Il bis presidenziale

Il bis presidenziale

di Peppino Gullo

Il Parlamento ha confermato Sergio Mattarella Presidente della Repubblica con una maggioranza molto ampia. Si è arrivati alla conclusione che era stata da più parti adombrata e che sembrava essere esclusa con fermezza dello stesso Presidente uscente. Le prime due considerazioni che vengono alla mente con immediata evidenza sono l’assoluta mancanza di capacità di chi si era intestato il ruolo d’ispiratore dell’elezione e dei coprotagonisti di questa modesta commedia e, per converso, l’abilità del Presidente del Consiglio e del Presidente uscente e rientrato.

Non scriverò nulla riguardo al Senatore Salvini per non infierire su un corpo collassato. Un primato l’ha ottenuto: non ne ha fatta una giusta che fosse una! L’astro nascente della scena politica italiana, Giorgia Meloni, dopo avere creato nei suoi sostenitori l’illusione di avere il controllo della situazione con la votazione di Crosetto, ha perso la bussola forse ammaliata dall’eleganza della signora Casellati dalla quale sperava di avere qualche dritta su come vestirsi per esaltare al meglio la sua femminilità. Alla fine si è ritrovata fuori da tutti i giochi, isolata, priva di alleati e interlocutori.

Il Prof Conte, Peppinielo Appulo per usare il simpatico soprannome di Dagospia, ha confermato di non contare nulla all’interno del gruppone dei 5S ed è stato letteralmente maltrattato da Di Maio.

Appena si è esposto a sostenere apertamente la dott.ssa Belloni, è stato fulminato e smentito senza scampo. Vuoi vedere che Giggino ha imparato come si sta al tavolo da gioco?

Letta è disarmante e deludente. Come si fa ad andare in televisione e proporre una riunione ad oltranza di cinque o sei persone chiuse in una stanza a pane e acqua, col divieto di uscire fino alla soluzione del problema?

Un ex Presidente del Consiglio, parlamentare di lungo corso che esce ed entra a piacimento dalla Camera dei Deputati, nipote di cotanto zio, ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, richiamato dall’esilio dorato oltralpe per rianimare il PD, propone di fare un Direttorio con potere di vita e di morte per eleggere la prima carica dello Stato. C’è da non crederci!

Renzi è 100Km avanti rispetto agli omologhi. Nessun errore, nessuna sbavatura. Sette anni fa quando era lui il grande tessitore, in pochi giorni fece con successo quello che Salvini ha miseramente ciccato. Quando passerà l’onda di denigrazione nei suoi confronti si dovrà prendere atto che è una risorsa per la Repubblica.

Il Presidente del Consiglio è stato l’altro grande protagonista di questi giorni concitati. Non una parola, non un incontro ufficiale, una telefonata a Berlusconi per chiedere notizie della sua salute. Il giusto distacco e il silenzio di chi conosce le regole e le rispetta. L’accusa che gli è stata mossa è di essere toppo distante dalla massa dei parlamentari, di non essere facilmente contattabile da parte degli esponenti politici per le questioni, diciamo così, minori a differenza di altri papabili molto alla mano e facilmente raggiungibili. Verrebbe da ridere se non vi fosse dietro quest’affermazione una pratica antica di richiesta di sollecitazioni di affari non sempre trasparenti.

Draghi era il candidato naturale alla successione di Mattarella. L’unico uomo pubblico italiano con rapporti consolidati di stima e di fiducia con le Cancellerie europee in modo particolare e con le istituzioni, soprattutto monetarie, americane. Il solo in condizione di guidare il Paese nella fase delicatissima della gestione dei fondi europei con un’economia in ripresa e un debito mostruoso e crescente. Sono convinto che nel momento in cui ha accettato di fare il Presidente del Consiglio era ben consapevole di poter mettere a rischio l’ascesa al Quirinale. In un anno di Governo ha dimostrato che è possibile guidare il Paese con serietà, sobrietà, competenza e autorevolezza. Mi auguro che non venga chiamato a presiedere la Banca mondiale.

E ora? I contraccolpi saranno numerosi e forti. La Lega certamente avrà problemi interni rilevanti con la probabile crisi della guida di Salvini. L’asse Giorgetti-Governatori potrebbe saldarsi e portare novità. FdI dovrà necessariamente radicalizzare la sua posizione di opposizione in una fase molto difficile per le condizioni interne e internazionali. Il tempo che ci separa dalle elezioni politiche (oltre un anno) potrebbe logorarla e ridimensionarla. I 5S sono in caduta libera e saranno costretti a rivedere ulteriormente la loro politica e il modello di movimento che si erano dati. Una gran massa di elettori è in libera uscita, e sarà determinante, per l’esito elettorale del 2023, la capacità di intercettarne il consenso.

Il Pd, a mio avviso, dovrà celebrare sollecitamente un Congresso di rifondazione con regole e aperture nuove mentre sarà indispensabile che Renzi, Calenda e altri esponenti ragionino seriamente intorno alla formazione di un polo che copra l’aria del centro progressista. Molto dipenderà, ovviamente, dall’andamento della pandemia, dall’evoluzione della politica dell’Unione Europea, dal costo delle materie prime e dall’impatto sui processi di crescita economica, dagli sviluppi delle crisi internazionali, dai rapporti Cina-Usa, solo per citare alcune grandi questioni solo per titoli.

Quanto sta accadendo, tuttavia, ripropone il problema antico e mai seriamente affrontato, della necessità di adeguare l’impalcatura costituzionale dello Stato alla nuova realtà del Paese. Le uniche riforme che sono state fatte non solo non vanno nella direzione di un rinnovamento delle Istituzioni ma hanno aggravato una situazione già precaria. La riduzione dei parlamentari è una falsa riforma di cui adesso gli stessi artefici sono pentitissimi. E’ il bicameralismo che non funziona come è stato ampiamente e autorevolmente dimostrato. Quando si è messo mano a risolvere questo snodo, una grande maggioranza degli elettori ha risposto no, con tante Cassandre che gridavano al pericolo autoritario e al golpe istituzionale. Quando Craxi, 35 anni fa, lanciò il dibattito sulla grande riforma e sull’introduzione del presidenzialismo, fu accusato di volere sovvertire la democrazia e fu dipinto con gli stivaloni da gerarca del Regime.

Eppure, come ricorda il prof. Guzzetta, il problema dell’elezione del Presidente fu posto anche in sede di Assemblea Costituente da un costituzionalista cattolico, il prof Tosato, il quale riteneva che per rafforzare la figura presidenziale e sganciarla dai compromessi dei partiti, fosse opportuno, dopo la terza votazione del Parlamento in seduta comune, affidare la scelta al corpo elettorale. La decisione dei Costituenti fu diversa e probabilmente meno lungimirante della proposta Tosato. Ma il tempo per cambiare è già maturo da tempo ed il ritardo è il segnale della scarsa o nulla attenzione sui fondamentali temi dell’impalcatura costituzionale dello Stato.

Il risultato è quello che è sotto gli occhi di tutti noi e, sinceramente, non mi sembra esaltante.
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