La borsa o la vita? A quale conviene rinunciare?

La borsa o la vita? A quale conviene rinunciare?

di Roberto Tumbarello

Parlamento è un termine strano per un’istituzione che rappresenta il popolo sovrano. Infatti – come ci fece scoprire il celebre umorista francese Pierre Desproges – è la composizione di due termini: parlare e mentire. Di entrambi i concetti si abusa. Si parla troppo, spesso a vanvera, ed è raro che un politico dica la verità, seppure la menzogna sia il reato più grave perché si raggirano i cittadini. Chissà se è per questo che gli elettori diffidano dei partiti e non si recano più alle urne. Però, fanno male e non se ne rendono conto. Solo col voto si può mandare a casa chi non ci piace e anche chi inquina la politica. Invece, gli elettori che rinunciano al diritto di voto credono stupidamente che i politici si mortifichino per questo disprezzo. Al contrario, complici ignoranza e disonestà, ci sguazzano. Ecco perché nessuno fa nulla per riconquistare la fiducia della gente. Per ora ne gode solo Meloni, che, pur governando col consenso di appena un quarto della popolazione – meno della metà di chi vota – continua ad avere successo in tutte le consultazioni di cui è disseminata la vita degli italiani. È vero che il voto è garanzia di democrazia, Ma da noi si vota continuamente, e il troppo – si sa – stroppia. Sembriamo maniaci che senza votare ogni tre o quattro mesi andiamo in crisi di astinenza. È la campagna elettorale a eccitarci e vorremmo che non finisse mai. Perché è un momento in cui si polemizza con gli avversari ma anche con gli alleati e persino tra chi la pensa allo stesso modo. Poi non si va a votare, facendo un dispetto a noi stessi e alle proprie famiglie. Che idioti.
Non c’è un sistema migliore, se non i partiti e le elezioni, per gestire le nostre vite in democrazia. Se non votiamo, non possiamo migliorare né cambiare ciò che non ci piace. È come se non ci interessassero la libertà né il futuro dei nostri figli. È mai possibile non rendersene conto? In effetti, dei figli non ci interessiamo tanto. Non ce ne occupiamo né sappiamo educarli e neppure inculcargli il valore della vita. Crescono allo stato brado, per la strada o accuditi da estranei, perché noi ci dedichiamo soprattutto a cercare di fare soldi per il loro benessere credendo che dal denaro dipenda la felicità.
Ecco perché i giovani non amano la vita, che, invece, assieme alla salute, è il bene più prezioso. In età adolescenziale e giovanissima la rischiano continuamente. In questa società deviata, sin dai primi vagiti i bambini capiscono, però, il concetto dei denaro in tutti i suoi termini conosciuti e soprattutto il potere della violenza, essendo violentati loro stessi dall’assenza di amore, umiltà, solidarietà, generosità, tolleranza e rispetto per gli altri. Sono valori basilari, grazie ai quali si apprezzerebbe meglio anche il denaro, il divertimento e persino la trasgressione.
Qualcuno dovrebbe spiegare a Salvini che non si recuperano i consensi perduti con gli scoop e le sceneggiate, né con gli annunci strepitosi come il Ponte sullo Stretto, di cui per altro non si vede mai un dato concreto. Solo annunci vaghi e sempre irrealizzabili. Né con provvedimenti che favoriscono alcune categorie e se ne svantaggiano altre. Come la Flat Tax o l’autonomia regionale differenziata. L’elettore giudica dal modo in cui si governa – lo dimostrano anche gli ultimi risultati delle urne – non dagli annunci eclatanti che spesso sono falsi o inconsistenti, e che poi il più delle volte non vengono realizzati. Come, per esempio, l’interruzione dello sciopero dei trasporti, credendo nella gratitudine dei pendolari o di altre categorie che vengono danneggiate. È molto meglio cercare di mettere d’accordo lavoratori e datori di lavoro. Interrompere lo sciopero qualche ora prima dell’inizio crea piuttosto confusione che consensi.
Ma a lui non interessa realizzare ciò che annuncia. Fa sapere agli elettori che ne ha l’intenzione. Poi, se non si realizza non è colpa sua, ma del governo o della sinistra, per la quale non ho alcuna simpatia. Però, non mi sembra onesto scaricarle tutte le colpe, non avendo più voce in capitolo d’ormai tanto tempo. Non si dovevano abbassare i toni? O li dovevano abbassare solo gli altri? Tanto la gente lo sa di chi sono le colpe e prima o poi giudica severamente.
Nel frattempo il ministro annuncia un altro progetto. Tanto, la gente ha già dimenticato il precedente. Probabilmente gli elettori l’hanno capito e non lo prendono più sul serio. Lui crede erroneamente che intromettersi è già un merito. Nessuno gli ricorda che lo sciopero non è fatto per creare disagio ai cittadini, ma per attirare l’attenzione sulle esigenze dei lavoratori e il disagio è un’inevitabile conseguenza. Per esempio, quello dei personale dei servizi a terra negli aeroporti è per il rinnovo del contratto scaduto da sei anni. Per segnalare la carenza dei servizi che danneggia notevolmente i viaggiatori. Non si può contrapporre il diritto dei cittadini di viaggiare o degli altri lavoratori di spostarsi. È come delegittimare il diritto di sciopero che, invece, è tutelato dalla Costituzione e riguarda tutti.
Non è neppure leale – e l’elettore che è lento a capire, ma non stupido, alla fine se ne accorge – cercare di rubare voti agli alleati. Anziché risolvere i tanti problema dei trasporti e delle infrastrutture di cui si dovrebbe occupare – è la funzione del suo dicastero – Salvini sembra avere trovato il filone buono, ma scandaloso, da cui possono dipendere milioni di voti e per di più di facile realizzazione. La sua proposta geniale della settimana è la pace fiscale, necessaria perché gli italiani – è la motivazione del ministro – sono ostaggi dell’Agenzia delle Entrate.
I tributi insoluti, crediti che lo stato non ha ancora riscosso, ammontano a mille miliardi di euro. I ritardatari saranno grati alla comprensione del solerte ministro e voteranno per la Lega? Però, non è una soluzione morale. Infatti, non sono d’accordo né il Direttore delle Entrate Ruffini, né il ministro dell’Economia, il leghista Giorgetti, e neppure quello della Funzione Pubblica Zangrillo. Perché dicono, giustamente, che chi ha intenzione di pagare le tasse, ma non ne ha momentaneamente la possibilità, chiede una rateazione o un breve rinvio. Il più delle volte, con rare eccezioni, si tratta di persone che, con quei soldi, anziché pagare i debiti col fisco hanno acquistato una nuova auto o una villa al mare.
L’unica iniziativa lodevole finora è l’inasprimento delle norme del Codice della Strada, che, però, come molte altre di questo governo, sono promulgate ma non completate. Basta dare uno sguardo alla circolazione ci si accorge che nulla è cambiato rispetto a quando le norme erano edulcorate. Anzi, aumentano le trasgressioni e persino gli omicidi stradali. La gente continua a morire sulle strisce pedonali. Si sarebbero dovuti incrementare i controlli. Quindi, aumentare il personale, i vigili urbani, la polizia stradale. Ma se non si assumono medici, figuriamoci i controllori della strada, dove certamente muoiono meno persone che negli ospedali per la mancanza di assistenza e di cure. E poi, diciamo la verità, i morti non costano nulla. Perché preoccuparcene? Mentre curare gli ammalati è molto dispendioso, come custodire i criminali. Ecco perché oggi la maggior parte delle detenzioni sono domiciliari.
È mai possibile che non ci sia mai un vigile quando un esaltato – sono tanti e ovunque – si diverte a fare una gimcana a zig zag per guadagnare qualche metro o va a 90 km/h in pieno centro o quando, per evitare di allungare di 50 metri il percorso, va contro mano? Non si controllano le aziende che assumono come autisti – ovviamente in nero – stranieri sprovvisti di patente o abituati a guidare ubriachi. È inutile fingere di essere più severi se, se poi si consente di parcheggiare sui marciapiedi o il seconda e terza fila.
Gli ospedali e gli ambulatori delle ASL sono da mesi a ranghi ridotti. Per le situazioni più urgenti il paziente deve necessariamente ricorrere alle strutture private, che costano un occhio della testa. E c’è chi se lo impegna, facendo debiti. Questo è il progetto nascosto del governo? Dirottare la povera gente verso la sanità privata? È andata recentemente in pensione una generazione di medici, che non vengono ancora sostituiti. Come mai le università non aumentano le iscrizioni che a Medicina sono a numero chiuso?
Ovviamente le opposizioni sono ancora più feroci contro la proposta eversiva di Salvini dell’ennesimo condono. Francesco Boccia (Pd) sostiene: «Ministri incoscienti, fanno danni alla democrazia, umiliando gli italiani che pagano le tasse». Giuseppe Conte (5 Stelle): «È gravissimo incitare allevasione, così si rompe la pace sociale». Carlo Calenda (Azione): «Le parole di Salvini sono indegne di un ministro». Angelo Bonelli (Alleanza Verdi Sinistra): «Questo è il governo degli evasori». Schlein (PD): «Il governo strizza l’occhio agli evasori fiscali a danno dei contribuenti onesti». Ai tre partiti al governo si aggrega per il condono Italia Viva di Renzi. La pace fiscale va incontro agli evasori. Non si capisce perché si voglia proteggere solo chi non è in regola. Sempre i corrotti e gli evasori fiscali nelle grazie del governo?
Così, con questa slealtà nei confronti di dipendenti e pensionati cui le tasse vengono trattenute alla fonte, Salvini spera di riprendersi i voti che dalla Lega sono travasati in Fratelli d’Italia. Se anche questa estrema risorsa dovesse fallire dovrà rinunciare alla leadership, se trovano qualcun altro. Vuol dire che persino gli elettori disonesti hanno un’ingratitudine congenita nei suoi riguardi, come un fatto personale. Ricorda l’analogo “Grazie, Mario” di Parisina a Troisi, mentre il merito delle premure era di Benigni. Ma quella era una scena analoga di Non ci resta che piangere, un film comico ambientato nel 1492, come spesso quello che ci capita di vivere nella realtà di oggi.
Se da più di vent’anni Calderoli tenta di imporre la riforma delle autonomie regionali e non ci riesce, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona nel progetto. Del resto, neppure agli alleati piace, come non piaceva a Berlusconi, col quale il ministro leghista non aveva il coraggio di insistere, come fa invece adesso con Meloni, minacciando di ritirare la fiducia. La Premier, che non sa dire di no agli alleati, è costretta a rimandare. Così questo governo risolve i problemi del Paese, anziché affrontarli e chiarirli. Anche questi giochi di forza, che somigliano a ricatti, sono sbagliati. Berlusconi – ecco perché lo rimpiangiamo – diceva chiaramente che non si potevano privilegiare alcune regioni e penalizzarne altre. E non se ne parlava più. È strano che tutti cerchino di recuperare voti, ma nessuno si chiede perché ne abbiano perduti tanti.
Ma le pare, Signora Premier, che la Lega possa ritirare la fiducia al governo? L’ha già fatto una volta, nel 2019, al governo Conte 1 e se n’è pentita amaramente. Quando gli ricapiteranno cinque anni di lauto stipendio e potere, oltre che di privilegi? Se dovesse capitare, nessun parlamentare potrà rincasare senza trovare il partner ad accoglierlo col matterello in mano sulla soglia di casa. Quindi, stia tranquilla! Com’è possibile che una donna intelligente come lei non abbia ancora capito che abbaiano, ma non  mordono? Anzi, basta fargli bau che se la fanno sotto. La pace fiscale va incontro agli evasori. Non si capisce perché si voglia proteggere solo chi non è in regola. Sempre i corrotti e gli evasori fiscali nelle grazie del governo?
Mettiamo, pure, che la Lega crei una crisi. Non è necessario andare al voto perché il terzo polo non vede l’ora di essere utile alla destra e mettere a disposizione i propri voti, come fece quando all’elezione di La Russa alla presidenza del Senato mancarono quelli di Forza Italia. Ma mettiamo pure che si vada a nuove elezioni. Poi si rifà la stessa alleanza? La Lega si presenterebbe da sola come quegli sprovveduti del PD e del M5S? Le rotture sono sempre negative quando non si tratta degli interessi degli elettori. E lo capiscono persino loro. Poi, io che sono terrone, so che al Sud la Lega prende tanti voti. Quindi non si capisce perché tradire quell’elettorato per cercare di ingraziarsi quello del Nord, che ormai sa che la Lega non è affidabile. Infatti, sono anni che non la vota più.
Quando Calenda e Renzi il 25 settembre scorso tradirono PD e M5S e costrinsero tutti a presentarsi alle elezioni da soli – pur essendoci il sistema elettorale maggioritario, che impone le aggregazioni prima del voto – pensarono di danneggiare l’opposizione e facilitare la vittoria della destra. E infatti, ci riuscirono. Ma, anche loro, alleati con gli altri, avrebbero preso più parlamentari – tanto la destra avrebbe vinto ugualmente – e oggi conterebbero molto di più con un partito più numeroso.
Chissà perché il ministro Nordio vuole abolire i reati di traffico di influenze illecite e anche di abuso d’ufficio, che non piacciono alla magistratura né al Presidente Mattarella e nemmeno all’Unione Europea. C’è nostalgia di euroscetticismo? Neppure gli elettori concordano con Nordio. Secondo un sondaggio di Pagnoncelli, che non è certo di sinistra, l’opinione pubblica non apprezza la riforma della giustizia. Il 40% degli italiani è totalmente contrario. Il capitolo meno condiviso è l’abolizione del reato di abuso d’ufficio.
Voleva pure intervenire sul concorso esterno in associazione mafiosa, Poi sono intervenuti la Premier e il sottosegretario Mantovano a bloccarlo. È vero che quel reato nel codice penale non c’è, ed è stato inventato dai giudici, ma non serve dire che c’è solo in Italia, perché altrove non hanno il problema della mafia, che da noi incide per 150 milioni di euro l’anno sul bilancio dello stato e che vede ancora oggi  politici indagati per complicità e persino sospettati di essere coinvolti in stragi di mafia.
O che è un “ossimoro”, perché quando si usano termini di non facile comprensione è per confondere le Idee alla gente. Ossimoro vuol dire che nella medesima affermazione ci sono due concetti che si contraddicono a vicenda. Se il concorso è esterno, non c’entra con la mafia. E se c’entra non è esterno. Il vero significato, invece, è che il soggetto agisce da mafioso o è complice della mafia anche se non ne fa parte, cioè è esterno all’organizzazione criminale come giustamente la fattispecie giurisprudenziale di reato descrive. Ma quanti elettori capiscono il significato di ossimoro? Quante volte Nordio nella sua vita professionale lo ha usato? Quanti politici, più ignoranti degli elettori, sanno che cosa sia una figura retorica?
È un reato ispirato all’opera di Falcone, che era socialista, e di Borsellino, che invece simpatizzava col MSI ed era un ammiratore di Almirante. Quindi, volerlo abolire è anche uno sfregio alla loro memoria. Chi si vuole proteggere? Il Presidente Mattarella, come pure l’Europa, si sono più volte espressi contro, perché abolendo questi reati si riduce il controllo sulla corruzione. Ma Nordio prosegue lo stesso imperterrito. Era Berlusconi, che ormai non c’è più, ad averne interesse. Non era il solo? Perché non ci interessiamo ogni tanto di risolvere anche qualche problema che riguarda i cittadini onesti? Però, come tutti coloro che sono più monarchici del re, Nordio è stato fermato dal suo sovrano. “Basta!” – ha detto la Premier – “ci sono problemi più urgenti”. Evidentemente non tutta la maggioranza approvava le modifiche di ministro, neofita della trasgressione.
Si sono incontrati per più di un’ora al Quirinale, il capo dello stato e la Premier. Si erano lasciati con l’accordo che non si doveva tornare al braccio di ferro con la magistratura ed evitare le polemiche con l’Europa. Ma parlamento vuol dire parlare e mentire. Ecco perché, nonostante gli accordi, la riforma della giustizia comprende l’edulcorazione dei reati di traffico d’influenze, di abuso d’ufficio e la separazione delle carriere. Mattarella ci è rimasto male. Ma rimarrà ancora peggio quando sarà la volta della riforma costituzionale sull’elezione del Capo dello Stato.
Grazie alla legge approvata appositamente dal de cuius che protegge i grandi patrimoni, gli eredi di Berlusconi non hanno pagheranno pochissimo sull’eredità di quattro miliardi di euro. E se qualcuno osa alludere alla tassazione dei titoli finanziari, apriti Cielo. Invece, l’undicesimo duca di Rutland ha dovuto indebitarsi per pagare dodici milioni di sterline di tassa di successione per ereditare dal padre il Belvoir Castle, da diversi secoli maniero di famiglia nel Leicester shire, nell’Inghilterra centrale, la cui capitale è Birmingham. Separatosi dalla moglie, pur dividendosi la stessa servitù, adesso vivono in due ali diverse del castello. Nelle stesse condizioni sono i duchi di York, Andrea e Sarah Ferguson, che, dividono amichevolmente il Royal Lodge dal quale, però, il fratello, re Carlo III, proprio in questi giorni, li ha sfrattati.
Intanto c’è un gran movimento di pretendenti che, a differenza del più saggio ma modesto Tajani, si ritengono potenziali successori del caro estinto. In poll position c’è la vedova Moratti. Ovviamente credono di essere favoriti anche Calenda e Renzi. Pur non rivolgendosi la parola, il gatto & la volpe hanno lo stesso obiettivo comune. Si scopre, però, nella circostanza che la quotazione odierna di Italia Viva scende ancora al di sotto del 2%, perché Renzi deve sottrarre il dissenso di alcuni suoi parlamentari che ora lo contestano. Si è fatto vivo dal pensionamento persino Fioroni, che avendo rinnegato il PD – pur essendo cattolico, non gli piace la Schlein, avrebbe preferito il post comunista – cerca sistemazione, anche precaria. Da Messina emerge pure il plurivotato sindaco Cateno De Luca che ha mire su Forza Italia.
Bisogna evitare a ogni costo la guerra,. Ma ce ne sono che non si possono evitare e, come sostiene Kissinger, bisogna combatterle. Adesso che Putin si sente più debole, minaccia la Polonia. Sostiene che i polacchi “devono alla Madre Russia buona parte della loro identità nazionale. Quindi, non potranno mai recidere il legame con Mosca”. Bisogna concedere a Putin una via d’uscita, se si vuole evitare che perda la testa e sganci un ordigno nucleare per arrivare a una situazione irrecuperabile che lui minaccia da tempo.
Capisco che l’Ucraina non sia d’accordo, ma la diplomazia europea, che è stata già abbastanza solidale con Zelensky, gli faccia capire che per la pace vale la pena rinunciare alla vendetta e anche alla giustizia. Ma c’è la sensazione diffusa che Borrell non sia in grado di guidare la diplomazia europea. D’altra parte anche noi mandiamo personaggi di serie B in Europa. Perché gli altri ci dovrebbero mandare quelli di serie A? Meglio sostenere le iniziative del Vaticano che sembra agire da solo perché non coadiuvato né sostenuto da altri stati.
Intanto apprendiamo con indifferenza dalla FAO che più di due miliardi e mezzo di persone nel mondo – un terzo circa dell’umanità – non ha accesso a una quantità adeguata di cibo. Addirittura 750 milioni soffrono la fame, soprattutto bambini. Mentre la società occidentale si lamenta del caldo torrido, c’è ancora una moltitudine di affamati. Nelson Mandela, che fu paladino di chi è privato del diritto al cibo e che oggi avrebbe 105 anni, sarebbe un uomo infelice. Riuscì a sconfiggere l’apartheid, che si reggeva sulla vigilanza armata,  ma non la fame nel mondo.
Ad aggravare la situazione c’è la rappresaglia di Putin, che usa l’arma impropria del grano per danneggiare l’Ucraina e tutti i paesi che ne aspettano la distribuzione. Mentre lo scorso anno aveva concesso l’imbarco e l’esportazione di 33 milioni di tonnellate di grano dai porti del Mar Nero, oggi lo vieta provocando l’indignazione del mondo intero perché aumenterà il disagio delle popolazioni più povere. Zelensky sta cercando di risolvere il problema attivando vie fluviali attraverso il Danubio e autostradali. Ma sarà una soluzione più lenta e difficoltosa.
A Washington un gruppo di democratici sostenitori di Biden stanno cercando di far capire al presidente che l’impopolarità della vice presidente Kamala Harris potrebbe compromettere la sua rielezione e gli suggeriscono di sostituirla. È molto bello constatare che ci sono paesi in cui chi è davvero ammiratore di un personaggio gli indica difetti e negatività per migliorarne il successo. Da noi, invece, la moda è di assecondare il leader, quindi, non apportando alcun contributo alla causa. Nonostante il termine yesman sia inglese, il cattivo costume è nato in Italia. Dovrebbero pure suggerire a Biden di candidare alla vice presidenza Michelle Obama. Ma – come consigliammo a Hillary Clinton di candidarsi alla Casa Bianca misurandosi con la seconda candidatura di George Bush, perché dopo sarebbe stata troppo anziana – le giuste opinioni non sono tenute in grande considerazione.
L’imputazione coatta di Delmastro ha fatto infuriare la Premier che non vuole neppure conoscerne le ragioni. L’indagine era stata archiviata per ignoranza dell’indagato. Cioè, secondo il PM, il sottosegretario non sapeva che il rapporto confidato al suo coinquilino e correligionario Donzelli fosse riservato. Il GIP, invece, sostiene – vede, Signora Premier, come si separano naturalmente le carriere e spesso i pareri divergono? – che Delmastro non è un cittadino qualsiasi che può essere ignorante, ma un parlamentare e membro del governo che deve conoscere le norme che regolano le sue attività. Quindi, c’è poco da infuriarsi. Meglio scegliere – se ce ne sono – accoliti più preparati e consapevoli del ruolo che ricoprono, soprattutto se poi intendono sfruttare le informazioni riservate pure per accusare avversari politici, come nel caso di Delmastro e Donzelli.
Finalmente un’iniziativa turistica che non ha pari nel mondo. Per valorizzare il nostro patrimonio artistico. La Premier e il ministro della Cultura – assente quella del Turismo, che ha avuto la dignità di non aggregarsi alla comitiva congestionata di giornalisti – hanno inaugurato il Freccia Rossa senza stop da Roma a Pompei, 1h e 47’ di viaggio. Partenza dalla Stazione Termini la mattina e ritorno da Pompei la sera. Purtroppo sull’orario di Trenitalia quel percorso è previsto una sola volta al mese, ogni terza domenica. Sarebbe stato più utile al turismo almeno una volta al giorno, se non di più. Così è proprio un’iniziativa inutile, come tante altre. La Premier e il ministro della Cultura, coi loro seguiti, erano blindati in un vagone, mentre i giornalisti al seguito erano in un altro, ma senza potere comunicare con l’establishment, che ha buoni rapporti solo con la comunicazione amica.
Nessun giornalista, indignato e offeso, ha rinunciato al viaggio, né ha protestato come si sarebbe fatto ai miei tempi. Però, allora c’era un altro rapporto tra la politica e l’informazione, e forse anche un altro concetto della dignità. Con Pertini, Andreotti, Craxi e persino con San Giovanni Paolo II si viaggiava in aereo e non c’erano separazioni tra i vari settori, tutti circolavano liberamente, ma nessuno faceva interviste, se non concordate. Si conversava scambiandosi le reciproche impressioni sul viaggio o altri argomenti. Al giorno d’oggi il solo a mantenere le antiche usanze è Papa Francesco, perché ha l’autorevolezza per mantenere rapporti civili con i giornalisti, senza bisogno di segregazioni e divisioni.
Ricordo un solo incidente, ai tempi in cui viaggiavo col Capo dello Stato, una volta in tanti anni durante un viaggio in America Latina, Un collega del Corriere si mise a parlare con Pertini e ne ricavò un’intervista esclusiva. L’indomani fummo tutti svegliati nottetempo – in Italia era già tarda mattinata – dai rispettivi direttori che chiedevano come mai noi non avessimo la stessa intervista o almeno le notizie che conteneva. Il collega birichino, atterrato a Città del Messico, abbandonò la comitiva e se ne tornò a Roma con la coda tra le gambe e il bottino rubato. Pertini si scusò dicendo che lo aveva scambiato per un diplomatico, precisando che “aveva il vestito blu e persino la forfora sulle spalle”, caratteristica dei funzionari della Farnesina. Nonostante il rapporto di grande cordialità con l’anziano presidente, i giornalisti al suo seguito proclamarono 24 ore di sciopero e l’indomani non si parlò della visita di Pertini in Nicaragua.
Durante un viaggio in Giappone, all’incontro tra il Presidente italiano e l’imperatore nipponico, fu allestito un recinto destinato a ospitare i giornalisti a debita distanza dai due personaggi. Ovviamente ce ne andammo e rimasero solo i rappresentanti della stampa locale. Quando Pertini se ne accorse, sospese il colloquio con l’imperatore, che allora era persona sacra oltre che capo dello stato, e pretese, per continuare il colloquio, che i giornalisti fossero ammessi nelle stese condizioni dei diplomatici.
In un altro viaggio, poco prima di atterrare a Washington il capo del cerimoniale della Repubblica infornò Pertini di non essere riuscito a convincere il dipartimento dell’immigrazione degli Stati Uniti di non fare passare alla dogana il bagaglio dei giornalisti, che di solito non era controllato e considerato valigia diplomatica. Pertini si rifiutò di scendere dall’aereo finché non fu risolta la questione. Le autorità USA fecero fiutare il bagaglio ai cani poliziotto. I personaggi di allora avevano un rapporto diverso con i giornalisti.
Buone notizie dall’Egitto. Ma se Al Sisi ha firmato la grazia a Zaki poche ore dopo la sentenza di condanna, è segno che la nostra diplomazia stava lavorando al caso già da prima che cominciasse il processo e fosse emanata la sentenza. Come mai il nostro governo smentisce che ci sia stato uno scambio di favori con la dittatura? Chi glielo ha chiesto? Nessuno lo aveva insinuato. “Escusatio non petita, accusatio manifesta”. Ma c’era proprio bisogno di ringraziare Al Sisi, che è un tiranno? La Premier gli ha persino telefonato. Da un po’ di tempo l’Italia ha inspiegabili simpatie con i dittatori. Meno male che si tratta solo di piaggeria e non c’è alcuna intenzione di emularli.
Zaki è persona dignitosa che ha rifiutato di viaggiare con un aereo di Stato, messo a disposizione dal governo italiano. Non passerà neppure da Roma perché non vuole essere ricevuto a Palazzo Chigi e fotografato con la Premier. Andrà direttamente a Bologna. Comunque, ringrazia tutti sentitamente, ma preferisce viaggiare a spese proprie. Invece, Meloni e Tajani si sono offesi e considerano uno sgarbo rifiutare l’accoglienza del capo del governo.
Zaki ha precisato che non si tratta di ostilità per questo governo. Non vuole essere coinvolto nella politica. Anche perché lui in Egitto ci dovrà vivere e non vuole alterare gli equilibri che dopo la grazia si sono creati. A Roma l’hanno presa male. Perché all’abbraccio e alla foto ci tenevano. Lupi, sempre prono al potere, parla addirittura di ingratitudine e maleducazione. Ma il bene non si fa per proprio tornaconto. Lo dice anche il Vangelo “Fai del bene e dimentica, fai del male e ricordalo”.

Adesso qualcuno dovrà dire ai Regeni, il cui figlio è stato torturato e ucciso dai servizi segreti egiziani perché scambiato per una spia, che l’Italia non può dichiarare guerra all’Egitto. Tanto, si sa che fu un delitto di Stato.  Certo, per i genitori, che non possono dimenticare, inveire contro l’Egitto è uno sfogo di cui ora dovranno privarsi. Del resto, è inutile chiedere i nomi degli esecutori materiali per processarli. Si sa che sono agenti dei servizi segreti. Mandante è il regime militare.
Forse si è aperto uno spiraglio positivo nella polemica sul salario minimo, nonostante il ministro Musumeci confonda l’assistenzialismo con lo sfruttamento del lavoro. Il salario non è assistenza, ma il compenso per una prestazione. Un saggio governo deve sorvegliare che sia adeguato. Non sa il ministro che ci sono in Italia tre milioni e mezzo di lavoratori pagati in nero, senza assicurazione né versamenti previdenziali? La richiesta delle opposizioni nasce dalla constatazione che molti lavoratori non arrivano alla fine del mese perché il salario non è più adeguato al costo della vita notevolmente aumentato a causa dall’inflazione. Le motivazioni del diniego sono banali e faziose. Si teme che a chi guadagna di più venga diminuito il salario. Come sempre, quando la polemica supera la contesa politica e diventa stupidità, interviene la Premier, che apre uno spiraglio di trattativa col sindacato.
Non so come la pensi il Padreterno sull’accordo che abbiamo fatto col presidente della Tunisia perché blocchi le partenze di migranti per l’Italia. Ma non può certo essere meno indignato di noi. Né Von del Leyen né Meloni erano al corrente dei metodi cui sarebbe ricorso il dittatore per guadagnarsi il compenso di 105 milioni di euro da parte dell’Europa. Però, potevano immaginarlo. Dovevamo prendere esempio dal Fondo Monetario, che chiede certe garanzie prima di elargire sovvenzioni.
Ora, avendo visto le scene raccapriccianti in TV dei metodi usati per la vigilanza delle coste, sia la presidente dell’UE sia la nostra Premier dovrebbero recedere dall’accordo. Non riportano i migranti nei loro paesi d’origine. È un ignobile massacro di persone indifese – soprattutto donne incinte e bambini – deportate nel deserto e condannate a morire per denutrizione e disidratazione. È una vergogna che non può passare impunita, neppure nella miserabile storia odierna dell’uomo, Non è con simili sistemi che si proteggono le nostre coste.
Persino chi non è credente – è mai possibile che Dio assista inerte? – e non ha una coscienza può assistere a un simile spettacolo raccapricciante di crudeltà e cattiveria senza vergognarsi. Pensando che quella somma bisognava guadagnarsela – invece, era stata già stoltamente elargita – anche il popolo si è aggregato alle forze di polizia e dell’esercito per scovare i migranti e convogliarli nelle zone desertiche che confinano con l’abitato della Tunisia, al sud del paese, un tempo il più civile del Maghreb. Ma la diffidenza, le privazioni e le sofferenze, scaturite dalla dittatura – eppure l’Europa ingenua si era illusa che la rivoluzione aprisse le porte alla democrazia – hanno trasformato quella popolazione pacifica in una masnada di assassini, che noi paghiamo per proteggere le nostre frontiere. Meglio, che siano un colabrodo, come le definisce il governatore Zaia, piuttosto che tutelate da barbari che paghiamo per uccidere innocenti.

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