AFFARI PUBBLICI E COSE PRIVATE

AFFARI PUBBLICI E COSE PRIVATE

di Giuseppe Gullo

Appena insediata, la Presidente Meloni si è trovata immersa nei giri istituzionali connessi al suo incarico in Europa e nel mondo. Si è trattato di un esordio assoluto in ambito EU e nel G20 non avendo avuto precedenti esperienze sia come livello di rappresentanza, sia come sedi.

Il più importante è stato il G20 di Bali nel quale è stata l’unica donna capo di Governo. Bella opportunità per la coincidenza di cui ho detto e per il fatto che l’evento ha avuto una grande diffusione mediatica.

La Presidente ha deciso di portare con sé in Indonesia, circa 12.000 Km da Roma e 19 ore di volo, la figlia Ginevra di sei anni. Il fatto è stato ovviamente ripreso dai media e ha fatto il giro del mondo. Mi ha fatto venire in mente la graffiante battuta di Andreotti, all’epoca Ministro degli Esteri, che accompagnava Il Presidente Craxi in visita di Stato a Pechino, allorché, riferendosi alla numerosità della delegazione che li accompagnava, dichiarò “vado in Cina con Craxi e i suoi cari”. Il divo Giulio, Presidente  del Consiglio per sette volte, Ministro quando non presiedeva il Governo e giovanissimo Sottosegretario alla Presidenza, è già nella storia della Repubblica anche per le sue battute caustiche delle quali esiste un’interessante raccolta. Ciò che affermava non era mai casuale, esprimeva concetti non banali in modo apparentemente leggero. Nel caso che ho citato, per nulla apprezzato da Craxi, si riferiva a qualche presenza di troppo nella delegazione, ma pur sempre di addetti ai lavori. Rifletteva pure un modo di essere e di concepire il ruolo pubblico come del tutto distinto e separato dal privato. Quante volte avete visto sui giornali o in tv la famiglia Andreotti o Moro o Forlani o Cossiga o De Martino o Berlinguer o Malagodi o Carli o Merzagora o Draghi? Pochissime, in alcuni casi mai. Ricordo due sole eccezioni, la famiglia del Presidente Leone e quello della sig.ra Fanfani. Eccezioni appunto, e come tali forse un poco ingigantite e amplificate. E nel caso di Fanfani, peraltro, si trattava di una persona che ricopriva in proprio un importante incarico pubblico, quello di Presidente della CRI.

Meloni, invece, ha ritenuto di portare con sé la giovanissima figlia. Immagino che, tolte le molte ore di volo, abbia avuto pochissimo tempo da dedicare alla bambina, tra incontri plenari e bilaterali, studio dei fascicoli e preparazione delle riunioni, cene ufficiali e tutto il resto che è facile immaginare. Ma non è questo il punto, a mio avviso. È un problema di forma che diventa significativo del modo di svolgere la propria funzione. Un capo di Governo, tranne casi di comprovata necessità che non mi pare vi siano stati in questa circostanza, è in missione di Stato con il suo seguito. Non è in vacanza e non vi sono ragioni di protocollo per portare la figlia di sei anni.         L’averlo fatto è un peccato veniale che definirei di scarsa attenzione per l’alta funzione rivestita. Lo avrebbe fatto la Merkel, la Von der Leyen, o la Thatcher o Sanchez o XI e Biden con i nipotini? Non credo e non per mancanza di affetto ma per una diversa concezione del ruolo e dei compiti svolti. Né si discute dei criteri con i quali la Presidente intende educare la figlia, ci mancherebbe altro!  Per la piccola l’avere visto la madre sedere allo stesso tavolo dei grandi della terra ha un valore unico e difficilmente ripetibile. Non lo dimenticherà mai! Tuttavia, a mio giudizio, è uno scivolone maldestro. Punti di vista, ovviamente.

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