IL NUOVO MANIFESTO DEL PD

IL NUOVO MANIFESTO DEL PD

di Giuseppe Buttà

All’indomani dell’approvazione del nuovo manifesto dei valori del PD, il titolo del quotidiano ‘Il Manifesto’ mi è sembrato un irridente malaugurio: “Il PD prova a correggere 15 anni di errori.‘ La Repubblica’ però è stata più lugubre: «L’assemblea del PD di ieri, più che un momento per rilanciare un partito in crisi, è stato un funerale».
Si potrebbe aggiungere che il ‘mourner’ ufficiale, la prefica, Enrico Letta, oltre che come al solito noioso, è stato pure un seppellitore cinico: ha ripetuto l’avvertenza che aveva fatto all’inizio del suo infelice mandato di Segretario: «Non serve un nuovo segretario, serve un nuovo partito».
Quando poi ha aggiunto “Esco più innamorato di quando ho cominciato“, Letta ha raggiunto il colmo della necrofilia. Ma come, parli di qualcosa che non c’è più e dici che ne sei più innamorato di prima. Innamorato di cosa?
Ah, sì: innamorato di quel che resta del potere acquistato dal PD, erede di PCI e sinistra democristiana, in questi anni di sua lenta e dannifica penetrazione del sistema Italia.
Comunque, bisogna ammettere che Letta, come predicatore, vale molto più che come segretario. Egli ha chiuso il suo discorso con una parabola: “Viviamola e vivetela con tanta autenticità questa fase. E siccome sono in vena di citazioni evangeliche oggi, voglio terminare con una canzone che mi è venuta in mente proprio in questa giornata molto bella … È l’episodio delle tre tende, della trasfigurazione sull’alto monte. Lì si trovano i discepoli con Gesù, Elia e Mosè, ed è bellissimo il momento che vivono insieme. E si dicono: “ma facciamo tre tende, restiamo qui, fermiamoci qui perché è bellissimo stare insieme a Gesù, Elia e Mosè”. E invece il canto di chiesa termina con l’invocazione. Dice: “no, andiamo nella valle, non stiamo qui noi da soli a godere di questa bellezza”, Voglio terminare con questo invito: andiamo nella valle, parliamo con le persone, viviamo con le persone, non stiamo lì fermi e trasfigurati. Viviamo il tempo che ci è dato con la voglia e la forza di stare dentro questa dinamica. Vorrei che uscissimo da questa giornata forti del nostro orgoglio ritrovato. Oggi è finito l’inverno, comincia la primavera“.
E ha benedetto i candidati alla segreteria del partito con queste alate parole: «il futuro del partito dipende dalla vostra capacità di costruire linguaggi che vi consentano di essere diversi ma di capirvi nei momenti essenziali».
In sostanza, Letta non ci ha deluso, ha ripetuto instancabilmente la sua litania senza dirci nulla di sostanziale su questo nuovo e glorioso ‘manifesto’ che pure aveva provveduto a modificare fino all’ultimo per fare ponti d’oro con un ‘compromesso’ sottoscritto con il ‘capo’ degli ‘articolisti’ ri-entrati, Speranza, che ha dettato le sue condizioni come se non fossero passati 10 anni da quando uscì dal PD con gli altri ‘articolisti’.
Il fatto e il concetto di ‘compromesso’ non ci turbano. La politica, lo sappiamo, è compromesso; ciò che ci interroga è invece il fatto che, per fare rientrare gli ‘articolisti’, si sia dovuto fare un ‘compromesso’ sui ‘valori’ e sui ‘principi’: siamo dunque all’annuncio dell’arrivo di nuove tempeste ideologico-correntizie? Insomma, pare che si siano riaperti i giochi e i balletti delle correnti e che gli ex comunisti del PD stiano per lanciare un’OPA sul partito.
Pare infatti che questo improvviso rientro degli ‘articolisti’ altro non sia che una copiosa importazione di voti in favore della Schlein nel tentativo di riprendersi il partito, o per condizionare Bonaccini se questi vincesse; e ciò la dice lunga sull’alta concezione delle ‘regole’ democratiche che si ha nel PD: il corpo elettorale in qualsivoglia sistema democratico non può essere modificato nell’immediatezza delle elezioni.
Rispetto alla bozza circolata dopo l’ultima riunione del Comitato degli 85 saggi, qualche novità c’è, introdotta dal duo Letta-Speranza, ‘saggi fuori sacco’. Il compromesso riguarda il cosiddetto “cambio di paradigma”, che ora coinvolge tutto il campo economico e sociale e non più soltanto quello della transizione ecologica. Nel capitolo economico, viene aggiunto una sottolineatura sulle imprese, “patrimonio essenziale del Paese”, e sull’agricoltura: forse gli 85 saggi si erano dimenticati di pensare al campo economico e sociale?
Il PD sarà pure lungimirante e vorrà «promuovere politiche strutturali e lungimiranti di governo solidale del fenomeno migratorio», il che, tradotto, significa soldi alle ONG.
Quindi, facendo una concorrenza tardiva a Mirko Tremaglia, si annuncia che il partito vuole «valorizzare il ruolo di milioni di italiane e italiani che vivono all’estero – e i milioni di italo-discendenti – che rappresentano una rete di competenze, esperienze, contatti e credibilità a disposizione del rilancio e della crescita del nostro Paese. Per farlo intendiamo coinvolgere pienamente le italiane e gli italiani globali nelle scelte politiche nazionali ed europee, riconoscendo così il loro ruolo di 21° regione d’Italia».
Forse sii autogoverneranno, per esempio, negli Stati Uniti?
Non vorremmo insistere molto su questo punto per non apparire ‘pregiudicati’ rispetto al PD ma il testo del Manifesto ci obbliga a farlo. Infatti, un altro punto che ci ha colpito, un punto che sembra l’amo di una lenza lanciata per agganciare qualche voto in più, è quello che parla delle ‘aperture’ che il partito rinnovato intende fare: «Nel complesso sistema di relazioni odierno, vogliamo batterci per costruire una forte capacità europea di gestione dell’interdipendenza in grado di offrire risposte adeguate ai cittadini, tutelando la loro sicurezza e garantendo l’integrità dei nostri valori chiave. Serve apertura dove possibile, ma abbiamo imparato che serve anche controllo e autonomia quando necessario. Le politiche di apertura internazionale devono essere accompagnate da politiche domestiche in grado di governare gli effetti del processo d’integrazione economica globale, proteggendo i sistemi di welfare e i mercati del lavoro nazionali e tutelando così persone e imprese».
Sembra di sentir parlare Tremonti se non i ‘sovranisti’.
In politica estera, accanto alla collocazione atlantica, compare l’obiettivo della difesa comune in Ue: dobbiamo ammettere che, quanto a fantasia e ‘belle parole’, gli 87 saggi del PD non difettano. Naturalmente il PD non potrà essere se non ‘ondeggiante tra atlantismo e multilateralismo’: «Per evitare lo scontro tra grandi potenze dobbiamo impegnarci a costruire un sistema multilaterale profondamente rinnovato, che abbia inclusione e pragmatismo tra i suoi punti cardinali. Vogliamo creare le condizioni per una società internazionale realmente inclusiva, capace di far coesistere le diversità, con particolare riferimento alle potenze emergenti del Sud globale … per rilanciare il multilateralismo, crediamo sia fondamentale superare la logica della deterrenza nell’arena globale e perseguire con determinazione il valore della pace, anche spingendo per stringere accordi internazionali sempre più ambiziosi sul controllo delle armi atomiche, lungo il cammino che porta a un graduale e definitivo disarmo nucleare».
Sui diritti, le modifiche sono più profonde: 1) difesa usque ad sanguinem della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, «riconoscimento dei diritti delle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+» e introduzione di una «normativa nel campo del fine vita, per garantire certezze e dignità a tutte le persone che si trovano in condizioni di sofferenza intollerabile». Poi, il paragrafo sull’uguaglianza di genere si apre con una frase che mancava nella bozza: «Siamo e saremo un partito femminista» – ma continua con toccante ardimento: «Il cuore della nostra identità è la lotta contro tutte le forme di disuguaglianza: economiche, sociali, di genere, territoriali, generazionali … Riconoscere l’esistenza delle disuguaglianze non è però sufficiente … Bisogna dunque non solo porsi nell’ottica redistributiva, ma agire con efficacia laddove le disuguaglianze si formano e si cristallizzano». Ecco uno dei tanti errori commessi dal PD in tutti questi anni: non averci pensato prima, quando era al governo.
Nel capitolo finale, su Costituzione e democrazia, viene esplicitato il secco NO al presidenzialismo: «contrastare la tendenza in corso a risolvere tramite formule di accentramento dei poteri la crisi del nostro sistema politico»; poi un ultimo aggiornamento sull’altra riforma in corso: autonomia sì, ma attraverso «un regionalismo cooperativo e solidale, evitando soluzioni che spingono ad ampliare i divari fra territori». Infine, per guardare al futuro, ma non disdegnando il passato: la costruzione di «un grande partito di popolo».
Ma forse volevano dire ‘populista’, visto che molti del PD guardano con reverenziale timore al Conte di Volturara Appula.
Letta ha poi concluso con versi ispirati: «Oggi abbiamo capito, tutti noi, quanto sia fondamentale fra di noi sapere che la chiarezza e la solidità di ciò che facciamo fra di noi rende possibile un racconto esterno efficace … Vorrei che oggi fosse il 21 marzo, il primo giorno di primavera del nuovo Pd. Vorrei che con questo primo giorno cominciasse una nuova stagione, che mettessimo dietro le spalle questo inverno e autunno faticosi. Il dibattito e i contenuti del manifesto, gli interventi dei 4 candidati ci hanno raccontato che abbiamo tante carte da giocare. Facciamolo, lo dico ai candidati: fate appassionare il paese. Nessun altro partito oggi ha da spendere la carta che abbiamo noi, fa appassionare il Paese al dibattito fra 4 idee che si stimano».
Non c’è nulla da dire: il dibattito tra i quattro candidati alla segreteria – Bonaccini, Schlein, De Micheli, Cuperlo – è stato fin qui veramente appassionante, ci hanno molto istruito sulle ‘regole’, anche inventandosele all’ultimo minuto, per esempio quelle sul voto on line. E poi, che bella espressione ha trovato Letta per definire questo manifesto di rifondazione del PD, per la cui elaborazione ben 85 ‘saggi’ + Speranza si sono spremuti le meningi: una ‘CARTA da SPENDERE’.
Come quella del ‘reddito di cittadinanza’?
Insomma, a essere buoni, potremmo dire che la maggior parte del ‘rinnovamento’ perseguito dal PD sia un ‘maquillage’ eseguito con una cipria un pò ‘fratelliana’, un pò ‘stellare’ e un po’ ‘aria fritta’

Commenta questo articolo

Wordpress (0)
Disqus ( )