IL M5S E LA CASTA, DAL DIRE AL FARE

IL M5S E LA CASTA, DAL DIRE AL FARE

di Giuseppe Gullo

La trasformazione nei comportamenti da parte dell’ex Presidente della Camera Fico è emblematica del modo d’essere dei 5S e della grande differenza tra le dichiarazione d’intenti e i fatti. Ricordiamo tutti il contenuto del discorso d’insediamento di Fico allorché ha solennemente promesso che da quel momento finivano i privilegi della casta e che la regola sarebbe stata sobrietà e risparmio. Abbiamo sicuramente presente il video diffuso da tutte le emittenti del Presidente della Camera dei Deputati, terza carica dello Stato, che si reca a Montecitorio con i mezzi pubblici per significare “niente auto blu, niente scorta niente di niente”.

Era abbastanza semplice prevedere che si trattava di un fuoco di paglia e che molto presto sarebbe accaduto che chi proclamava di volere cambiare tutto si sarebbe ben adattato alle comodità e anche alle necessità dei privilegi e dei benefit. La “casta” avrebbe avuto nuovi adepti e sarebbe stata rafforzata da chi diceva cose in piena libertà senza avere piena consapevolezza di quanto affermava. Ciò che sorprende quindi non è tanto questo, quanto i comportamenti assunti subito prima di lasciare la carica e subito dopo, nel momento in cui è divenuto non solo ex Presidente ma anche ex Deputato.

I fatti sono stati resi noti in modo dettagliato dai media. I Presidenti della Camera cessati dalle funzioni hanno diritto, per i dieci anni successivi, di avere un ufficio nel Palazzo di Montecitorio, una segreteria, macchina di servizio e autista, nonché tutto quanto è necessario per far funzionare e utilizzare la dotazione. Qualcuno, forse ingenuamente, pensava che una volta conclusa la sua esperienza l’ex Presidente non intendesse usufruire di questi benefici che hanno un elevato costo a carico del contribuente. Qualche flebile voce in questo senso si è alzata anche all’interno dei 5S, ma non solo non è stata ascoltata ma è stata la classica “vox clamans in deserto”, non ripresa né dall’Elevato né dal Capo Politico, in linea di principio custodi dell’ortodossia del movimento.

Questa tuttavia è poca cosa rispetto al vero e proprio capolavoro realizzato pochi giorni prima della conclusione della legislatura. Sembra incredibile ma è la verità: il bilancio della Camera, nonostante i 230 deputati in meno previsti dalla riforma costituzionale, è rimasto invariato ed è sempre vicino al miliardo di euro l’anno. Una persona comune di buon senso, leggendo una tale notizia, si chiede naturalmente come sia possibile un fatto all’apparenza assurdo. La risposta è contenuta in un articolo del Corriere del 18 Novembre u.s. ”Siccome non si poteva agire sul fondo per le «indennità dei parlamentari» — che infatti diminuisce dai 145 milioni del 2022 ai 93 milioni del 2024 — si usava l’escamotage dei «contributi ai gruppi» per foraggiare i partiti. Ecco la sorpresa. Quel budget nel Bilancio resta costante: i 30,8 milioni attribuiti per l’anno in corso si riprodurranno anche negli anni seguenti. Il conto è presto fatto. Se i gruppi nella legislatura con 630 seggi percepivano 49 mila euro l’anno per ogni deputato, con 400 seggi ne otterranno 77 mila a deputato. E la riduzione dei costi della politica? Nemmeno calcolando un tasso d’inflazione «argentina» si giustificherebbe un simile aumento”.

Questo è contenuto nel bilancio firmato dall’ex Presidente Fico che consente a tutti i gruppi, 5S compreso ovviamente, di avere 4 milioni di euro l’anno nonostante i numeri del gruppo parlamentare si siano ridotti drasticamente sia per la ridotta percentuale conseguita sia per la riduzione dei parlamentari. Continua il Corriere: ”Un tempo i grillini lo avrebbero denunciato, scagliandosi contro i partiti «brutti sporchi e cattivi». Stavolta invece hanno partecipato all’impresa, grati al loro compagno di Movimento che nel frattempo ha traslocato negli splendidi uffici posti sull’altana di Montecitorio. La dotazione per il gruppo M5S — attualmente composto da 52 deputati — varrà di qui in avanti 4 milioni l’anno, da utilizzare per spese di «personale» e «comunicazione»”.

Sotto la prima voce di bilancio verranno ascritti — per esempio — i contratti di Crimi e Taverna, rimasti esclusi dalle liste e compensati con un quinquennale da tremila euro netti al mese come «collaboratori dei gruppi parlamentari». La seconda voce potrebbe venir utile anche per onorare l’accordo commerciale con Grillo, che percepisce dal Movimento trecentomila euro per pubblicare sul suo blog gli «interventi di spicco» dei dirigenti a cinque stelle.

Con buona pace dei venti dipendenti del gruppo appena mandati a casa, la firma di Fico sul Bilancio della Camera consentirà a una parte dei fedelissimi contiani di restare nella «scatoletta di tonno». In fondo, bisognava risarcirli dopo l’incidente di percorso: l’approvazione della riforma che ha tagliato i parlamentari, infatti, non era stata messa in preventivo dai vertici di M5S. Lo si capì dal modo in cui il sottosegretario Fraccaro commentò allora l’avvenimento: «Chi poteva immaginare che il Pd l’avrebbe fatta passare?».

L’ingegnoso meccanismo contabile firmato da Fico è l’eredità che raccoglie oggi il nuovo inquilino di Montecitorio, Fontana. Insieme ad altri problemi. Il suo predecessore — quando s’insediò — aveva dichiarato di mirare a tre obiettivi. «Restituire centralità al Parlamento» (che è stato imbavagliato con il record di decreti legge e voti di fiducia). «Riscrivere i regolamenti della Camera» (ma l’ha fatto solo il Senato). E «tagliare i costi della politica» (omissis).

Chissà se Conte vorrà ristabilire la «diversità» grillina, chiedendo per il prossimo Bilancio di abbassare i contributi ai gruppi..?. E tutto questo in nome della diversità e della lotta ai privilegi.

Sic transit gloria mundi.

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