
IL GOVERNO MELONI ALLE PRESE CON LE ELEZIONI REGIONALI
di Giuseppe Gullo
La quotidianità della politica è fatta di scadenze successive, anche ravvicinate, alle quali vengono attribuiti significato e valore che non hanno. È accaduto così per il voto per l’elezione del Presidente della Regione Marche. Non pochi commentatori ed esponenti dei Partiti di opposizione si erano spinti al punto di fare intendere che quel voto poteva rappresentare il segnale preciso di un’inversione di tendenza dell’elettorato che dal 2022 in poi sembra avere mantenuto un orientamento favorevole al centro destra e alla sua leader. La tendenza ad amplificare la portata e il significato dei vari appuntamenti elettorali corrisponde in realtà alla ricerca di argomenti e occasioni che possano in qualche modo colmare il vuoto di proposte che purtroppo è sempre più evidente. Se invece si ragiona in modo pacato e realistico si attribuisce a ogni fatto e a ogni scadenza il loro effettivo significato.
Il voto regionale, quello nelle Marche come quello in Calabria e gli altri che lo seguiranno nelle altre tre grandi regioni (Toscana, Campania e Puglia), ha un’importanza limitata e non inciderà sulla tenuta del Governo e sulla sua attività. Il test ha riguardato regioni piccole nelle quali l’elezione è fortemente influenzata dalla personalità e dall’operato dei candidati Presidenti e, nonostante alcuni maldestri tentativi di forzare gli argomenti della campagna elettorale, subisce solo marginalmente gli effetti dei grandi temi di politica internazionale e di alcuni argomenti scottanti di quella interna, come ad esempio le scelte fiscali o di contrasto all’immigrazione clandestina.
La conferma dei presidenti uscenti, nelle Marche di FdI, in Calabria di FI, è certo un punto a favore dell’attuale maggioranza ma se l’esito fosse stato diverso sarebbe cambiato ben poco. Sarà così anche per le elezioni regionali toscane, campane, e pugliesi, anche se, per ipotesi, i risultati dovessero essere diversi da quelli che i sondaggi preannunciano. Analoga riflessione può essere fatta per il voto in Calabria con una notazione in più. Il Presidente uscente e riconfermato con ampio margine si è dimesso un anno prima della scadenza della legislatura dopo avere ricevuto un avviso di garanzia per gravi reati. Occhiuto ha risposto in modo opposto a quello consueto in questi casi, dimissioni e ricandidatura, perché fosse l’elettorato a giudicare il suo operato. Non ricordo precedenti della stessa natura. Ha introdotto un fatto nuovo che potrebbe cambiare il rapporto tra eletto e magistratura inquirente. Fatte salve novità clamorose sul piano giudiziario difficilmente prevedibili.
Solo nel caso in cui il centro destra dovesse vincere in due o in alcuna delle regioni in atto governate dall’opposizione ci sarebbero novità rilevanti. In una simile eventualità, improbabile, potremmo assistere alla decisione della Premier di andare ad elezioni anticipate, magari subito dopo avere modificato la legge elettorale in senso proporzionale con uno sbarramento abbastanza contenuto. La Presidente del Consiglio, se il centrodestra riuscisse a prevalere in Toscana o in Campania, potrebbe prendere in seria considerazione, insieme ai suoi alleati, la possibilità di dimettersi e chiedere al Capo dello Stato di sciogliere il Parlamento per puntare a ottenere un mandato più ampio di quello del 2022 e procedere alla nomina di un Gabinetto di più alto profilo rispetto all’attuale.
Ovviamente ragioniamo di eventualità del tutto teoriche per la cui realizzazione concreta al momento non sembra che vi siano i presupposti essendo molto probabile che le tre Regioni in atto governate dal centro sinistra mantengano lo stesso orientamento anche nella prossima scadenza. Il fatto è che in due di queste Regioni, Campania e Puglia, gli uscenti non possono ricandidarsi e il loro peso e l’influenza sull’elettorato è notevole.
Il Presidente De Luca, oltre a capacità amministrative di alto livello che ha dimostrato di possedere sia come Sindaco di Salerno che come Presidente della Regione, è dotato di una grande qualità che nei tempi che viviamo è importantissima: buca il video. Lo fa con argomenti molto seri e ponderati, col ragionamento e una giusta dose di ironia e sincerità “studiata” con risultati apprezzabili e gradevoli. Molte sue posizioni anche su argomenti di politica internazionale e interna non strettamente inerenti alle funzioni ricoperte, sono fortemente attrattivi e dimostrano un buon senso e una capacità di analisi che sembra essere smarrita. Chiama le cose con il loro nome e solleva obiezioni e rilievi al partito al quale appartiene come sa fare un vecchio militante che non blandisce né cerca pacche sulle spalle. Solo in occasione della domanda sulla candidatura unica del figlio a Segretario regionale del PD, avvenuta in questi giorni a ridosso delle elezioni, invoca una separatezza di posizioni e di argomenti che non regge e che non si giustifica. L’elettorato che lo ha sostenuto in questi anni sarà disposto a votare un candidato che è il suo esatto opposto e di cui nessuno potrebbe in tutta sincerità dire di che pasta è fatto? E’ un salto nel buio sicuramente per quanto riguarda le capacità di amministrare di Fico, probabilmente anche per quelle politiche. Vedremo.
In Toscana l’uscente Giani gode del grande vantaggio della tradizione elettorale. Per quanto si presenti abbastanza anonimo come personaggio, è difficile immaginare che dalle urne vengano fuori novità clamorose. In Puglia abbiamo assistito, per dirla con De Luca, a una sceneggiata con richieste ad excludendum solo in parte accolte. Se Decaro dovesse vincere, la vera opposizione gliela farà Vendola che da Presidente della Regione non ha risolto nessuno dei problemi che ha messo in cantiere ma, a parole, questioni vere o immaginarie ne crea in quantità.
Se questo schema, che sembra già scritto, dovesse saltare, il campo largo che ha già una vita stentata e travagliata andrebbe in crisi definitiva e con ogni probabilità l’istinto politico della Presidente la indurrebbe ad aumentare la posta. Staremo a vedere abbastanza presto!
Ben aldilà di questo scenario immaginifico vi è la scadenza referendaria confermativa della riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario. Sarà un banco di prova di eccezionale importanza per varie ragioni. La prima riguarda il fatto che coinvolge l’intero corpo elettorale e ha quindi una valenza politica rilevantissima. La seconda attiene al merito del voto e cioè alla conferma o al rigetto di una riforma qualificante in un settore delicato come quello dell’esercizio della giurisdizione. La terza è relativa agli schieramenti che si preannunciano con la maggioranza e alcuni esponenti dell’opposizione impegnati a sostenere la riforma, mentre PD, 5stelle e Avs la osteggiano radicalmente in piena sintonia con l’Anm. L’esito del voto avrà conseguenze immediate e dirette sugli equilibri politici e sarà il vero test del gradimento del Governo. Nei prossimi mesi sarà questo il passaggio veramente importante prima della fine della legislatura.

