I RISULTATI ELETTORALI, CAUSE ED EFFETTI

I RISULTATI ELETTORALI, CAUSE ED EFFETTI

di Giuseppe Gullo

In attesa che si concludano gli adempimenti successivi alle elezioni e il Parlamento si insedi ed elegga i suoi organi istituzionali, cerchiamo tutti di capire quali saranno gli effetti che esse stanno producendo.

Il Segretario del PD ha già annunciato le sue dimissioni, che saranno operative al momento dell’apertura del congresso che si terrà nei primi mesi del 2023. Sarà quella una tappa decisiva per la sopravvivenza stessa del Partito erede del PCI e della sinistra DC, sul che ci sarà tempo e modo di riflettere.

È presumibile che nella Lega accada qualcosa di simile almeno per quanto riguarda la posizione di Salvini che è stato il salvatore delle Lega precipitata al 4%,al quale i Governatori non consentiranno di esserne anche il liquidatore. Il Carroccio ha uno spazio molto ristretto per effetto del fenomeno Meloni che tende a occupare in misura sempre crescente l’area elettorale che negli ultimi anni era stata quasi esclusivamente dell’alleato-concorrente. Se FdI e la sua leader non avranno una crisi causata dall’esercizio del potere (è accaduto molte volte) i prossimi anni saranno molto difficili per la Lega, ancor più essendo costretta ad indossare i panni del parente povero e un poco invidioso.

Chi non ha di questi problemi è l’ineffabile senatore Berlusconi, esempio unico, e forse destinato a restare tale, di politico che il bombardamento giudiziario non è riuscito ad eliminare e che ancora oggi, a 86 anni, si concede il piacere di portare in Parlamento la sua compagna facendola eleggere in un collegio di cui lei stessa ignora la collocazione geografica. Grandezze smisurate, il cui significato travalica quello della soddisfazione di donare all’amata il laticlavio per assumere quello ben più pregnante di riconoscerle uno status adeguato a chi è stato per quattro volte Presidente del Consiglio, secondo nella storia repubblicana, quanto a presidenze, al Divo Giulio, che però’ era di casa con il Principe Pacelli e con Alcide De Gasperi, e scusate se è poco.

Che Governo sarà quello presieduto dalla pasionaria Meloni? Lo vedremo tra poche settimane alla prova dei fascicoli più urgenti e impegnativi, a cominciare dalla legge di bilancio. Adesso possiamo dire che la vincitrice ha scelto il basso profilo, poche dichiarazioni brevi e generiche, molti ringraziamenti che appaiono sinceri, riservatezza e consapevolezza della gravosità dell’impegno che l’attende.

Tutti i commenti, com’è giusto, si incentrano sulla straordinaria vittoria del centro-destra (o del suo inverso destra-centro) e di FdI con l’eccezione, per quello che ho potuto leggere, di Giuliano Ferrara. L’ex ministro dà una lettura diversa attribuendo il risultato elettorale alla scelta suicida di PD, 5S e Azione di andare divisi alle elezioni. Definisce questa scelta come il frutto di una volontà di autocastrazione rilevando che la somma dei loro voti è superiore a quella della destra. È chiaro tuttavia che non vi è controprova, e che nessuno sarà mai in condizione di sapere quali sarebbero state le percentuali in caso di accordo elettorale tra le attuali opposizioni. La tesi di Ferrara è che la destra, pure divisissima, si è presentata unita alle elezioni nei collegi uninominali che sono quelli determinanti, mentre tutti gli altri, anch’essi divisi, hanno fatto prevalere una sorta di cupio dissolvi che li hanno portati al disastro.

C’è del vero, a mio giudizio. La legge elettorale è pessima, un ibrido di maggioritario e proporzionale senza preferenze, che finisce con l’essere uno strumento infernale distorsivo della volontà elettorale. In conseguenza di questo sistema il terzo dei seggi assegnato con l’uninominale è stato appannaggio, con rare eccezioni, della coalizione unitaria di centrodestra a scapito dei candidati espressi dagli altri partiti o dalla monca coalizione di centrosinistra. Sarebbe stato necessario arrivare a tutti i costi a candidati unitari? Sicuramente, per poter essere competitivi. Sarebbe stato possibile farlo? A mio giudizio, i 5S non sarebbero stati disponibili, e ne è stata prova clamorosa il comportamento mantenuto in Sicilia dove, dopo avere partecipato alle primarie per la scelta del candidato Presidente della Regione vinte dall’esponente PD e dopo avere dichiarato la fedeltà alla coalizione, hanno presentato un loro candidato solitario per la presidenza..

I “Grillozzi”, come li chiama Ferrara, dopo avere causato la fine del Governo Draghi, hanno scelto di provare a salvare il salvabile del loro movimento che era alla deriva, tornando all’isolamento delle origini. Pur avendo perso più di metà degli elettori del 2018, sono riusciti a ottenere una percentuale inattesa che li mantiene in gioco sebbene con un ruolo molto ridimensionato. Forse sarebbe stato necessario fare alleanze elettorali nei collegi e mantenere identità diverse al proporzionale.

Meglio ancora sarebbe stato fare per tempo una buona legge elettorale proporzionale, senza bisogno di ricorrere ad artifici strumentali.

Piangere sul latte versato non serve a nulla.

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