SI SALVI CHI PUÒ! MA DOVE?

SI SALVI CHI PUÒ! MA DOVE?

di Roberto Tumbarello

Mi chiedo come ci stia giudicando chi ci guarda da Bruxelles, Londra, Washington con tutti i guai che stiamo passando a causa di una classe dirigente improvvisata, affetta da vittimismo cronico, da piagnucolosi acuta  e alla ricerca continua di privilegi che credono automaticamente connessi al potere, che, invece, è servizio. Facciamo tanti errori, meno male che la colpa è sempre degli altri. I giudici fanno politica e sono invidiosi del nostro successo. Santanché, Del Mastro e La Russa jr, tre Guinness in sole 48 ore. Il popolo ci ha scelti, non vogliamo essere giudicati da altri. Ma stiamo abusando della maggioranza che crediamo indissolubile. Troppa arroganza e accanimento contro la povera gente che ci ha votato. Niente più reddito di cittadinanza e neppure salario minimo. La Premier aggredisce la magistratura e poi chiede di abbassare i toni che lei aveva alzato.
Per spiegare perché fosse scapolo, Enrico De Nicola – capo provvisorio dello stato dal 1° luglio 1946 al 12 maggio 1948, quando fu eletto Luigi Einaudi primo Presidente della Repubblica – sosteneva che chi fa politica non deve creare una famiglia di cui poi non può occuparsi. Forse esagerava perché, invece, c’è chi sa dividersi tra l’uno e l’altro importante impegno. Però, è vero che per chi arriva al vertice, i figli – non solo in Italia, ma ovunque – talvolta solo inconsciamente perché si parli anche di loro come protagonisti, possono essere d’intralcio e creare dei problemi, coinvolgendo il genitore nelle proprie marachelle, sottoponendolo così alle critiche dei suoi oppositori. Sembra talvolta che lo facciano a posta.
            Ieri creava problemi al padre Ciro Grillo, oggi è Leonardo La Russa, anche lui con brutte accuse di stupro in un momento in cui il padre occupa la seconda carica dello stato. I genitori nonostante l’alto ruolo che ricoprono sono portati istintivamente a difendere la prole. Qualche problema, ricordo, lo ebbe anche Napolitano e adesso persino Biden col figlio Hunter, che i repubblicani accusano di avere pagato solo una multa per saldare il conto dell’evasione fiscale, anziché subire una condanna penale con la reclusione come il reato prevede per gli altri cittadini USA. Ma ognuno di noi ha la propria storia con gli inconvenienti e i privilegi che molto spesso si equivalgono.
Si sente già la mancanza di Berlusconi. Anch’io e tanti altri, la cui educazione e cultura sono ben lontane dal suo comportamento, cominciamo già a rimpiangerlo perché, pur non essendo uno stinco di santo né persona da stimare, era un indubbio moderatore della politica sovranista che si è instaurata in Italia. Era stato lui a sdoganarli perché ritenne giustamente che la politica senza quella destra fosse monca, e la traghettò fino al potere. Non aveva previsto, però, che pur arrivando a Palazzo Chigi avrebbero continuato la essere rivoluzionari, come erano sempre stati. Anche lui ce l’aveva con i magistrati che lo indagavano, ma per fatto personale, non istituzionale.
Mentre ora, senza più Berlusconi, il governo lancia un attacco violento alla magistratura, delegittimandola, e altre stranezze cui non eravamo abituati. La Premier ha persino accusato i giudici di svolgere un ruolo attivo di opposizione. Segue un coro di Fratelli che parlano addirittura di attentato alla Costituzione, perché indagano sui personaggi che ci stanno a cuore. Altri insinuano che usano il loro potere per fare politica e addirittura per aiutare la sinistra in vista delle elezioni europee del prossimo anno. Accuse gravissime e insolite. Non è l’attacco di un singolo o di un gruppo di parlamentari ma del Presidente del Consiglio,. Non era mai accaduto che il capo del governo usasse un simile linguaggio. Sembra la minaccia di chi intende ricorrere a leggi speciali. Il Presidente della Repubblica, che, come primo magistrato, è coinvolto personalmente, ha dato piena fiducia ai giudici.
Sorprendente interferenza nel nostro lavoro già molto difficile e delicato, è il commento moderato delle associazioni dei magistrati. Indignate e allibite, le opposizioni non credono ai propri occhi. Schlein parla di metodi intimidatori, Conte di attacco indecente. Nemmeno Berlusconi si era mai espresso in modo così pesante. Neppure quando fu condannato e poi espulso dal Senato. Cercava di limitare gli strumenti a disposizione della magistratura, come le intercettazioni. Faceva varare leggi ad personam che lo proteggessero. Ma non si Intromise mai quando alcuni suoi accoliti furono indagati, condannati e radiati dal parlamento. Seppure criticandoli e insultandoli, lasciava che i giudici facessero il loro lavoro.
Fratelli d’Italia non sembrano più gli eredi del MSI né di Giorgio Almirante, che era più severo con i suoi correligionari e addirittura con i familiari che dovevano dare l’esempio. Non favorì mai nessuno. Sul letto di morte raccomandò a Donn’Assunta, la moglie che lo fece sopravvivere per più di 30 anni ai suoi coetanei politici, di vigilare su questo principio per quanto riguardava la famiglia. Del resto, lo stesso Mussolini puniva anche quelli che si dicevano suoi seguaci, se non si comportavano bene. Condannò a morte persino il genero, Galeazzo Ciano, rendendo vedova la figlia, che non glielo perdonò mai, e orfani i propri nipoti. Più che partito politico, quello che guida la coalizione di governo sembra una setta in cui tutti debbono intervenire in difesa degli altri accoliti per confermare la propria fedeltà.
Seppure persino la Premier si dissoci, a giustificare lo sfogo del presidente del Senato – uno dei pochi di un certo livello culturale – intervengo io. Ma senza dare della cocainomane a una ragazza, che come tanti frequentatori delle discoteche, il sabato sera si concede una sniffata. È istintivo per un padre, qualsiasi ruolo istituzionale ricopra, anzi doveroso, prendere le difese del figlio. Essere al di sopra delle parti quando è coinvolto un figlio è disumano. È deprecabile, invece, che estranei per spirito di gruppo si accaniscano su una ragazza che sostiene di essere stata vittima di stupro. Tanto più che, con i tempi che corrono, la stessa tragica esperienza può accadere a una sorella o a una figlia.
La procura di Milano sequestra il cellulare del giovane La Russa, che, però, è intestato al padre. Come mai? L’onorabilità della famiglia dipende adesso dall’indagine giudiziaria non dalle querele per l’intromissione delle associazioni femministe o degli articoli sui giornali che il presidente del Senato minaccia. A cominciare è stato lui che scagionava il figlio. Poi è intervenuto un articolo di un giornale amico ad aggredire la ragazza. Gli altri si sono sentiti in diritto di intervenire, anche in maniera aggressiva.
Ciò che è più deprimente, però, è che, dopo tante accuse e polemiche, non succederà nulla, come qualche settimana fa per la volgarità e il turpiloquio al Maxxi di Roma. Nonostante il suo scurrile intervento Sgarbi sarà sempre sottosegretario alla Cultura, Giuli continuerà a essere presidente del museo. E così pure Facci – al servizio del potere, sin da giovane, seppure abbia cominciato a fare il giornalista all’Unità – farà la trasmissione alla Rai, e Santanché rimarrà ministra del Turismo, pur essendo titolare di attività turistiche.
Qualcuno ricorda la richiesta di dimissioni della Premier nel 2013, quando Josepha Idem, ministra delle Pari opportunità e dello Sport, aveva dimenticato di pagare l’IMU della sua palestra. Per non  mettere in imbarazzo il governo, la canoista olimpionica, si dimise. Oggi, invece, proprio come nelle corporazioni, gli adepti vanno difesi incondizionatamente. Noi elettori non lo sapevamo. Cominciamo a scoprirlo da qualche mese per un comportamento che non avevamo previsto. Intanto aumentano le violenze e i reati. Siccome chi dovrebbe dare l’esempio non si comporta come dovrebbe e non viene nemmeno biasimato, c’è chi crede che ormai trasgredire sia lecito.
Di fronte alla Giustizia così sfrontatamente minacciata, passa ora in secondo piano il progetto di processare la sinistra per il Covid, che non è un bel gesto, ma niente in confronto a quello che sta accadendo. Berlusconi non l’avrebbe consentito perché non era vendicativo. Ce l’aveva col comunismo, che non esisteva nemmeno più e che usava solo come spauracchio, ma non con chi era stato comunista. Tanto da averne accolti parecchi in Forza Italia.
Mentre adesso, senza di lui, la maggioranza ha creato la commissione parlamentare bicamerale d’inchiesta sul Covid per dare una meschina soddisfazione a no-vax e negazionisti, mania italica che esiste sin dal tempo della peste del 1630 a Milano, secondo la certificazione di Manzoni nei Promessi Sposi. Sarà una sorta di tribunale politico per giudicare l’operato di Conte e Speranza che – ignoranti come chiunque in fatto di epidemie – seguirono pedissequamente le direttive degli scienziati, che potrebbero essere anche loro giudicati e processati. Stiamo esagerando nell’accanimento contro il passato e i predecessori, persino contro il diritto naturale.
La procura di Milano indaga la Santanché anche in difesa di lavoratori e cittadini eventualmente danneggiati da una possibile gestione allegra di aziende quotate in Borsa. Ma che convenienza ha Meloni di difendere sempre chiunque? È questo il mandato ricevuto dagli elettori che l’hanno votata in massa per la fiducia che una tanto auspicata donna al comando ispirava? Non sarebbe meglio lasciare libera la magistratura di fare una selezione – dato che non sa farla lei – tra le persone di cui servirsi e quelle, invece, da tenere lontane dal potere e disfarsi di un’impropria classe dirigente che inquina la maggioranza, non sempre per disonestà, anche per ignoranza? Ci sono giudici di sinistra ma anche di destra. il ministro Nordio, ex magistrato della procura, ne è la conferma. Quindi la faziosità si annulla. Intanto la Premier invita – solo gli altri – alla moderazione.
Credo, però, politicamente inopportuna la richiesta di dimissioni della Santanché, non perché non debba dimettersi – in un paese serio si sarebbe già dimessa spontaneamente o su suggerimento della Premier – ma ha compattato la maggioranza. Per i cittadini comuni la colpevolezza è accertata dopo il terzo grado di giudizio. Mentre per chi è al governo, il sospetto grazie alle indagini della procura è già elemento sufficiente per lasciare qualsiasi incarico. Perché non fare gli interessi del paese anziché quelli dei propri accoliti, se per caso avessero torto? È da buon governante minacciare i giudici come ha fatto Orban prima di privarli dell’indipendenza?
Sono posizioni inquietanti perché riguardano un pericoloso conflitto tra poteri dello stato su cui l’esecutivo vuole ingiustamente primeggiare. Nascono così i movimenti eversivi la cui escalation può portare a qualsiasi conseguenza nefasta e provocare, come è già accaduto negli anni ’80, persino il terrorismo, allora anche nero oltre che rosso. La ricerca dignitosa di una tregua dopo le reazioni provocatorie del governo alla magistratura – superior stabat lupus, inferior agnus – sarebbe affidata al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Mantovano, che, però, essendo, si dice, il solo consigliere di cui la Premier si fida ciecamente, poteva intervenire prima. Ora è più difficile dimenticare e fingere che non sia accaduto nulla.
Intanto, l’ISTAT, col suo nuovo presidente in fase di ingiustificato ottimismo, continua a esaltare un’economia che, invece, è in crisi, raccontando che gli italiani hanno diminuito i consumi per risparmiare e mettere soldi da parte. È un’inversione della realtà perché proprio in questo periodo le banche, che sono il vero termometro dell’economia, mentre la statistica può sbagliare o mentire, denunciano per ora venti milioni di insoluti. Sono perlopiù crediti e mutui non ancora esatti perché i clienti non ce la fanno a pagarli. Non si tratta di povera gente, che, se no, non avrebbero ottenuto il fido, ma imprenditori, professionisti, artigiani e commercianti che hanno dato garanzie e il cui reddito, prima dell’inflazione consentiva di onorare i debiti, ora non più. Sono queste le sfide cui il governo dovrebbe dedicarsi e che hanno la precedenza.
È molto probabile che negli ultimi tempi Berlusconi non ci stesse più con la testa. Ed è stupido volerlo nascondere perché a una certa età è possibile e non c’è da vergognarsi, come, invece, avrebbe dovuto talvolta quando era più giovane e lucido. Invece, eravamo noi a vergognarci andando all’estero, Tanto più che da tempo il caro estinto denunciava segni di squilibrio per ciò che diceva e soprattutto per ciò che faceva. La conferma viene anche dalla dimenticanza di citare Luigi, nella lettera in cui proclama il suo grande amore per i figli. L’ultimo messaggio cosciente e lucido è datato forse 5 ottobre 2020, quando decide di assegnare i lasciti milionari. Lui stesso sapeva che da quel momento poteva non essere più preso sul serio. Infatti, nei suoi due messaggi video dal San Raffaele, qualche giorno prima di morire, che qualcuno senza scrupoli gli aveva crudelmente fatto recitare, si capiva che non era più lui.
Non lo era neppure quando andò a chiedere scusa a Meloni per compiacere i figli che non volevano inimicarsi un governo che, invece, poteva essere utile alle loro aziende. Anche a chi, come me, non lo stimava, sorgeva spontaneo l’istinto di proteggerlo da chi cercava di manipolarlo, essendo ormai senza difese. Nessuno dei figli, meno ancora la quasi moglie, lo ha capito né protetto. Si vede che quel grande amore che lui riponeva in loro non era ricambiato adeguatamente. Tanto da non avere preso a calci nel sedere come meritavano tutti coloro che, abituati a scodinzolare, avevano preso in mano il guinzaglio che non avevano più al collo. Chissà quale messaggio avrà lasciato per il futuro di Forza Italia e che è stato saggiamente cancellato dal testamento perché non ritenuto valido dal notaio.
Ecco perché ci sono volute ben tre settimane per rendere pubbliche le ultime volontà del padrone che sono servite per epurare tutte le anomalie che denotavano la sua carenza di equilibrio. Quindi, non erano consone alla reale volontà del de cuius. Speriamo che siano state cancellate solo quelle. Infatti, la stranezza è che abbia pensato a tutti, tranne alla sua creatura più cara che era Forza Italia, il cui futuro sarà ora deciso da un congresso di mediocri alla ricerca di un successo che apparteneva solo al fondatore scomparso. Invece, sarà un regalo alla Meloni che lui non aveva intenzione di favorire. Ma così va la vita. Del resto, la farina del diavolo finisce sempre in crusca. Ecco perché male fanno il fratello e i cinque figli ad abbandonare il lascito più importante a gente che lo dissiperà o che, finendo nelle mani sbagliate, perderà la sua funzione e si rivelerà dannoso per il partito stesso, per il paese e forse anche per la famiglia.
Sono le madri che fanno in modo di avvicinare anche se non lo merita i figli al padre, che il più delle volte è distratto da impegni che ritiene impropriamente prioritari. Ricordo che Veronica Lario, ancora moglie, rimproverò pubblicamente il marito di recarsi a tutti i battesimi dei figli dei giocatori del Milan, ma di non essere mai andato a quelli dei suoi figli. E lui, per essere più libero, allontanò tutte e due le consorti non rendendosi conto di perdere il contatto con chi valeva la pena di amare. Sono figli e nipoti, non il denaro né il potere, le difese e i premi dell’invecchiamento. Quindi, non li ha educati, né gli ha trasmesso i princìpi che fecero di lui un grande imprenditore e un leader politico, ma non un padre, e non ne ha goduto.
Quando Barbara prendeva le sue difese alla vigilia dei processi, era come se parlasse di un estraneo, perché mancava il pathos che l’amore imprime. Questo avviene quasi sempre quando si rinuncia a occuparsi dei figli per un’effimera libertà. Briatore è un caso più unico che raro di padre che fa anche da madre al figlio. Se non altro ha questo merito, anche se dice che gli impedirà di frequentare l’università che nella vita non serve. Ma per questo c’è ancora tempo e da grande il figlio saprà decidere. Se i cinque rampolli – talvolta sono i figli che debbono educare i genitori – lo avessero avvicinato ai nipoti, probabilmente sarebbe stato anche in politica più equilibrato e non avrebbe dato spettacolo indecente. Forse è stata anche colpa nostra che lo applaudivamo anche quando non lo meritava perché abbiamo dimenticato il valore dell’applauso, che è il giudizio del popolo, tanto più gratificante, se severo.
Piersilvio ha ottenuto finalmente l’emancipazione e, seppure per ora dica che non intende occuparsi di politica – quando, se non per sostituire il padre in un momento così impellente? – sta dando segnali di volere esprimere e mostrare le proprie idee. Avrebbe già dovuto occuparsi di Forza Italia, accortosi che il padre negli ultimi tempi non era più in grado di gestire il partito. Ma non volle mortificarlo. Ora è più urgente occuparsi di politica che di Mediaset, che ormai cammina da sola grazie a un assetto collaudato da anni e guidato da funzionari di fiducia e di alto livello. Come Carlo III d’Inghilterra in versione plebea, Piersilvio è tornato a vivere solo dopo la morte del padre. E sente la necessità di esprimere tutte le proprie capacità finora represse e dimostrare di non essere molto da meno.
Quindi, è difficile che continui a occuparsi ancora a lungo dell’azienda, che non consente l’esibizionismo liberatorio di cui in questo momento sembra avere bisogno. Con tutti quei soldi può fare ciò che vuole, persino una rivoluzione. Ville e palazzi per i cinque eredi dell’ex Cavaliere, nemmeno un soldo in beneficienza. Barbara, che ha 5 figli, ovviamente da partner diversi, vive in un palazzo di 70 stanze, al centro di Milano. I fratelli con altrettante comodità. Non lontano da quelle magioni, a Lodi, muore stroncato dal caldo, mentre lavora sotto il sole cocente, un operaio di 44 anni che non era neppure negro.
E pensare che quando il padre entrò in politica correva voce che le sue aziende fossero sull’orlo del fallimento. Trent’anni dopo lascia un’eredità di oltre quattro miliardi di euro esentasse, avendo anche saggiamente pensato di non fare pagare tasse di successione ai figli e pochissime agli estranei. Le tasse le debbono pagare i poveri. Perché Piersilvio dovrebbe stare a guardare? Lui vuole imitarlo e magari – perché no? – fare anche meglio, che non sarebbe molto difficile avendo ormai alle spalle una ricchezza di non comune entità, quasi impossibile da accumulare in una sola generazione. Però, il vecchio ci è riuscito. Nel 1994 lo votammo in massa perché credemmo che avrebbe arricchito tutti i suoi elettori. Invece, molti di noi lottano ancora con la miseria.
            Non so se fossimo davvero migliori mezzo secolo fa, come molti sostengono. Però, in effetti, pur essendo più poveri, quasi tutti arrivavano alla fine del mese. Eppure uscivamo da una guerra che aveva ridotto l’Italia a brandelli. Per molto tempo le strade rimasero invase dalle macerie causate dai bombardamenti. Però, io, figlio di un insegnante e di una casalinga, ho potuto studiare anche all’estero, seppure con enormi sacrifici e privazioni, cui allora si era abituati. Forse in tutte le epoche si dice che prima si stava meglio. Invece, ricordo che c’era ancora la fame e soprattutto i lutti perché c’erano state le guerre. Forse non dovremmo rimpiangere il passato, ma metterne a frutto l’esperienza.
Non si conosceva la movida, né ricordo che si prendesse l’aperitivo nel pomeriggio. Eravamo più semplici, avevamo meno tentazioni e grilli per la testa. Non c’erano cellulari né computer, e neppure la  pay-Tv, e si compravamo le sigarette sfuse. Si viveva lo stesso e meglio. infatti, io e i miei amici d’infanzia ricordiamo un’adolescenza felice. Certo, ci dovevamo dare da fare per superare tutte le difficoltà di cui era disseminato il percorso di ognuno. Ma si invecchiava prima e si moriva presto. Non c’erano tutti i centenari di oggi. 70 anni erano già un traguardo lusinghiero. Però, eravamo anche più romantici e quindi migliori.
Non solo baciare una ragazza sulla guancia ci riempiva di gioia, cosa che avveniva solo dopo il fidanzamento ufficiale. Era persino un’emozione sapere che lei era dietro la finestra della sua stanza a luce spenta per vederci passare quand’era corteggiata, ma senza farsi notare. Con quell’immagine di pudicizia e complicità ci si addormentava felici. Non c’era l’Europa né l’euro. La Lira non valeva niente, ma noi ricordiamo di essere stati più ricchi perché si spendeva molto meno. Non per tirchieria ma perché non c’erano le esigente né le tentazioni del consumismo.
Ricordo che quando a 19 anni andai all’università, dovendo indossare un vestito con i pantaloni lunghi – allora in Sicilia i ragazzi portavano in tutte le stagioni pantaloni corti fino alla licenza liceale – mio padre me ne diede due dei suoi con cui mi recai dal sarto perché li rivoltasse e li adattasse alla mia taglia. Vennero due vestiti come nuovi con la modesta spesa della fodera nuova e della manifattura. La qualità della stoffa era migliore perché c’erano meno speculazioni e il materiale era genuino. La giustizia, essendoci poche trasgressioni, funzionava meglio. Eppure i prepotenti mezzo secolo fa erano in numero maggiore. Il padrone aveva il diritto di essere arrogante e trattare male i dipendenti. Adesso a proteggerci ci sono le associazioni di consumatori e il sindacato che noi stoltamente sottovalutiamo e persino disprezziamo perché dà fastidio al governo. Allora a difenderci c’erano solo le leggi e la solidarietà del prossimo.
C’era anche più ignoranza. Era ancora diffuso l’analfabetismo. Tanta gente non era mai andata a scuola perché si doveva cominciare a lavorare da bambini per aiutare la famiglia a sbarcare il lunario. Erano in molti a non sapere leggere né scrivere. Riconoscevano solo il valore del denaro dal diverso colore delle banconote. Il titolo di studio più diffuso per la maggior parte della popolazione era la licenza elementare. Però, ricordo tanta saggezza, oggi scomparsa. E anche onestà. C’era umiltà e voglia di sapere. In qualche modo si cercava di capire come difesa personale. Perché allora tutti si rendevano conto che l’ignoranza è punitiva. C’era l’università della strada, della campagna e del mare. Contadini, pescatori e manovali avevano una certa cultura di osservazione che persino gli analfabeti si sforzavano di sviluppare.
Oggi la corsa è all’arricchimento, non di cultura ma di denaro, spesso neppure per poterlo spendere, ma per metterlo da parte, persino all’estero e nei paradisi fiscali, per apparire ricchi, illuderci di esserlo. Ci crogioliamo nell’ignoranza come se fosse un merito di cui essere orgogliosi. Non ci sono più gli imprenditori illuminati come Piaggio, Olivetti, Borletti, Lancia. Sostenevano che il padrone non dovesse guadagnare più di dieci volte la paga media dei dipendenti. Oggi stiamo superando di gran lunga le 100 volte. Ecco perché crescono le fortune. E per di più molti non pagano le tasse. Infatti, noi italiani siamo i più grandi evasori fiscali.
Pur lavorando, molti vivono con meno di mille euro lordi al mese. Una miseria. Vuol dire che la ricchezza è mal divisa e la povertà ancora molto diffusa. Ma nessuno fa niente per riequilibrare il gap. Ecco perché c’è chi investe parte del proprio reddito, già scarso, nel gioco d’azzardo – lotto, gratta&vinci, Superenalotto e vari tipi di scommesse – un po’ per vizio, un po’ per cercare di vincere. Invece, ci si impoverisce ancora di più. Per questo siamo costretti a rubare e la corruzione dilaga a macchia d’olio.
Ormai quello sovranista data da nove mesi e finora abbiamo sentito solo slogan, presunti successi internazionali, ma nessuna realizzazione concreta. Nemmeno risultati nel settore dell’emigrazione cui la Premier si sta dedicando tanto ma inutilmente sono soddisfacenti. Anzi, secondo Zaia, le frontiere italiane sono diventate un colabrodo, dato che quest’anno gli sbarchi si sono quadruplicati rispetto agli anni scorsi. Nel 2022 arrivarono 105 mila persone in tutto, quest’anno sono già 75mila ai primi di luglio. Il tema delle migrazioni è un banco di prova per il governo, sostiene il governatore del Veneto.           
            Non ci vergogniamo di pagare i dittatori perché impediscano ai migranti di partire verso l’Italia, tenendoli nei lager e imponendogli pene disumane. In Tunisia si è aperta addirittura la caccia al migrante più debole, cui partecipa con denunce e delazioni anche la popolazione. Bambini, donne incinte e neonati vengono deportati ai confini del deserto dove non trovano da bere, né da mangiare e meno ancora cure mediche, quindi condannandoli a morte. Noi e l’Europa siamo complici di questi massacri.
Non abbiamo fatto la promessa riforma fiscale di cui godono per ora solo i titolari di partite IVA, cioè i maggiori evasori che non erano da premiare con la Flat Tax al 15%. Però, riguarda tre milioni di famiglie, quindi un bel bacino elettorale per la destra, seppure la legge sia incostituzionale. Anche la lobby degli impianti nelle spiagge è protetta dalla destra, come pure quella dei tassisti. Il PNRR è in grande ritardo. Non si sa quali siano i progetti in cantiere. Si sente sempre parlare del Ponte sullo Stretto, che nessuno anela di vedere realizzato, perché non risolverà i problemi del meridione che sono altri e molto gravi.
Ne beneficerà solo la mafia che gestirà gran parte dei miliardi che s’investiranno, se è vero che si farà quest’inutile opera mastodontica dalla quale la Lega si illude di recuperare qualche voto in più. Con tutti i problemi idrogeologici che abbiamo sarebbe molto più utile dedicare quelle risorse alla ristrutturazione del territorio che frana alle prime piogge, allaga intere regioni e travolge paesi e abitanti.
Qualcuno che è in buoni rapporti col Vaticano faccia sapere a Papa Francesco che della fine di Emanuela Orlandi nessuno è particolarmente interessato. Le pressioni per riaprire il caso dopo 40 anni tendono solo a scoprire se c’era coinvolto qualche cardinale che aveva messo gli occhi vogliosi sull’adolescente. Finora si è solo scoperto uno zio sporcaccione, per di più deceduto. Non mi sembra un progresso nell’indagine. L’opinione pubblica, infatti, vuole un prelato vivo. Quindi, se non ce n’è uno disposto a sacrificarsi per soddisfare la morbosità della gente, è inutile essere disponibile come sta cercando di essere lei, Santità.
Tanto, dopo tutto questo tempo la verità non può venire a galla. I pericoli a quel tempo scaturivano da tante fonti malefiche. C’era persino la tratta delle bianche. Inoltre la quindicenne, pur abitando all’interno della Città del Vaticano, viveva anche nella metropoli. Non è detto che la sparizione sia avvenuta nel sacro territorio. Quest’insistenza, Santo Padre, è persino offensiva per la Chiesa. Offendersi non è peccato.
Per carità, Onorevole Premier, stia attenta all’ampliamento dell’Unione Europea. Seppure dittatore, come piacciono a lei, Erdogan non è un politico da baciare. L’Europa lo paga lautamente – e stupidamente – per tenere segregato, come animali in una stalla, chi tenta di salpare per attraversare il Mediterraneo. Non accetti di fare entrare la Turchia in Europa per compiacere Stoltenberg – già il nome mette in guardia dalla sua stoltezza – che tenta di barattare l’ingresso della Svezia nella Nato con quello della Turchia nell’Unione Europea. Lui non può decidere dell’assetto europeo per ampliare la sua organizzazione militare. Ma lei, Signora, ha il potere di impedirglielo. Se la Turchia entrasse nell’Unione Europea sarebbe una vergogna anche per l’Italia, oltre che per l’Europa. Meno male che lei non sia tornata dal vertice di Vilnius dicendosi, come sempre, soddisfatta. Talvolta si fanno gli interessi dell’Italia proprio senza esserlo.
Avemmo già la dabbenaggine di ammettere l’Ungheria, ma a quel tempo non era ancora una dittatura. E lo facemmo per evitare che finisse vittima dell’imperialismo russo. Come vede, abbiamo ottenuto l’effetto opposto. Oggi per empatia col dittatore russo, Orban simpatizza con Putin.  La Turchia, invece, è già una dittatura. È strano che senza un adeguato compenso i fratelli musulmani accettino di fare entrare la Svezia nella Nato, che per altro non aiuta a raggiungere la pace in Ucraina. La Nato ai confini della Russia non è un’azione diplomaticamente corretta. Non è saggio stuzzicare il nemico. Per esasperarlo. Così si può allargare la guerra. Si ricordi che la Turchia non è un paese di civiltà occidentale, ma islamica.
Casini festeggia i 40 anni di permanenza ininterrotta in parlamento. Undici legislature. Fu eletto nelle liste della DC nel 1983, poi ha continuato in Forza Italia e infine nel PD. Un tipico italiano per tutte le stagioni che dice di avere la politica nel sangue e di essere sin dai banchi di scuola atlantista, europeista e degasperiano. Però, tace sul suo periodo berlusconiano che farebbe inorridire De Gasperi e tutti quelli della sua generazione, compreso Forlani, grazie al quale entrò in politica.
Intervistato dal Corriere, dà giudizi positivi sulla Premier e sulla Schlein, mentre ritiene la maggioranza inadeguata rispetto alla sorprendente leadership della Meloni. Non gli hanno fatto l’unica domanda che poteva interessare i lettori e anche descrivere la morale del personaggio. Come mai, dopo tanti anni nella sinistra democristiana, passò nel centrodestra e da un paio di legislature viene eletto nelle liste del PD. Una conversione, un progetto comune, una mera convenienza, o semplicemente lo sfruttamento della stupidità di chi sacrifica per eleggere lui personaggi veramente di sinistra come Fiano, Cirinnà e tanti altri?
Visto che ormai la destra ha occupato tutte le reti televisive, il suo consiglio, gentile Signora, sarà preso in considerazione. Prima che succeda una disgrazia, ricordi, quindi, alle tante Oriane Fallaci che da un anno e mezzo si contendono la corrispondenza dall’Ucraina, che quella vera al fronte ci andava per poche ore e ci scriveva sopra come se avesse combattuto per mesi in prima linea. Eppure la ricordiamo come una temeraria, un’eroina dell’informazione. Non lo era. Però, era talmente brava che ci crediamo ancora. Purtroppo i personaggi di un tempo non si sono riprodotti, nemmeno la Fallaci.
Con tutte le malefatte che accadono, ce la prendiamo con la Venezi, che dal podio del Summer Festival di Lucca ha diretto l’inno a Roma di Puccini. È un personaggio che, come tanti altri, cerca di riuscire simpatica al nuovo potere. Sole che sorgi libero e giocondo…. è talmente bello che il fascismo se ne appropriò e non lo si può biasimare. Anzi, mi sembra un merito. Adesso, però, lo consideriamo un inno fascista, perché noi riusciamo a dare una colorazione politica all’arte, al clima e persino a un cadavere. La musicista viene contestata anche a Nizza dove dovrebbe dirigere prossimamente il concerto di Natale. Associazioni antifasciste chiedono al Sindaco di annullare il contratto, non perché simpatizzi per la destra, è che non ha i titoli.
Parte in luglio e agosto un faticoso tour canoro di Morandi, quasi ottantenne, ma ancora efficiente e richiesto come mezzo secolo fa. Confermata Mara Venier, ultra settantenne, alla guida di Domenica In perché, non essendoci una sua erede nella conduzione TV, è ancora la migliore. Gioca applaudito Buffon a 45 anni suonati, mentre gli altri vanno in pensione dieci anni prima e sono mediocri. In tutti i settori si rimpiangono i personaggi di una certa età o del passato. Non c’è un altro Renzo Arbore, né un Mastroianni o una Loren e neppure un Agnelli. Non c’è un Edoardo De Filippo né un Moravia. Non ci sono altri Montanelli né Boniperti e meno ancora un Almirante o un Malagodi. La mediocrità incombe in tutti i settori.
Il solo a essersi riprodotto sembra essere Draghi, nonostante il gap che inevitabilmente esiste per l’età dell’erede, per il livello culturale di oggi – l’ignoranza si coltiva sin dalle elementari – e anche per la sua provenienza. Infatti, ogni tanto dimentica di essere al potere perché all’opposizione si sentiva più a proprio agio. Però, ha tanta grinta inconsueta che, invece, a Draghi non serviva.

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