dice e che fa, persino sulle cose sagge.
A Pechino ci sono andati in tanti e non hanno combinato niente perché il fine – tranne per la Von der Leyen – era il business. Anche Macron era andato assieme a un gruppo d’industriali, ma soprattutto per promuovere la pace in Ucraina con la mediazione di Xi Jinping. Al ritorno in patria ha commentato l’incontro col leader cinese, in maniera asettica – non poteva dargli dell’aggressore – con la riflessione che l’Europa non deve farsi coinvolgere in un’altra guerra se e quando la Cina dovesse invadere l’isola. È vero che siamo atlantisti ma gli USA hanno interessi diversi dai nostri.
Il 25 Aprile è stata la nostra fortuna
Un altro problema si presenterà in settimana con la Festa nazionale. Le suggerisco, onorevole Signora, di non aggirare il problema – come fece con i martiri delle Fosse Ardeatine, che definì semplicemente italiani, non anche ebrei e antifascisti – e affrontarlo come un onesto patriota farebbe. Ognuno, finora, è libero di pensarla come vuole e di sostenere la propria idea. L’ambiguità, quindi, è del pavido. Fino a ieri i nostalgici dicevano “Non è la nostra festa!”, Adesso che siete al potere, se non d’accordo, potete sopprimerla e scegliere un’altra data per la festa nazionale. Ma se non la cambiate, dovete partecipare. Perché non è la festa della sinistra. E nel prendere una decisione, riflettete su come saremmo se la guerra l’avessero vinta i nazisti, che, seppure alleati, ci avrebbero invaso assieme al resto d’Europa.
Il 25 aprile è la storia; la nostra storia
Mussolini non l’aveva previsto, se no, non si sarebbe alleato con un maniaco come Hitler. Abbiamo appreso dalla figlia che Craxi, l’ultimo grande statista italiano, depose fiori sul luogo in cui Mussolini fu ucciso dai partigiani. Altro che nostalgico, pur essendo socialista, secondo la matita di Forattini, si credeva addirittura la reincarnazione. Eppure il 25 aprile era sempre in prima fila. Io che non sono di sinistra, ritengo che sia stato provvidenziale l’intervento americano per non farci vincere la guerra. È stata una fortuna. Tra i partigiani – patrioti come lei, anzi più di lei perché hanno combattuto per difendere la Patria – non c’erano solo comunisti e socialisti, ma anche cattolici, laici e badogliani, come Edgardo Sogno, liberale, monarchico e aberrato anticomunista, che fu insignito della medaglia d’oro al valor militare per la resistenza.
La storia maestra di vita
Se avessimo vinto la guerra, lei non avrebbe imparato l’inglese, ma l’avrebbero costretta a parlare tedesco. A 26 anni non sarebbe diventata deputato perché non ci sarebbe stato il parlamento italiano, né a 31 ministro e meno ancora oggi alla guida del Paese. Mi piace ricordarle, ancora una volta, in modo che non la dimentichi, la conversazione tra Vittorio Foa, uno dei padri fondatori della Repubblica, e un ex militante fascista (Giorgio Pisanò). “Se aveste vinto voi – gli disse – io sarei ancora in carcere. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore”. La soluzione, gentile Premier, è proprio nella Sua proposta di pacificazione nazionale. È giusto e normale che gli avversari si scontrino – come avveniva ai tempi di Almirante e Berlinguer – ma non sul piano personale, né fisico.
Bisogna bandire dalla politica la violenza – anche verbale – che comincia a parole nelle aule del parlamento e può finire in attentati e lutti. Pacificarsi vuol dire avere tutti gli stessi diritti, come con l’amnistia di Togliatti nel 1946. Ma significa anche dialogare con gli avversari, tenere in considerazione il loro parere e non abusare della maggioranza. Pertini si recava al capezzale di tutti i terroristi feriti o moribondi, di destra e di sinistra. Anche per questo era considerato il padre della grande famiglia degli italiani. Anche se probabilmente le hanno insegnato a non stimarlo, lo imiti in modo da diventare popolare come lui. Oltre all’anniversario del crudele eccidio dei fratelli Mattei, per esempio, celebri anche quello delle tante vittime delle stragi alla stazione di Bologna, quella del Treno Italicus e di altri attentati terroristici.
La storia può anche darci dei consigli
Le segnalo, Signora – giusto per ricordarglielo – che, comunque, Mussolini passerà alla storia anche come un grande politico perché ha realizzato tante opere e istituzioni utili per la rinascita del Paese. Per esempio, riuscì – mentre noi non ci proviamo nemmeno – a ripopolare l’Italia, che dal punto di vista demografico era peggio di adesso. C’era stata la Prima guerra mondiale, vinta ma disastrosa, e una miseria che non consentiva alle creature non solo di nascere ma neppure di crescere. Copi da lui, onorevole Premier – non dagli 80 € di elemosina di Renzi – il modo di andare incontro alla gente e farsi apprezzare. Il viaggio a Roma e una foto assieme a lui, pur essendo un dittatore, era un premio molto ambito, più del denaro.
Errori ne facciamo tutti e la storia ce li scusa se li riconosciamo per non rifarli
Potremmo scusarci adesso riconoscendo il 25 aprile. Invece, i nostalgici – chissà perché – sembrano apprezzare solo i disastri che combinò Mussolini. Andando in Etiopia la scorsa settimana lei fu accolta calorosamente. Lo sarà ancora di più se si scusa dell’invasione, forse meno aggressiva di altre colonizzazioni del tempo, ma sempre prepotente e molesta. Nessuno finora si è scusato perché ormai sono trascorsi quasi cento anni, ma gli africani non hanno dimenticato, come pure gli ebrei. Senza scuse profonde, oggi, vuol dire che ritenevamo nostro diritto, essendo bianchi, prevaricarli.
Se la storia può far chiedere scusa
Ecco perché nasce il terrorismo che definiamo disumano e incivile. Ma non ricordiamo gli orrori che noi portammo con arroganza a casa loro. Si scusi, Signora. Sarà la prima a farlo e l’apprezzeranno ancora di più. Inoltre, è per questa eredità – ne abbiamo già trattato più volte, ma non mi stanco di ripeterglielo – che l’Italia è il solo paese europeo esente dal terrorismo islamico, proprio per il suo passato e per la tradizione di accoglienza di chi è in difficoltà. In Francia e Belgio, in Germania e Spagna, tutti i paesi sono stati colpiti da gravi attentati con tante vittime. Tranne l’Italia.
Storia e razzismo; che non si ripeta
Non vorrei che adesso, con la riduzione della protezione umanitaria – Mattarella auspicava un migliore trattamento per i profughi – rovinassimo i crediti che in passato abbiamo accumulato. Tanto più che – come l’inasprimento delle pene per gli scafisti – non servirà a limitare gli sbarchi. Anzi, aumenteranno i clandestini e il ricorso all’assistenza delle mafie. Purtroppo, conoscendo la sua contrarietà a contestare il Capo dello Stato, c’è chi aspetta che lei vada in missione per qualche giorno all’estero per rilasciare dichiarazioni che lei non condivide, ma che poi deve giustificare e difendere. Sono come ragazzi scapestrati che aspettano che i genitori si allontanino da casa per combinare marachelle.
Tanto che l’Alto commissario dell’ONU per i diritti umani come pure quella europea per gli affari interni, ricordano all’Italia di abbandonare la severa legge che limita le operazioni di ricerca e soccorso, e di non criminalizzare chi fornisce assistenza ai naufraghi. Non le so dare un consiglio, gentile Signora. Però, le suggerisco di organizzarsi perché questo non accada più in sua assenza e neppure mentre Berlusconi è in ospedale. Non vorrei che l’accanimento razzista contro questa povera gente che, per di più, affronta i rischi della traversata in cui almeno la metà annegano, riapra le vendette dell’ISIS e di Al Qaeda, per la dabbenaggine di chi ritiene di recuperare in questo modo qualche consenso, seppure i razzisti ci votino già tutti.

 

Fonte Foto: pxhere.com Creative Commons CC0

Commenta questo articolo

Wordpress (0)
Disqus ( )