Il match Storari-Davigo: uno a zero

Il match Storari-Davigo: uno a zero

di Peppino Gullo

Il GUP del Tribunale di Brescia ha assolto il PM di Milano Storari dal reato di rivelazione di segreto d’Ufficio per avere consegnato al dott. Davigo, all’epoca dei fatti componente del CSM, i verbali secretati degli interrogatori dell’avv. Amara. Nel darne notizia, il redattore aggiungeva che, secondo voci attendibili, la Procura, che aveva chiesto la condanna a sei mesi dell’imputato, e la parte civile, il Dr Ardita, non intenderebbero proporre appello consentendo la formazione del giudicato.

La notizia, riportata dalla stampa con scarsissimo rilievo, è passata quasi sotto silenzio per varie concomitanti ragioni. La prima, ovviamente, è che tutta l’attenzione e’ concentrata sulla guerra che la Russia ha scatenato contro l’Ucraina con le tragiche conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti, e che purtroppo aumentano senza fare intravedere concrete possibilità di tregua. Come è giusto che sia, oltre la metà dell’informazione e’ riservata al dramma del popolo ucraino e del mondo intero. La seconda è, a mio avviso, di natura psicologica, nel senso che di fronte al dramma della guerra, dei morti e delle distruzioni, le faide dentro la Magistratura e tutto ciò che ne è conseguito, assumono dimensioni e importanza ben diverse rispetto a qualche settimana fa. Anche chi scrive, nel suo piccolo, prova una certa ritrosia e disagio a farlo, e si chiede se ha senso discutere di questioni tutto sommato piccole rispetto al deflagrare di un conflitto nel cuore dell’Europa che può fare bruciare tutto il Pianeta. La terza, penso, è il tentativo ,che mi sembra in atto in modo abbastanza evidente, di mettere un punto non per cancellare o modificare il sistema del passato, ma per ricominciare allo stesso modo dopo avere fatto scorrere la piena.

Ho pensato poi che è senz’altro vero che i soprusi, le persecuzioni giudiziarie, i teoremi senza prove – e quindi, gli anni di sofferenze e di stress per avere una sentenza,  i figli che ti guardano e pensano ti vogliamo bene ma …., le conseguenze fisiche e psicologiche di chi è in un tunnel e non vede la luce, che riguardano migliaia e migliaia di persone vittime di una violenza che non è portata dalle armi, dalla bombe e dai carri armati, ma da atti passati anzi tempo ai giornali e alle TV,  di condanne pronunciate sui media, di dignità vilipese, di arroganza e presunzione – forse, nella maggioranza dei casi, non portano alla morte, ma lasciano ferite che sanguinano per lustri e talvolta non si rimarginano mai.

Un mio caro amico che ha fatto per tutta la vita il penalista mi ha raccontato che molti anni prima, in piena sindrome da “tangentopoli”, aveva assistito un pubblico amministratore che era stato arrestato, insieme ad altre persone, con l’accusa di avere pilotato dei concorsi per favorire persone che, secondo l’accusa, non avevano i requisiti per vincerli. Ovviamente notizie e foto sulle prime pagine, dimissioni e/o sospensione dalle funzioni, i soliti noti che pontificavano sulla mortificazione del merito, famiglie sconvolte e nel panico, consigli più o meno interessati di ” allontanarsi” per fare calmare le acque, e psico dramma con copione già noto. L’imputato si sentiva come Josef K. protagonista del Processo di Kafka, non sapeva e non riusciva ad immaginare di cosa fosse accusato, viveva in una dimensione surreale nella quale il tempo sembrava essere sospeso.

Prima dell’interrogatorio di garanzia del suo assistito , il mio amico, diligentemente, chiese il fascicolo per avere contezza della consistenza delle prove sulle quali si basava l’accusa. Vide solo il ritaglio di un giornale locale che pubblicava un’inchiesta su una presunta concorsopoli, nient’altro. Nessuna prova, nessun riscontro, solo “si dice, sembrerebbe che” e simili. Fu privato della libertà per due settimane. A distanza di anni tutti gli imputati furono prosciolti e risarciti dallo Stato per l’ingiusta detenzione. Il PM che chiese e ottenne i provvedimenti cautelari fu processato e condannato per gravi reati connessi alla funzione esercitata. L’editore del giornale che pubblicò le notizie che diedero origine all’inchiesta e che cessò le pubblicazioni pochi anni dopo, è stato condannato a 12 anni per bancarotta fraudolenta per essersi appropriato di somme erogate da enti pubblici alla testata di cui era editore.  Mi riferì anche altri episodi che videro protagonista la Procura di Messina in quegli anni e che qui non vale la pena ricordare.

Ho concluso che sarebbe stato opportuno che ognuno si occupi delle questioni che ritiene di conoscere per dare un contributo a migliorare uno stato di fatto lesivo dei diritti dei cittadini, qual è quello della Giustizia nel nostro Paese oggi .

Storari è stato assolto con il rito abbreviato. Chi è garantista sul serio non può che essere compiaciuto per l’esito del giudizio. La vicenda è nota. Il sostituto della Procura di Milano, insieme all’aggiunto Pedio, ha raccolto verso la fine del 2019 le deposizioni dell’avv. Amara nelle quali, tra l’altro, il legale siracusano, testimone dell’accusa nel processo Eni-Nigeria, faceva riferimento all’esistenza di una super Loggia segretissima denominata Ungheria alla quale partecipavano una quarantina di alti magistrati, generali, dirigenti di Ministeri e enti pubblici, imprenditori, grandi professionisti, in grado di pilotare le nomine di competenza del CSM, dei vertici dei servizi segreti e delle forze armate e l’assegnazione di appalti.

I fatti riferiti apparvero così esplosivi che i verbali furono secretati e i titolari del fascicolo riferirono al Procuratore capo. Storari rilevò “un atteggiamento dilatorio” da parte del Procuratore che attribuì alla volontà di non screditare il teste Amara che, nell’inchiesta della maxi tangente ENI, rappresentava uno dei testi di accusa più importanti. Scrisse allora al suo capo per sollecitare l’iscrizione nel registro degli indagati di Amara e di altri in modo da compiere atti investigativi ritenuti urgenti e necessari, ma non ricevette risposta. A questo punto, nell’aprile 2020, invece di investire della questione gli organi sovraordinati, chiese un appuntamento al dott. Davigo, membro in carica del CSM, ex PM della stessa procura fin dai tempi dell’inchiesta Mani pulite, per avere un consiglio in merito all’inerzia del Procuratore capo. Secondo la versione di Storari, il dott. Davigo lo tranquillizzò dicendogli che si sarebbe occupato del caso e gli chiese copia dei verbali precisando che a lui, in quanto componente del CSM, il segreto istruttorio non era opponibile. Storari consegnò allora a Davigo i verbali in copia non firmata ma completa. Da qui la contestazione della violazione del segreto d’ufficio che la sentenza del GUP di Brescia ha ritenuto insussistente.

Bisogna compiacersi per la rapidità con la quale il Tribunale di Brescia è giunto alla sentenza di primo grado, seppure con il rito abbreviato. Ho cercato qualche precedente di analoga rapidità senza trovarne, certo per mia incapacità di ricercatore. Fatto si è che in pochi mesi vi è stata la sentenza. E mi viene naturale osservare, non conoscendo le motivazioni della sentenza, che la versione di Storari è stata accolta integralmente e poiché i fatti nella loro storicità non sono contestati, è stata ritenuta certa la buonafede dell’imputato.

Si chiude così, almeno per il momento ,  il primo dei tre processi nati dal caso Ungheria. Il 20 Aprile inizierà il dibattimento del processo contro Davigo, mentre quello per la presunta diffamazione che vede imputato l’ex procuratore Greco non è ancora fissato. Qualcuno sostiene che l’assoluzione di Storari sia il segnale della prevalenza della linea secondo la quale tutti hanno detto la verità e nessuno ha violato norme penali.

Potrebbe essere sebbene alcuni fatti siano talmente confliggenti tra loro da far pensare che è difficile conciliare il diavolo e l’acqua santa. Ma siamo pronti a non stupirci di nulla. Per adesso il risultato è sull’uno a zero e il gioco ricomincia.

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    Salvatore Carrara 2 anni

    Analisi perfetta ed equilibrata degli eventi e dei risvolti giudiziari. Troppo spesso il “mostro” viene sbattuto in prima pagina senza accertarne la veridicità delle accuse.

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