Antifascismo

Antifascismo

di Guido di Massimo

Lessi anni fa: “abbiamo avuto 20 anni di fascismo e 50 di antifascismo”. Ora, sempre con 20 anni di fascismo gli anni dell’antifascismo sono quasi 80 anni, e di questo passo arriveremo sicuramente a 100 e più.
Ma cosa significa dirsi antifascisti oggi? Dirsi ed essere liberal-democratici non significa di conseguenza essere ovviamente e banalmente contro i totalitarismi e quindi contro le ideologie che li rappresentano, compresa quella fascista sepolta nella tragedia della guerra? E poi come mai il merito e l’onore di essere antifascisti fu di così pochi quando il fascismo era vivo e il dirsi antifascisti è oggi di così tanti? Forse perché una volta essere antifascisti significava avere spirito critico, coraggio e disponibilità a rischiare il confino, la prigione e peggio; e significava anche rischiare la riprovazione sociale.
Oggi dirsi antifascisti ha lo stesso inutile senso di dirsi anticomunisti: fascismo e comunismo sono morti entrambi, almeno per come si sono presentati nella storia. Che poi rappresentino pulsioni sempre presenti nell’uomo è un’altra faccenda: l’autocrazia, la volontà di potenza, il voler sottomettere, la condanna della libertà foriera di “disordine” nelle ordinatissime autocrazie ci sono e ci saranno sempre.
Dirsi antifascisti sembra oggi solo una dichiarazione di appartenenza a un raggruppamento che non trovando un “focus” aggregativo positivo ne trova uno negativo nel prefisso “anti”. Aggregarsi contro qualcosa permette di aggregare persone che su un comune “focus” positivo non andrebbero d’accordo. Finita l’Unione Sovietica e “casualmente” con essa il PCI, il dirsi antifascisti è aumentato, proprio come segno di appartenenza al nucleo ex PCI e dintorni. Sembra a volte che la necessità di un nemico sia una condizione di sopravvivenza.
L’Italia ha bisogno di una sinistra seria, che abbia una propria fisionomia chiara e il coraggio di essere responsabilmente non massimalista. Perché non comincia a dirsi ciò che vuole essere invece di confondersi nell’opaca ambiguità dell’antifascismo?
A forza di parlare di antifascismo non ci saranno prima o poi persone che nulla sapendo del passato vorranno ribellarsi all’acritica cappa di un quasi luogo comune per giocare a far rivivere ciò che è morto?
Invece di usare la parola antifascismo come arma contundente (tipo “tu non sei antifascista?”) non è opportuno preoccuparsi e discutere i presupposti sociali ed economici che possono provocare sbandamenti verso forme di governo autocratiche? Insicurezza, paura del futuro, problemi economici e istituzioni non radicate sono tra le prime cause della fuga dalla Libertà in cerca di sicurezza, dell’ “uomo forte” e dell’autocrazia. Fu con la prima guerra mondiale che si ebbe il terremoto sociale che generò le tre disgrazie del ‘900: comunismo, fascismo e nazismo.
Sono i presupposti sociali degli sbandamenti irrazionali che dovremmo tenere sotto controllo. Perdere pace e libertà è sempre possibile, e lo sarà tanto più se andiamo avanti guardando all’indietro. Nulla va mai dato per scontato.  Fino al 24 febbraio dell’anno scorso anche l’Ucraina viveva in pace e libertà, e con essa tutti noi. E poi?
Viviamo in un mondo complesso e pericoloso, i problemi non mancano, dobbiamo guardare avanti e tentare di essere un po’ più seri.

 

Fonte Foto: CC0 – opencliart.org – Worker

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