Il PNRR deve ridurre le differenze tra nord e sud, non aumentarle

Il PNRR deve ridurre le differenze tra nord e sud, non aumentarle

di Giovanni Mollica

Dire che il compito del Dicastero per il Sud sia ridurre le differenze esistenti tra il Mezzogiorno e il resto d’Italia può sembrare scontato ma conduce inesorabilmente ad alcune amare conclusioni. La prima è che l’operato dei tanti ministri che hanno svolto quel difficile incarico è stato, a dir poco, fallimentare (vedi grafico tratto da “lavoce.info” del 22 marzo 2022). Con il paradossale corollario che l’unico periodo nel quale tale differenza non è cresciuta – anzi, è lievemente diminuita – è stato tra il 2008 e il 2010, proprio quando quel Ministero era stato … soppresso.

Lungi dalle polemiche, nel governo Draghi è l’on. Carfagna a occupare il ruolo di Ministro per il Sud e la Coesione territoriale – due funzioni inscindibili – e Democrazia liberale, conoscendo la meticolosità con la quale la parlamentare salernitana affronta i suoi incarichi, ripone molte speranze nel suo operato. Senza però dimenticare che saranno i risultati ottenuti a contare, e non l’appartenenza a uno o l’altro schieramento.

A costo di essere ripetitivi, insistiamo col premettere che alla base delle numerose singole iniziative c’è una domanda: quale deve essere il ruolo del Mezzogiorno nel panorama euro mediterraneo? Dalla risposta trae origina la coerenza di un progetto lungo e complesso come quello del Next Generation Plan EU. Purtroppo, nessun governo italiano ha mai dato una risposta chiara – l’unico che ha abbozzato una linea d’azione è stato Renzi, ma si è perso per strada – preferendo gestire in modo estemporaneo, disorganico e parcellizzato una quotidianità fatta più di assistenzialismo che di interventi strutturali.

Proprio in ragione di questo incredibile vuoto d’idee, Democrazia liberale non si limita a chiedere al Ministro risposte – pur subordinate a una dialettica politica che non può ignorare le peculiarità e i pregiudizi connaturati nel DNA di alcuni partiti – ma si spinge oltre, nella convinzione che il tanto agognato sviluppo non debba essere fine a se stesso, ma diventare strumento di coesione.

Come predicavano, inascoltati, Giustino Fortunato e Francesco De Sanctis a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, e come ripete, oggi, l’Europa: “Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione, l’Ue rafforza la sua coesione economica, sociale e territoriale. In particolare l’Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle sue varie regioni … un’attenzione speciale è rivolta … alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali e demografici”. (cfr. Note Tematiche sull’Unione europea – Coesione economica, sociale e territoriale).Non “sembra” scritto per il Meridione d’Italia “è” scritto soprattutto per esso. Non a caso è stato messo a disposizione del nostro Paese un importo molto più elevato di quello proposto agli altri, ma se non verrà utilizzato in modo sistemico sarà l’ennesima occasione perduta.

Al di là delle dotte dissertazioni, la strada è una sola: realizzare al più presto l’intelaiatura logistico-trasportistica che è alla base di sviluppo e coesione. Completare immediatamente quel Corridoio scandinavo-mediterraneo, rinviato anno dopo anno in uno stucchevole, autolesionista e penoso gioco d’interpretazioni strumentali – il ponte sullo Stretto è incluso o no? Un’AV/AC farlocca va bene lo stesso? Poiché non può essere completato entro il 2026 lo rinviamolo a .. mai ? – a cui i vari governi si sono prestati in obbedienza alle lobby responsabili dell’attuale stato del Paese e all’attuazione di una politica economica fondata sul “trickle-down” (lo sgocciolamento dall’alto verso il basso) ormai da tempo abbandonata in tutto il mondo.
Spiace constatare che anche Draghi si sia lasciato condizionare da consiglieri che gli impongono una fallimentare continuità con i premier precedenti.

Il Liberalismo che caratterizza, anche nel nome, il nostro partito non significa affatto rifiuto di riesaminare costantemente le scelte da compiere. Cambia il mondo, cambia l’Italia e Democrazia liberale, pragmaticamente, si adegua ai tempi mantenendo fede ai propri valori e chiede al Ministro Carfagna di opporsi con tutte le sue forze all’incontenibile voracità (Keynes) che porta le élite del Paese a pretendere lo storno a loro favore di quote crescenti del PNRR destinate agli enti locali meridionali. Non è una condivisione del tanto deriso “vittimismo meridionale” ma l’affermazione di una cultura che ha la coesione tra i suoi valori fondanti e che non ritroviamo nelle scelte di questo governo.

Un esempio per tutti: i contributi pubblici agli asili nido – tema che si ripercuote sul calo delle nascite, sull’occupazione femminile, sui redditi, sull’emigrazione e tanto altro – nell’attribuzione dei quali è stato adottato un meccanismo che può venire soltanto da una solida ipocrisia o da un’impunita protervia. Le quote non sono fissate in base all’attuale numero di bambini che vivono nel Meridione (450 mila) – o, meglio ancora, in ragione di un riequilibrio da perseguire – bensì alla situazione che si determinerebbe nel 2035 qualora il PNRR fallisse i suoi obiettivi (399 mila). Dalla revisione il Sud perde un ulteriore 10% delle risorse destinategli dall’Ue, come denuncia Marco Esposito in un video https://www.facebook.com/marco.esposito.94/videos/4377131519059443
Al di là dell’importo – per altro, molto rilevante – è la filosofia che ne traspare a dimostrare che nulla è cambiato nel modo in cui gli apparati ministeriali (e lo stesso Governo?) interpretano la loro missione. Cosa ne dice il Ministro Carfagna?

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