La sicurezza sullo Stretto di Messina

La sicurezza sullo Stretto di Messina

di Giovanni Mollica, Responsabile per il Nuovo Meridionalismo di Democrazia Liberale

L’essenza del liberalismo ha radici molto più antiche della parola che lo definisce. Per questa ragione, senza risalire al dramma di Antigone o all’insolenza delle Autorità, di cui parla Amleto, addolora e preoccupa constatare che l’arroganza di chi rappresenta il potere è più viva che mai e si manifesta anche in persone che dovrebbero essere al di sopra di ogni sospetto.  

Nell’Aprile 2021, centoquattro cittadini inviarono al rappresentante legale di Rfi, al Ministro dei Trasporti Giovannini, al Comandante della Capitaneria di Porto di Messina e ad altre Autorità un articolato documento nel quale esponevano le loro gravi e motivate perplessità sul rispetto delle norme di sicurezza in mare durante il traghettamento dei convogli ferroviari sullo Stretto di Messina.
Sia in relazione alla Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita in mare (SOLAS) che in base alla modalità nella quale analoghi servizi erano effettuati in altre parti d’Europa.

A distanza di quasi un anno, nessuno dei destinatari della nota ha risposto.
Ciò ha reso inevitabile la trasmissione del quesito alla Magistratura (Agosto 2021), nella speranza di un migliore risultato.
Oggi, a distanza di ulteriori 6 mesi, non trapela nessuna rassicurazione e le preoccupazioni aumentano a causa della morte di undici autisti sorpresi nel sonno all’interno delle cabine dei loro camion dall’incendio scoppiato a bordo del traghetto che li portava da Igoumenitsa a Brindisi.

Silenzio assoluto, come se fosse un’invenzione dei firmatari dell’esposto che, tutte le notti, i passeggeri dei Treni Notte permangono per oltre un’ora nelle cuccette e nei WL, all’interno di carrozze ferroviarie dalle quali è arduo scendere, poste a poche decine di centimetri le une dalle altre, nella pancia di navi vecchie di decenni. Centinaia di uomini, donne e bambini che, in base alle normative internazionali vigenti, in caso di pericolo dovrebbero essere in grado di compiere rapidamente un “percorso di sfuggita privo di ostacoli” fino ai punti di raccolta sui ponti superiori. Attraverso strette e ripide scale.

Senza entrare nella fattispecie tecnica e giuridica del problema – per altro, basta leggere il documento in oggetto per rendersi conto della fondatezza dei timori espressi -, Democrazia liberale, in coerenza con i valori che rappresenta, si chiede come possano le istituzioni preposte alla sicurezza del traghettamento evitare di rispondere. Fosse solo per rassicurare i cittadini dell’inesistenza di pericoli.

Definirsi “liberali” non significa solo rivendicare un individualismo ontologico ma anche pretendere il rispetto di una dignità personale che chiede risposte tempestive ed esaurienti da uno Stato che ha il dovere di far applicare le leggi vigenti.

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