IL DOPO BERLUSCONI, UN CAPITOLO APERTO, ANCORA TUTTO DA SCRIVERE

IL DOPO BERLUSCONI, UN CAPITOLO APERTO, ANCORA TUTTO DA SCRIVERE

di Giuseppe Gullo

Il dopo Berlusconi, dal punto di vista politico, è iniziato già da tempo. Le notizie sulle sue precarie condizioni di salute erano note e ben visibili nelle occasioni in cui presenziava a manifestazioni pubbliche, nonostante i comprensibili tentativi di mascherarle. D’altronde il cavaliere per tutta la sua vita politica e imprenditoriale aveva fatto dell’eterna giovinezza un mantra, un suo punto di forza e d’impatto mediatico. Con qualche rara eccezione, questo vale per tutti i potenti della terra. A memoria mia, solo Giovanni Paolo II ha voluto mostrare pubblicamente la sua malattia e la conseguente sofferenza come testimonianza di una missione e come trasmissione al mondo di un messaggio spirituale che resta scolpito nella memoria di tutti, cattolici e non. Il Cavaliere è stato l’esatto contrario. Un imprenditore di successo che amava la bella vita, le belle donne, le belle ville, le belle feste, le grandi squadre di calcio, e tutto ciò che poteva rappresentare e trasmettere all’esterno l’immagine dell’uomo vincente, sicuro di sé e delle sue idee, amico dei potenti della terra  a cui tutto è consentito e nessun obiettivo è precluso.
In politica, trent’anni fa, “un miracolo” l’ha fatto. Qualunque sia il giudizio che si voglia dare sulla sua attività di capo carismatico del movimento che ha avuto un ruolo decisivo nella politica italiana per almeno vent’anni, il risultato ottenuto nelle elezioni politiche del 1994 ha dell’incredibile. Berlusconi comprese di potere essere il punto di riferimento di quasi tutti coloro che solo due anni prima avevano votato DC,PSI,PRI,PLI e PSDI, e che non accettavano la “designazione” fatta dalla Procura di Milano di affidare il Governo del Paese alla “gioiosa macchina da guerra” postcomunista che avrebbe dovuto operare in nome e per conto del pool.
Questi avvenimenti formeranno oggetto di ricerca e di studio da parte degli storici e saranno oggetto di approfondimenti e di analisi accurate. Quello che, a mio avviso, è sbagliato affermare è che la discesa in campo e la vittoria elettorale di Berlusconi abbiano avuto un effetto deleterio sulle forze di derivazione socialista e socialdemocratica, come ha sostenuto il Prof. Cacciari. E’ vero il contrario. Il PCI dopo la svolta della Bolognina, febbraio 1991, e la sua trasformazione in Partito Democratico della Sinistra (PDS) mantenne un atteggiamento sostanzialmente ostile improntato a un’inesistente superiorità morale e ideologica nei confronti della socialdemocrazia e in particolare del PSI craxiano. Piuttosto che aprirsi, come sarebbe stato naturale, a un confronto libero e senza pregiudiziali verso la socialdemocrazia e le forze di ispirazione liberale – che storicamente avevano fatto le scelte giuste in tutta Europa e nel mondo rispetto al comunismo, che era stato sconfitto in modo definitivo e inappellabile – il PCI-PDS in modo arrogante e ottuso ha chiuso ogni spiraglio a qualunque dibattito revisionista, rivendicando un presunto primato che la Storia gli aveva negato e che gli Italiani con il voto non gli avevano mai riconosciuto.
Vale la pena ricordare che nelle politiche del 1992, quando lo tsunami giudiziario stava montando ma non era ancora stato scatenato, il PSI aveva avuto oltre il 13% dei voti e la DC oltre il 26% a fronte di poco più del 16% del PDS. IL PCI-PDS, al momento del crollo dei Partiti storici determinato essenzialmente dall’inchiesta di Milano, dimostrò di volere essere il beneficiario e nello stesso tempo il fiduciario di quella manovra sostanzialmente anti democratica, e non il partito capace di raccogliere e convogliare tutte le spinte progressiste presenti nel Paese. Il PDS di Occhetto, D’Alema e Veltroni ha avuto questo grandissimo limite che Berlusconi ha colto promettendo una rivoluzione liberale poi mai realizzata e sdoganando la destra post fascista che così acquistò ruolo e peso elettorale. Forza Italia nella sua prima versione rappresentò esattamente questo: l’approdo di tutti coloro che non potevano accettare un risultato pre-confezionato dall’ordine giudiziario e l’investitura di un partito dall’ego smisurato incapace perfino di fare autocritica davanti a scelte che la Storia aveva condannato, a milioni di morti innocenti, a brutali invasioni per soffocare la Democrazia, a disastri economici e sociali che non hanno l’eguale nella storia del mondo.
Tuttavia, è altrettanto vero che il Cavaliere non ha un erede politico. Non lo è certamente l’attuale Presidente del Consiglio, che ha una storia e una formazione tutta diversa vissuta all’interno delle formazioni post fasciste, non può esserlo Salvini, al quale manca tutto per essere un vero riferimento delle forze moderate e centriste. Avrebbe certamente potuto esserlo Renzi se la sciagurata scelta di legare il suo destino politico alla riforma costituzionale e all’esito del referendum non l’avesse azzoppato.
Si è ora aperto uno spazio politico che l’elezione di Schlein a Segretaria del PD ha aumentato. E’ un capitolo aperto, e ciò a prescindere dalla sopravvivenza fisica del politico più longevo del dopoguerra dopo Andreotti.

 

Fonte Foto: Wikimedia Commons – European People’s Party – Sorgente: https://www.flickr.com/photos/eppofficial/22194872598/

Commenta questo articolo

Wordpress (0)
Disqus ( )