
NEBBIA SUL PONTE DI MESSINA*
di Pietro Di Muccio de Quattro
Il 6 agosto 2025, una data che sarà storica per buone o cattive ragioni, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS), sotto la presidenza della premier Meloni e con i membri permanenti (il ministro dell’Economia e delle Finanze, vicepresidente, degli Esteri, dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti, dell’Agricoltura, del Lavoro e dell’Ambiente) ha deliberato l’approvazione del Ponte sullo Stretto di Messina. La delibera, intitolata con involontaria ironia scaramantica “Collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”, appare un ginepraio di norme ed atti.
Il successivo 11 settembre (sembrerebbe), la delibera è stata trasmessa alla Corte dei Conti, Ufficio di Controllo sugli atti del Ministero dell’Economia, per il prescritto controllo preventivo di legittimità. Il 24 settembre l’Ufficio di Controllo ha definito e trasmesso al Governo le “Osservazioni” alla delibera del Cipess, richiamando il termine di legge di 20 giorni per la risposta, oltre il quale la Corte dei Conti può decidere allo stato degli atti, ferma restando la facoltà del Governo di ritirare il provvedimento in sede di autotutela. Le “Osservazioni” constano di gravi critiche formali e sostanziali a taluni capisaldi della delibera del Cipess. Il Governo dovrà rispondere e rintuzzarle entro la metà di ottobre. Staremo a vedere.
Intanto, alla luce (si fa per dire) delle carte, l’impresa infrastrutturale più impegnativa dello Stato italiano dopo l’Autostrada del Sole appare immersa in una nebbia di dati e cifre, di leggi e regolamenti, di provvedimenti e pareri, di concertazioni e decisioni che neppure un Ercole riuscirebbe a diradare. E se fosse un gigantesco pasticcio politico? La fitta nebbia potrebbe autorizzare a sospettarlo. Non parlo di fattibilità e resistenza del Ponte, sulle quali si accapigliano gli esperti di ogni specialità coinvolti, ma mi riferisco ai costi, ricavi, manutenzioni. Per tornare all’esempio dell’Autostrada del Sole, ma varrebbe pure per recentissime autostrade molto dispendiose con pochi utenti, il costo iniziale stimato risultò alla fine moltiplicato cento volte, benché nel periodo di realizzazione l’inflazione fosse stata pressoché zero. Erano gli anni in cui la lira vinceva l’Oscar della moneta più stabile.
Il Cipess assicura che il costo del Ponte è 13.532.000.000. Oggi. Nessuno però sa o può prevedere quanto costerà alla fine. Infatti, l’investimento è calcolato ai valori nominali, ma non quantifica gli aumenti derivanti dalla clausola di revisione dei prezzi in base al tasso d’inflazione, come previsto dalla Convenzione. Ogni investimento sconta di per sé l’aleatorietà, è vero. Ma l’imponenza di quest’opera moltiplica l’aleatorietà per un coefficiente che può renderla insopportabile. A tacere che il costo preventivato sembrerebbe calcolato sulla base di vecchi prezzi, quasi certamente già antieconomici. Del resto, è più che improbabile che il Cipess abbia potuto analizzare il rapporto costi/prezzi.
Quanto ai ricavi e alla manutenzione, le stime del Cipess sono proiettate addirittura nei decenni a venire, come se il lontano futuro non fosse sulle ginocchia di Giove. Comunque, sono già state confutate da Domenico Marino e Leonzio Rizzo nel documentato e argomentato articolo “Ma quanto costerà la manutenzione del ponte sullo Stretto?” (www.lavoce.info, 26 settembre 2025). Non una delle cifre alla base delle tariffe per calcolare gl’introiti dei pedaggi risulta fondata o soltanto ragionevole, come pure ottimistiche senza giustificazione sono le previsioni circa i costi di manutenzione del Ponte, anche parametrandoli con il Golden Gate di San Francisco, parecchio più corto. In sintesi, dal pregevole articolo possiamo ricavare una conclusione esplicativa in via di principio: le cifre “in favore” dell’opera sono gonfiate fino all’esagerazione; le cifre “a sfavore” dell’opera sono diminuite fino a minimizzarle. E ciò significa tra l’altro che, contro le apodittiche rassicurazioni del Cipess, il Ponte non si manterrà da sé (economicamente parlando!), ma dovrà sovvenirlo l’Erario, cioè i contribuenti nazionali.
La delibera, un rompicapo normativo-burocratico-amministrativo, assomiglia purtroppo alla succulenta mela magica di Biancaneve: in apparenza capace di esaudire il desiderio del Ponte, in realtà di rivelarsi avvelenata per la sua costruzione. E in effetti le “Osservazioni” dell’Ufficio di Controllo della Corte dei Conti non sono rilievi e censure che toccano aspetti accessori della delibera, bensì i cardini dell’atto, e sono tali da inficiarne addirittura la stessa legittimità, sia sotto l’aspetto procedurale, sia per quanto riguarda il progetto definitivo. L’Ufficio di Controllo ha richiesto chiarimenti, per l’appunto, sui costi, sui ricavi, sulla manutenzione, tra l’altro non essendo ricavabili dalla delibera né le valutazioni sulla reviviscenza del contratto originario né le verifiche del perdurante possesso dei requisiti di gara da parte del Contraente Generale. Valutazioni e verifiche le quali non dovrebbero rappresentare un mero punto formale al termine del procedimento, bensì i pregnanti doveri sostanziali a monte del suo corso e del provvedimento.
Politicamente parlando, sul Ponte sembra invece caduto un velo di reticenze che non fa presagire bene, mentre il progetto meriterebbe d’essere vagliato con acribia sott’ogni profilo sostanziale e ad ogni livello decisionale. Il presidente Meloni rischia di legare il suo nome ad un possibile fallimento, se non ingegneristico, finanziario, e di porre a carico dello Stato, cioè dei contribuenti nazionali, un indefinibile onere. Giorgia Meloni, che sarà ancora presidente del Consiglio nella prossima legislatura, anche perciò dovrebbe farsi sentire adesso. Nel suo stesso futuro interesse politico.
*Articolo e Foto tratti da “L’Opinione delle Libertà” del 10.10.2025

