Prefazione di Danilo Di Maria* al libro  “Il denaro non vale nulla sinché non si spende” di Roberto Tumbarello

Prefazione di Danilo Di Maria* al libro “Il denaro non vale nulla sinché non si spende” di Roberto Tumbarello

Quando Roberto Tumbarello mi chiese di scrivere la prefazione al suo nuovo libro ne fui molto onorato e anche emozionato perché́ per me è la prima volta. Per di più̀ era la richiesta di un intellettuale che stimo molto e che ritengo un punto di riferimento culturale non solo per i giovani e per il Sud, ma per chiunque abbia voglia di apprendere. Seppure la sua filosofia non mi fosse nuova, sin dai primi capoversi fui colpito dall’importanza che, nonostante il tema sia il denaro, il libro dà alla vita, prezioso dono di Dio che ci consente intense emozioni. Tumbarello considera il denaro elemento importante se usato soprattutto per godere delle gioie che la natura ci offre.

Il libro analizza il denaro in tutti i suoi aspetti, in ogni epoca e in diverse circostanze. Il seducente racconto, che attraversa la Storia dell’uomo, è un’avvincente altalena di episodi, riferimenti storici, occasioni, ricordi, esperienze, considerazioni, personaggi che partono dal denaro ma finiscono sempre per arrivare, dopo vari percorsi anche tortuosi, direttamente al cuore del lettore.

Secondo Tumbarello, tutte le azioni, dalle più̀ bieche alle più̀ esaltanti, traggono origine dall’indole dell’uomo e dalla sua cultura. Quindi, basta calibrare i sentimenti con l’amore – toccasana di qualsiasi problema – per migliorarli. Sorprendente è l’ottimismo del libro. Basta un incontro, uno sguardo, una carezza, una parola appropriata perché́ il destino cambi da un momento all’altro. Non bisogna mai disperare. Il timido può̀ diventare risoluto, lo sfortunato avventuroso e felice, il violento redimersi.

Il denaro è il protagonista apparente. Al centro ci sono passioni, drammi, lieti eventi e soprattutto emozioni, che, seppure tormentate, sono sempre eccitanti e meritevoli di essere vissute.. Il possesso è l’elemento che ha sempre condizionato i popoli sin da prima che fosse inventato, quando c’era ancora il baratto. Guerre, conquiste, invasioni, litigi familiari sono avvenuti e accadono ancora oggi per denaro e potere o per il possesso di una striscia di territorio.

Il denaro non vale nulla è un capolavoro di saggezza, con profonde riflessioni inedite, come l’analisi del terrorismo e del crollo delle Torri gemelle. Molto acute, e descritte come una favola, quelle sulla scomparsa di Ettore Majorana che, secondo Tumbarello, si fece barbone per espiare la colpa di avere scoperto la scissione dell’atomo – che l’uomo non avrebbe usato per scopi pacifici, come lui credeva – ma continuando a vivere. Geniale l’intuizione del suicidio di Vittorio Emanuele III, di cui nessuno ha mai sospettato. Morendo il re, nell’esilio di Alessandria d’Egitto, tre giorni prima dell’entrata in vigore della costituzione repubblicana, i suoi beni furono ereditati dai figli. Lo stato, quindi, non poté confiscare la quota spet- tante alle quattro figlie, ma solo il quinto di Umberto.

Non si può̀ tornare – e nessuno lo auspica – agli staterelli in cui era divisa la penisola perché́ ormai piace a tutti l’identità̀ di italiani, che, in realtà̀, possediamo da diversi secoli. Ma Tumbarello sostiene che il risorgimento fu inopportuno e malevolo nei confronti del Centro e del Sud, che rimasero immersi nel Mediterraneo, senza entroterra, come, invece, la Padania. Quindi, il Meridione fu condannato sin da allora alla recessione. La sua è una analisi socioeconomica molto reale su cui bisognerebbe riflettere per equiparare la ricchezza a tutte le latitudini del paese. La questione meridionale coinvolge anche il Nord, che deve sopportare il peso del Sud e se ne lamenta anziché ritenersi privilegiato. E fu la pretenziosa nascita della Lega.

Tumbarello non detta mai la morale né le regole di vita – ognuno si comporti come crede – ma sollecita il lettore a trovare una ragione per cui ha senso vivere. Questa ragione – che non può essere il denaro – è la bussola per orizzontarsi nella vita. La narrazione desta sempre molta curiosità̀ e interesse perché́ ogni aneddoto, che dimostra la validità̀ della sua filosofia, trasporta il lettore nei luoghi e nel tempo in cui i protagonisti si muovono.

La raffinata arte dell’autore consiste nel mettere sempre il lettore al centro della scena, non spettatore ma protagonista dell’evento. Il denaro, che, come dice giustamente Tumbarello, non ha alcun valore finché non viene speso, è sempre visto attraverso un evento storico o un personaggio, che può essere Omero o Hammurabi, vissuti duemila anni prima di Cristo, o un suo vicino di casa. Il lettore ne è sempre magicamente coinvolto.

Il libro gli è suggerito dall’incontro con un eccentrico economista russo in esilio, nel quale si imbatté per caso a Bonn 50 anni fa. Gli predisse che l’Italia sarebbe diventata un paese di ladri. Chiunque sarà in contatto col denaro – gli disse il suo amico e lui, seppure incredulo, lo ha memorizzato – prima o poi troverà̀ il modo di impossessarsene. Oggi Tumbarello è affascinato da questa tesi. Dopo averla analizzata e verificata, la cavalca lungo tutte le 300 pagine del libro che si leggono avidamente senza interruzione.

Sempre implacabile con i disonesti, talvolta ne prende le difese perché ne ha compassione, essendo vittime di una morale popolare deviata, che non sempre condividono, ma che sono costretti a praticare per dare ascolto ai familiari, per non fare la figura degli stupidi o per far parte del gruppo. Emerge, però, chi – in una società̀ di corrotti, che fanno concorrenza alle mafie, nascosti dietro un ipocrita perbenismo – ha ancora la forza di dare il buon esempio.

Sono tante le persone oneste e probe, più di quante se ne immaginano. Il libro ne ricorda in tutte le epoche, da Diogene, che vive felice in una botte senza possedere nulla, al “Pirata” che gestisce il ristorante della Costa Azzurra, un tempo il più elegante e caro del mondo, che, oltre al cibo, distribuiva ogni sera momenti di felicità che non hanno prezzo. E poi la signorilità̀ di Umberto di Savoia, che lascia l’Italia prima ancora che la Corte suprema proclami la sua sconfitta al referendum, perché́ teme scontri e lutti tra monarchici e repubblicani. Umberto gode del- la stima di Tumbarello, perché́, come lui, considera la salute di un solo suddito più̀ importante del trono.

Tumbarello ricorda con ammirazione e nostalgia i banchieri di un tempo che sapevano arricchirsi onestamente senza derubare i propri clienti né lo stato. Nel suo studio tiene la foto del miliardario saudita Adnan Khashoggi, del quale fu amico disinteressato per 40 anni, e che predisse la crisi mondiale quando, con l’informatizzazione, il denaro contante fu sostituito dall’algoritmo e dal display. Ebbe occasione di frequentare e conosce- re bene Madre Teresa di Calcutta e racconta come anche i non credenti intuivano la sua santità̀ mentre era in vita.

Sempre divertente e intrigante, pieno di ironia, metafore e provocazioni, il libro ruota attorno a uno dei beni storicamente più ambiti. Il denaro è analizzato in ogni suo aspetto e sotto forme diverse sin da quando esiste l’uomo. Persino prima che il denaro fosse inventato. L’autore sollecita il lettore alla riflessione. È certamente utile avere denaro per potere acquistare tutto ciò di cui si ha voglia. Senza, però, adorarlo, come spesso avviene sin da quando Mosé lasciò per qualche tempo il popolo di Dio per recarsi a ricevere le tavole della legge. Durante la sua assenza costruirono un vitello d’oro da venerare.

I racconti sul possesso del denaro e dell’infinità di beni che si possono acquistare sembrano favole in cui non ci sono buoni e cattivi, ma solo persone succube di stereotipi, che prima o poi si rendono conto che non basta il denaro a farci felici. Anzi, lui che ha percorso il mondo in lungo e in largo e ha avuto modo di incontrare tanta gente ricchissima e potente, sostiene di non averne mai vista una felice e lo dimostra con i suoi intriganti racconti. E raccomanda ai fortunati benestanti di non trascurare ciò che col denaro non si può̀ comprare.

È la stupidità in crescita esponenziale la piaga su cui Tumbarello si sofferma spesso, convinto che sia, assieme all’ignoranza, una delle cause della nostra infelicità̀ e di tanti disastri socia- li. Pur essendo il libro prettamente laico emerge una profonda fede nei principi cristiani della tolleranza e del perdono. Sono commoventi certe situazioni della sua infanzia. Quando ricorda l’espressione di terrore del padre se qualcuno bussava alla porta. Poteva essere la polizia politica, la Gestapo o criminali comuni.

Per sdrammatizzare, allora la madre diceva sforzandosi di sorridere Deve essere la Signora Parrinello che ci restituisce la grattugia che le ho prestato stamattina. Allora non tutti possedevano gli oggetti di prima necessità e tra vicini di casa se li scambiavano. Il libro è altrettanto commovente dove addita come combattenti sconfitti i disoccupati, i migranti e i clandestini respinti, i disabili e chiunque sia disperato e in cerca di aiuto. Tumbarello invita a metterci sull’attenti e toglierci il cappello al loro passaggio e concedere a queste categorie umane, sconfitte dalla vita, l’onore delle armi.

Quando il padre riusciva a comprare al mercato nero una pagnotta di pane bianco, tutta la famiglia ne gustava per alcuni minuti la fragranza prima di assaporarlo. Grandi e piccini – come in una preghiera – si auguravano che tutti i bambini del mondo in quel momento e nei giorni a venire avessero la possibilità̀ di mangiare lo stesso buon pane. Per tanti anni vaticanista, è particolare il suo rapporto con Giovanni Paolo II. Seppure i bigotti lo definissero indiscreto e addirittura insolente, il Pontefice apprezzava i suoi interventi e le provocazioni, che, in realtà̀, esaltavano la fede, che è un dono di Dio, e la grandezza del Papa santo. Lei crede sempre, Santità̀? Non ha mai un momento di dubbio? – gli chiedeva. Oppure – Che ci fa lei, Santità̀, tra quel dittatore e la moglie?

Secondo Tumbarello, più che riempire un vuoto, spesso il denaro ne crea uno più grande. E Indica pure tante lacune nella nostra democrazia – incompiuta perché́ consente a certi scrocconi e anche a governanti inadeguati di approfittarne – e le addita in modo che il lettore sappia colmarle col proprio voto. Quindi, senza dare indicazioni di parte, il libro nel suo insieme contiene anche un programma politico. Tra un racconto e l’altro, ricucito nella preziosa tela della memoria dell’autore, il lettore è trasportato in una virtuale macchina del tempo e nell’intreccio di esperienze vissute che portano alla riflessione. Così, come il successo, anche il denaro può avere un ruolo importante nella nostra vita. Specie se usato anche per rendere felici gli altri.

* Danilo Di Maria, è docente di materie umanistiche

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