DOPO TANTI SONDAGGI, LE ELEZIONI SEMBRANO UN FILM GIÀ VISTO

DOPO TANTI SONDAGGI, LE ELEZIONI SEMBRANO UN FILM GIÀ VISTO

di Giuseppe Gullo

Nella notte elettorale ho avuto l’impressione di assistere a un film già visto, del quale non ricordavo tutte le battute ma di cui conoscevo benissimo il finale. I sondaggi ci avevano raccontato tutto con precisione quasi assoluta. La differenza era soltanto di qualche punto in più o in meno a una o un’altra lista, ma il copione era quello preannunciato. La destra ha vinto alla grande e al suo interno FdI ha moltiplicato di sei volte e mezzo il risultato del 2018. La Lega, nella coalizione vincente, ha dimezzato la percentuale, mentre il sempre verde cavaliere ha ripreso i voti di chi lo ama profondamente sopra tutto e nonostante tutto. Il Pd resta dov’era, in mezzo al guado senza politica e senza leader. Calenda e Renzi prendono il minimo per andare avanti ma hanno percentuali significative in ambienti e ceti che contano. I 5S perdono più della metà dei voti di cinque anni fa, ma mantengono una buona percentuale frutto, al sud, della disoccupazione e del “non lavoro” retribuito dallo Stato.

E ora? Con ogni probabilità Meloni formerà il primo Governo della legislatura insieme ai partiti della sua coalizione. Se ciò dovesse accadere,come è molto probabile, si apriranno subito due questioni importanti, per così dire preliminari.

La prima questioneè la posizione della Lega che si trova ad un bivio. Il voto l’ha punita soprattutto nelle regioni che fin dalla sua nascita sono state le sue roccaforti elettorali e che tuttora amministra. I Governatori del Carroccio sanno che se non cambiano radicalmente la loro proposta ritorneranno al 4% che avevano prima della segreteria Salvini. La chiusura delle frontiere, il prima gli italiani, la tassa piatta non fanno più presa e comunque sono meno credibili nella bocca dell’ex Ministro dell’Interno piuttosto che di Giorgia Meloni. I padroncini del nord est e della Lombardia hanno perso fiducia nei loro antichi riferimenti e i riti padani sono solo folclore. Una partecipazione piatta al Governo Meloni sarebbe esiziale. Il Carroccio ha bisogno di visibilità e di intestarsi riforme a esso riconducibile. Deve svincolarsi dall’abbraccio mortale di FdI che gli ha già sottratto metà dei voti. Questo produrrà tensione nel Governo da subito.Chi sarà il nuovo Ministro dell’interno? Chi gestirà la politica estera e quella fiscale?

Forza Italia farà la sua parte di forza moderata, europeista e atlantista forte del voto fidelizzato conseguito. Ancora una volta Berlusconi ha dimostrato che chi va via da FI non intacca la sua percentuale E’ stato così con Alfano, Quagliarello e Pera, è ancora nello stesso modo con Carfagna e Gelmini.  FI ha tuttavia un serio problema di classe dirigente posto che in trent’anni di attività politica al massimo livello è riuscita a perdere tutti i suoi uomini di punta ad eccezione del solo Taiani. Non credo che il cavaliere aspiri a fare il Presidente del Senato sebbene venga il dubbio che sia un novello Faust. L’anagrafe però non cambia e neppure la cartella clinica.

La seconda questione è la verifica della capacità di governare di Meloni. È tutta da dimostrare in quanto la sua esperienza ad alto livello è molto limitata. È stata ministro nel Berlusconi IV con la delega ai problemi della gioventù. Ministero senza portafoglio con competenze e fondi limitati. Non ha lasciato tracce significative e nessuna iniziativa degna di essere ricordata. Il nuovo impegno è enormemente più gravoso e il giudizio dell’Europa sarà severo. In sostanza è poco conosciuta fuori dai confini nazionali e sicuramente non le giova la simpatia mostrata e ricevuta da Orban, Le Pen e Vox. Ciò nonostante sarà giudicata per i suoi comportamenti da premier e non per quelli precedenti, che restano e hanno un qualche significato ma non precludono affatto la possibilità di ottenere fiducia e apprezzamento dei colleghi degli altri Paesi. È tutto da vedere e non sarà un processo breve. In politica interna sarà indispensabile che il nuovo premier dimostri di sapere mantenere coesa una maggioranza che sarà rissosa per le ragioni di cui abbiamo detto. In questo, a mio giudizio la favorisce l’essere la prima donna chiamata all’alto incarico nella storia della Repubblica, ma anche l’esperienza maturata in decenni di frequentazione delle segreterie politiche dei Partiti. Tutto questo prima ancora di incominciare a parlare delle grandi questioni che il nuovo Governo dovrà affrontare sin da subito.

Chi vince le elezioni ha il diritto-dovere di governare e di farlo per tutto il tempo nel quale il Parlamento manterrà la fiducia nell’esecutivo. Questa regola democratica, talvolta disattesa, deve essere rispettata perché rappresenta un cardine del sistema democratico, anche del nostro, nonostante il Rosatellum. La perdita del 9% di votanti è un ulteriore e grave campanello d’allarme della crescente disaffezione dei cittadini verso la politica sebbene la nostra percentuale resti tra le più alte tra i Paesi più sviluppati. Ora è però tempo di misurarsi con i problemi e di passare agli atti concreti.

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