Diario liberale di domenica 22 maggio 2022

Diario liberale di domenica 22 maggio 2022

di Roberto Tumbarello

Nei talk show, ripetitivi, noiosi e con gli stessi personaggi, s’invitano giornalisti russi con una crudele speranza. Che diano ragione al conduttore, che vive in un paese libero e che guadagna, senza molto merito, un sacco di soldi. Mentre quei poveretti, per pochi rubli, debbono sostenere che la guerra è giusta. Anche gli ospiti sperano che cadano in errore e ammettano che l’aggressione all’Ucraina è un crudele sopruso. Nessuno si rende conto che, se questo dovesse accadere, sarebbe la condanna per quei colleghi, dimostratisi incapaci di difendere l’l’aggressione della Russi all’Ucraina e la dittatura di Putin. Molto più umani, invece, i telespettatori sperano che non sbaglino per farli tornare sani e salvi dalle loro famiglie.

C’è chi simpatizza con Putin e lo giustifica sostenendo che per aggredire un altro paese una ragione deve avercela. Come pure rapinatori e assassini, mafiosi e camorristi, qualsiasi criminale ha un motivo per delinquere. Rubare ai più deboli, uccidere chi non versa il pizzo, fare agguati agli innocenti. È una riflessione che nessun commentatore ha fatto finora. Anche quella in Ucraina è una crudele guerra di rapina. Lo scrive il mio amico Niky Chichi per aprire gli occhi a chi ha in antipatia l’America. Ragioni politiche – come suggeriscono saggiamente Draghi e Macron a Biden – non consentono di sbattere in faccia al responsabile il suo crudele comportamento, ma i suoi sostenitori ci riflettano.

Mac Donald lascia la Russia. Arrivò 30 anni fa quando cadde l’URSS. Se ne va con l’avvento di un’altra dittatura. Tutti in fila ogni giorno per l’hamburger americano. Non è solo un pasto diverso e più gustoso, ha anche il sapore della libertà. 850 locali sempre affollati, sparsi in tutta la Russia, 20 dei quali a Mosca. Un colossale business, come ovunque, che rende miliardi di rubli l’anno. Ma gli imprenditori sanno rinunciarci per difendere i loro principi. Da oggi tutti chiusi, clienti delusi, migliaia di dipendenti disoccupati e fornitori impoveriti. La democrazia ha anche il costo della rinuncia. Gli USA non esitano a pagarla anche rimettendoci tanti soldi. Eppure c’è chi non gli è grato.

Se Berlusconi convertisse Putin alla pace dimenticheremmo il bunga bunga, la nipote di Mubarak e tutto il resto. Arriva sempre la possibilità di riscattarsi laddove c’è libertà e democrazia. Basta un gesto che salvi l’umanità dalla vergogna. Riesumare un comunismo, che nella nostra società non esiste più, è una gag solo per chi gli scodinzola ancora attorno. Riportare la pace in Ucraina e in Europa sarebbe, invece, un eroismo da grande leader. Non c’è neppure bisogno di criticare la NATO, di cui fu sostenitore in altri tempi. E poi, non andava da bambino col padre in visita ai cimiteri militari americani? Anche questa bugia gli perdoneremmo assieme al ridicolo in cui ci fece cadere.

Francesco Abrignani non c’è più, e chi lo conobbe ne soffre. Per l’età non eravamo amici ma ero un suo ammiratore. Ero amico di Mimmo, mio coetaneo. Quando ero ragazzo Francesco era un mio idolo, per intelligenza, portamento, eleganza, classe e anche per quei capelli ramati da attore americano. Continuai a stimarlo anche quando non potei più incontrarlo perché mi ero trasferito a Roma. Lui, invece, era rimasto dov’era nato per aiutare la sua città a crescere. Lui non ne aveva bisogno. Poi l’età, gli acciacchi, le disgrazie, la solitudine lo fecero morire per la memoria collettiva anzi tempo. Veniva ricordato per il successo del figlio nel quale è degnamente sopravvissuto fino a ieri.

Forse sarebbe stato meglio separare il voto sui referendum da quello amministrativo trattandosi di due votazioni completamente diverse. Una è amministrativa e anche limitata ad alcune città, l’altra è sostanzialmente sociale e riguarda tutto il Paese. E poi si tratta di quesiti giuridici cui gli italiani – per di più con l’analfabetismo di ritorno che purtroppo si registra –avranno difficoltà a dare una risposta adeguata nel merito, che sarebbe invece precipuo compito del Parlamento, che tuttavia non è riuscito a darla tempestivamente, come avrebbe dovuto. Si poteva quindi fare di meglio, ma ormai non ci resta che di votare, anche se l’effetto boomerang su taluni quesiti è prevedibile.

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