FABBISOGNO PER ESSERE LEADER
di Guido Di Massimo
La parola “duce” non va più di moda, bruciata da disgraziatissimi fatti storici e da un senso quasi di ridicolo che dopo quei fatti e quei tempi la parola suscita. Ora si usa la parola “leader” che ne ha sostituito in pieno il significato. E la voglia (o il bisogno) di leader sembra sia una costante.
Com’è costante seguire un leader e non un’idea o un principio. E questo vale innanzitutto in politica. Se poi si considera che in democrazia contano i voti e che i “leader” rimangono tali solo se hanno voti, nasce uno strano gioco nel quale il leader per avere voti tende ad interpretare e seguire volontà e tendenze dei seguaci, che a loro volta seguono il leader fin quando lui interpreta e segue loro. Un gioco nel quale quello che si affievolisce, in particolare con l’avvicinarsi di elezioni, è il senso della responsabilità.
Un leader politico cerca il potere e la sua responsabilità è duplice: verso la propria parte, perché a sostegno di ciò che propone viva e cresca, e verso il proprio Paese, perché si sviluppi e sia ben inserito nel contesto internazionale che gli è coerente e meglio lo corrobori. Ma se le due responsabilità confliggono cosa farà il leader politico? Dipende dalla persona, dalla sua levatura e dal suo personale senso di responsabilità.
Se serio e responsabile non insegue i propri seguaci, non si fa “comandare” dai sondaggi, e non dice, come fu detto in passato: “sono il loro capo quindi li seguo”. Se un leader ha idee e principi saldi, la capacità di guardare e vedere lontano, il coraggio del parlar chiaro e – innanzitutto – quello dell’impopolarità, solo allora si può sperare.
Se una società è capace di esprimere e sostenere persone simili significa che è in buona salute. In caso contrario c’è da preoccuparsi.