LO STRANO INTERESSE DEGLI ITALIANI PER IL FASCISMO

LO STRANO INTERESSE DEGLI ITALIANI PER IL FASCISMO

di Giuseppe Gullo

Mentre i commenti e le analisi del voto s’intensificano e si scatena il toto ministri, con voci che si rincorrono tra smentite, tentativi di bruciare candidati sgraditi, consultazioni sotto traccia, speranze e aspirazioni più o meno nascoste, mi è capitato di fare una riflessione.
Il 26% degli elettori, in modo abbastanza uniforme su tutto il territorio nazionale, con una moderata flessione nelle regioni meridionali, ha votato per FdI, la cui originaria matrice politica è chiara, come lo è quella della sua leader. Non intendo affatto addentrarmi nella discussione sulla vicenda politica del ventennio conclusasi tragicamente con la sconfitta ignominiosa nella seconda guerra mondiale, la fucilazione di Mussolini e poi la nascita della Repubblica col referendum istituzionale. Né credo sia utile rinnovare il mantra se esista, ed eventualmente in che misura, un pericolo neo-fascista in Italia. Le differenze storiche, economiche, sociali, di relazioni e accordi internazionali e, se mi è concesso, di classe dirigente e di carisma personale, tra l’Italia che portò al potere il fascismo e quella attuale sono tali da rendere sterile e fuorviante qualunque discussione al riguardo.
Considero piuttosto il dato oggettivo di un partito di destra – con molti militanti che ostentano atteggiamenti xenofobi, ostili ai transgender, vetero-tradizionalisti, con un simbolo in cui campeggia una fiamma tricolore che sappiamo bene cosa significhi e quale ricordi evochi – che è ora divenuto il partito di maggioranza relativa e si accinge a formare il primo governo della nuova Legislatura, per di più presieduto da una donna, una duplice novità assoluta nella storia d’Italia.
Il merito di tutto questo va in massima parte a Giorgia Meloni, che ha saputo usare una sapiente miscela di sicurezza, affidabilità e coerenza che è risultata vincente e contro la quale, ingiustamente, sono state  riesumate antiche storie familiari che, semmai, sono una prova di un forte e determinato carattere personale.
Sta di fatto che, in questi stessi giorni mi è capitato di leggere i titoli dei libri più venduti.
Il titolo in testa, e di gran lunga, è “M. Gli ultimi giorni dell’Europa”, il più recente libro della trilogia di Scurati dedicata a Mussolini, che ha venduto già oltre un milione di copie. In un Paese come il nostro, in cui la media dei lettori è tra le più basse d’Europa e dove un titolo che superi le centomila copie è ritenuto un successo clamoroso, sono numeri veramente sorprendenti.
Ma vi è di più. Al quarto posto della classifica pubblicata dalla Lettura, settimanale del Corriere della Sera, vi è “Mussolini il capobanda”, scritto da Aldo Cazzullo, editorialista del Corriere della Sera e da poco intrattenitore televisivo. Scurati è storico di professione, sebbene i suoi libri dedicati al Duce, secondo recensioni di autorevoli studiosi del ventennio, per tutti Galli della Loggia, sul piano strettamente storiografico non diano un significativo contributo alla conoscenza di quel periodo. Peraltro, una parte della critica letteraria, a proposito della trilogia, parla di un nuovo genere tra storia e letteratura, in verità non originalissimo. Il libro di Cazzullo non ha, credo, pretese sul piano storiografico quanto su quello documentaristico-narrativo nel quale molti si cimentano, in questo caso con notevole successo.
I due fatti hanno un collegamento? Capisco che è ardito sostenerlo, ma a me pare che ci sia. Non vi è periodo della storia italiana del novecento che susciti un interesse simile a quello del ventennio. Considerato che sono passati quasi 80 anni dalla sua conclusione, esso non può riguardare né la generazione che ne ha qualche memoria, ormai quasi scomparsa, né quella dell’immediato dopoguerra, anch’essa anziana. È un desiderio di conoscere che coinvolge in modo trasversale persone nate nella seconda metà del secolo scorso e che non si verifica nella stessa misura, ad esempio, per la vita della Repubblica e per decenni del Governo della DC, su cui sono stati scritti molti libri, anche da parte di protagonisti che hanno ricoperto posti di responsabilità, ma nessuno di essi ha avuto il successo editoriale dei libri sul fascismo.
Cazzullo, prima di quest’ultimo libro, ha scritto su Lotta continua, sul Risorgimento, su Torino Capitale e tanto altro, senza superare soglie di vendita fisiologiche. Scurati ha scritto su Enea, sulle Guerre e altro ancora, ma solo con “M, Il figlio del secolo” è diventato uno scrittore da milioni di copie. Il grande successo di Scurati risale al premio Strega del 2019, proprio nel periodo in cui l’ascesa della Lega si era fermata ed era iniziata la parabola discendente, mentre la lunga marcia di FdI iniziava il suo cammino.
I libri che ho citato non danno affatto un’immagine positiva del Duce, tutt’altro, ma riferiscono di una volontà di ordine, di disciplina, di grandezza, di Patria, di orgoglio, di coraggio, oltre che di amanti, di intrighi, di umane debolezze, di soprusi e prevaricazioni. La mascella quadrata e le parole d’ordine però hanno sempre una gran presa sull’immaginario collettivo, ancora di più se chi governa oggi appare impegnata a smentire nei fatti quello che aveva detto l’altro ieri.

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