Sono colpevole

Sono colpevole

Articolo di Stefano De Luca

Ho deciso di confessare.

Si, sono colpevole di essere stato un ammiratore della Prima Repubblica (Quella di Fanfani, Moro, Andreotti, Forlani, Donat-Cattin, Cossiga e poi di Craxi, Formica, Pertini, ed anche di Malagodi, Saragat, La Malfa, certamente Ugo, Zanone, Altissimo, Visentini, Spadolini, per citarne solo alcuni, a caso). Ne sono stato complice. Ho lavorato con molti di loro e li ho incondizionatamente ammirati, ma poi sono stati dannati e la creatura a cui facevano riferimento, la Repubblica, con la sua Costituzione approvata nei giorni di Natale del 1946, è stata spedita all’inferno.

Per fortuna sono falliti quasi tutti i tentativi di riformarla, tranne quello del 2005 fatto dai DS con l’indecente riforma del titolo quinto, e quella della riduzione indiscriminata del numero dei parlamentari, voluta lo scorso anno dai salvatori della Patria del M5S.

Evviva! Gli effetti si notano in questi giorni, con la babele dei poteri regionali, che si sovrappongono a quelli dello Stato e con un Parlamento che andrebbe sciolto, ma a questa normale pratica della democrazia non si può ricorrere, perché almeno due terzi dei pentastellati tornerebbero al loro mestiere di disoccupati, precari, o venditori ambulanti d’illusioni.

Si, sono colpevole di aver disprezzato, come disprezzo, il populismo fiorito a destra come a sinistra dal 1994 in poi e giunto al suo massimo dopo le elezioni del 2018, che ci ha regalato due Governi, di segno opposto (ma sempre a preponderanza grillina) del cui disastroso risultato abbiamo dovuto prendere atto, principalmente dell’ultimo.

Confesso di essere disgustato di fronte all’esondare del narcisismo autoritario di Conte e Casalino, la coppia magica di un New deal surreale da Grande Fratello, che pratica attentati continui alla lettera ed allo spirito della Costituzione.

Sono inorridito, nella forma e nella sostanza, del continuo sovrapporsi di divieti, nominalmente per combattere la pandemia, ma che hanno distrutto l’economia, principalmente quella piccola e media legata al commercio, al turismo, allo sport ed alle professioni.

Il coro, quasi unanime dei media finanziati con denaro pubblico o al servizio dei potentati finanziari che sostengono questa coppia felice, invece maledice Renzi, che indiscutibilmente ha il torto di essere geneticamente antipatico, ma ha mosso accuse fondate ed ha cercato di abbattere un Esecutivo dannoso per un Paese in ginocchio, ormai rassegnato.

Sono colpevole di riconoscere che aveva ed ha ragione.

Ma Zingaretti (il meno noto fratello di Montalbano) è un uomo d’onore e non parliamo del povero Speranza, che porterà anche sfiga, ma non è colpa sua, anche lui è un uomo d’onore. L’ormai taciturno Giggino Di Maio, gran conoscitore della politica estera e delle lingue straniere, è un uomo d’onore. Nell’orazione di Conte, non al funerale di Cesare, ma a quello della Repubblica, verranno evocati tutti questi grandi uomini d’onore, mentre il vituperato senatore di Rignano sarà lapidato, con l’aiuto dei costruttori, che in questo caso useranno le pietre per colpire; ma pare che non bastino.

Il minacciato Renzi (di elezioni anticipate, che lo spazzerebbero via) si asterrà, arrivando in soccorso come un’ambulanza del 118, ma dovrà pagare a caro prezzo il suo atto di ribellione.

E il centrino-destra? Se ci sei batti un colpo! Lo ha fatto, bloccando la biblica migrazione dei democristiani di tutte le stagioni dell’UDC verso la strada dei “responsabili”, promettendo ricandidature in seggi sicuri, quando verrà il momento, il più tardi possibile.

La meta del salvataggio grazie ai nuovi “costruttori”, assolti ed anzi esaltati da Cinque Stelle, da PD e da Papa Francesco, sembra allontanarsi, anche perché il sagace Calenda ha sepolto con una sonora palata di “merda” fumante il sempre ritornante Mastella, pronto a lanciare verso un ministero la moglie, fresca di tradimento nei confronti di Forza Italia, che imprudentemente le aveva dato un seggio al Senato, mentre si era predisposto ad assumere in prima persona la direzione delle operazioni.

Sono colpevole, di fronte alla tortura dello spettacolo cui mi hanno  costretto ad assistere, di non riuscire a contenere i conati di vomito.

Colpevole, perché la maggior parte dei sondaggi popolari indica un gradimento superiore alla metà degli interpellati a favore del Dandy con la pochette, che occupa militarmente Palazzo Chigi, e mi sento quindi accomunato moralmente al disprezzo nei confronti di Renzi, di cui ho condiviso le proposte politiche per riscrivere il testo del Recovery Found e la decisione di far dimettere i suoi rappresentanti nel Governo.

Questa amara sorte per me, che lo avevo combattuto con tutte le modeste forze liberali ai tempi della deprecata riforma Costituzionale, fortunatamente respinta dal referendum del quattro dicembre 2016.

Sono colpevole, non mi sono mai pentito e non lo farò mai, anche se forse sono rimasto quasi l’unico liberale in Italia, insieme ad altri quattro gatti, principalmente  giovani entusiasti della GLI, certamente tutti matti e colpevoli, come me,  di coltivare nostalgie democratiche in tempi di populismo sovranista o autoritario, di stampo sudamericano, russo oppure ottomano.

 

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