LA DISAFFEZIONE DEGLI ELETTORI PORTA AL GOVERNO DELLE MINORANZE

LA DISAFFEZIONE DEGLI ELETTORI PORTA AL GOVERNO DELLE MINORANZE

di Giuseppe Gullo

La discussione sulla crisi del sistema democratico occidentale si fa più serrata man mano che si avvicinano le scadenze elettorali. Per il nostro Paese due date hanno un’importanza fondamentale: il 9 giugno, nel quale si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo e il conseguente nuovo esecutivo dell’UE, e il 5 Novembre, quando sarà eletto il Presidente degli Stati Uniti d’America. Passaggi cruciali che segneranno la vita politica ed economica italiana e dell’intero occidente nei prossimi anni. In quale condizione arriva il sistema democratico a questi importantissimi appuntamenti? La risposta è complessa e ha necessità di argomentazioni articolate.
È evidente che da anni la Democrazia annaspa e dimostra chiari segnali di logoramento e disaffezione da parte dei cittadini-elettori. Accade dovunque, sebbene in misura diversa e con differenti sintomi. Gli USA sono percorsi da gravissime tensioni sociali interne che hanno già portato in passato all’elezione di Trump e che potrebbero nuovamente vederlo vincitore se il tentativo di estrometterlo per via giudiziaria non dovesse andare a buon fine. In politica estera, pur mantenendo una posizione preminente, gli States hanno perduto il ruolo di guardiano della democrazia nel mondo e debbono fare i conti con le grandi realtà commerciali, demografiche e militari di Cina e India, oltre che col tradizionale avversario russo tornato ad avere forti spinte neo imperialiste. Un serio analista come Federico Rampini, cittadino statunitense, ha scritto recentemente che la Democrazia del grande Paese nord americano è in mano a poche, potentissime lobbies che spingono verso politiche ambientalistiche estreme e verso lo sviluppo e il controllo dell’intelligenza artificiale in grado di attribuire, a chi sarà in condizione di governarne le applicazioni, una sorta di potere incommensurabile e al di fuori di contrappesi e condizionamenti. La Germania, motore economico dell’Europa, vive un periodo di difficoltà di cui sono sintomi sicuri la recessione economica e la debolezza del sistema bancario. Il tradizionale legame commerciale con la Russia, messo in crisi dalla guerra in Ucraina, fa sentire pesantemente i suoi effetti sulla locomotiva tedesca rallentandone la corsa fino a fermarla. L’era del dopo Merkel è caratterizzata da protagonisti grigi e abbastanza anonimi nonostante la presenza di Von der Leyen alla guida della Commissione. La Francia, il paese del più forte sostenitore dell’integrazione europea, il Presidente Macron, mantiene un rapporto privilegiato con l’alleato tedesco ma sconta una caduta d’influenza causata anche dalla presenza di importanti Paesi nella UE, tra i quali il nostro, che oscillano nella ricerca di alleanze che li rendano più autorevoli nelle trattative comunitarie. La recente e criticata scelta di Macron di accettare l’alleanza con Le Pen e il Fronte Nazionale sul delicato tema dell’immigrazione è un segnale di chiusura verso politiche veramente condivise in tema di solidarietà coi Paesi in prima linea in materia di sbarchi. La Spagna procede al ritmo di continue tornate elettorali alla ricerca vana di maggioranze stabili e omogenee. Il nuovo Governo Sanchez, unico socialista tra le grandi Nazioni del vecchio continente, ha una maggioranza risicata e fortemente dipendente dalla questione Catalana e Basca ben lontane dall’essere risolte alle quali ha dovuto dare l’assenso all’amnistia per i fatti di alcuni anni orsono per ottenere l’appoggio parlamentare. Nonostante questo, ha una maggioranza risicata composta da ben otto Partiti! Fuori dall’Unione il Regno Unito, probabilmente pentito della scelta di lasciare l’UE, ha cambiato negli ultimi anni ben quattro Primi Ministri e, pur restando il principale alleato degli USA, sembra non essere in condizione di arrestare la china già da tempo imboccata di un declino rapido di quello che fu il più grande impero coloniale della storia dell’Umanità.
Il primo dato da considerare è quello dell’affluenza alle urne. Il migliore di gran lunga è quello tedesco con il 76,8%, l’America alle presidenziali ha avuto oltre il 66% , secondo gli esperti per un effetto anti Trump, la Spagna nelle elezioni del 2023 ha avuto una percentuale di votanti di appena il 53% nonostante il forte scontro politico tra popolari e socialisti, la Francia del 46-47% alle legislative, La Gran Bretagna ha avuto il 67,3% di votanti e l’Italia il 63,9 %, il 9% in meno della precedente tornata. I dati più confortanti sono quelli della Germania, della GB e dell’America mentre quelli degli altri Paesi sono in forte calo e addirittura nel caso della Francia al di sotto del 50%. L’Occidente si muove verso Parlamenti e Governi espressione di minoranze? Così sembra ed è molto preoccupante che sia accaduto in un grande Paese europeo profondamente democratico che ha avuto nella sua storia l’evento rivoluzionario più importante per l’intero Occidente e che ha causato la caduta del mondo governato da aristocrazia e clero e dato l’avvio alla dichiarazione dei diritti dei cittadini dalla quale hanno attinto tutte le Costituzioni dei Paesi democratici.
Quali sono le cause della disaffezione degli elettori che non partecipano alle scelte più importanti che conferisce lo status di cittadino? Per quanto riguarda l’Italia le ragioni debbono essere individuate in alcune decisioni scellerate che sono state prese negli anni passati. La prima è l’adozione di una legge elettorale che sostanzialmente codifica la cooptazione nella selezione degli eletti. All’elettore è data la scelta del partito ma non del candidato da portare in Parlamento. Quest’ultima è affidata all’assoluta discrezione del capo-partito che favorirà il candidato A piuttosto che B sulla base del rapporto di fiducia tra loro esistente a prescindere da qualunque valutazione di merito e di qualità. Può capitare che il prescelto sia una persona adeguata all’incarico ma è come il lotto, dipende solo dal caso. Avviene invece frequentemente che vengano paracadutati in collegi sicuri dei quali non sanno assolutamente nulla, neppure l’ubicazione, candidati che “debbono” andare in Parlamento in quanto componenti del “cerchio magico” del capo a prescindere da qualunque altra considerazione. Di fatto questo ignobile sistema, probabilmente anticostituzionale, va bene a tutti coloro che hanno in mano le leve decisionali, tant’è vero che l’argomento non è neppure in discussione. A maggior ragione in questo momento nel quale la proposta di riforma costituzionale che prevede il premierato ha preso la scena lasciando del tutto in bianco questo aspetto che non richiede il procedimento necessario per le leggi costituzionali. È chiaro che questo rappresenta un forte disincentivo a votare e aumenta il distacco tra popolo e palazzo. Nello stesso tempo diventa un forte argomento per coloro che a parole intendono combattere la “casta” alla quale essi stessi appartengono e della quale hanno mutuato i peggiori difetti prima con la pantomima delle primarie on line e dopo con la selezione ad personam che ha consentito di portare in Parlamento e , in alcuni casi, anche al Governo personaggi da avanspettacolo di locali di terz’ordine.
Corollario non secondario è il venir meno del processo di selezione della classe dirigente. I partiti tradizionali avevano molti difetti. Non erano sicuramente un esempio di democrazia e di trasparenza ma, con poche eccezioni, garantivano la formazione e la selezione della classe dirigente. Vi erano casi di nepotismo, di premio alla fedeltà e alla riservatezza, ma il cursus che consentiva di arrivare ai piani alti delle Istituzioni era pressoché stabilito e partiva dai banchi dei Consigli comunali e dall’apprendistato che nessuna scuola avrebbe potuto  sostituire. Non mancavano casi di emeriti apprendisti stregoni o di saltimbanchi  che raggiungevano posizioni di rilevante rappresentanza politica, ma erano episodi circoscritti e quasi mai di alta responsabilità.
Un ulteriore elemento della crisi della partecipazione è rappresentato dalla scomparsa o dal forte ridimensionamento dell’associazionismo e dei luoghi di incontro e di dibattito politico. Sono scomparsi i Partiti e con essi la loro capillare organizzazione delle sezioni comunali e di quartiere. E’ ridotta a poca cosa la grande rete dei Cattolici impegnati in politica, che fu un serbatoio importantissimo di uomini e di idee. Le grandi riviste intorno alle quali si sviluppava un intenso dibattito non vi sono più o sono soltanto formalmente in vita, sia sul versante della sinistra militante che su quello cattolico e laico-liberale. Osservava recentemente uno degli ultimi esponenti della DC, Castagnetti, che l’intero mondo cattolico , per decenni protagonista della vita pubblica italiana, non ha più rappresentanza nelle Istituzioni della Repubblica. Il sindacato, a lungo cinghia di trasmissione con i partiti, per utilizzare un’immagine cara ai vetero comunisti, ha perso credibilità e rappresentatività se è vero che le categorie produttive cercano altri canali di interlocuzione e che la maggioranza dei loro iscritti è costituita dai pensionati. Gestiscono grandi risorse economiche solo in parte provenienti dagli iscritti e in misura maggiore dalle casse pubbliche sotto forma di compensi per attività di consulenza dei patronati, CAF e simili.
Alcuni studiosi attribuiscono alla diffusione dei social media questo effetto negativo. Probabilmente c’è del vero ma ciò che impressiona è il fatto che la macchina della comunicazione generalmente favorisce il gossip e le notizie di scarso o nessun rilievo rispetto alle considerazioni più impegnate su argomenti di interesse generale. Internet è un grande strumento di conoscenza e di progresso se utilizzato per approfondire e comunicare. Può divenire un mezzo di distrazione e di alienazione se privilegia contenuti populisti e lancia parole d’ordine vuote e potenzialmente eversive. E’ il problema del “sovraccarico informativo” e del mancato filtraggio che sono problemi reali della società informatizzata. Un comico reso famoso dalla TV col vaffa day, cioè il nulla, ha creato un movimento che ha intercettato il malessere e il risentimento di una parte degli elettori ottenendo il 32,6 dei voti alle politiche del 2018.
Se è così, la Democrazia e la rappresentatività non hanno futuro? Vi sono soluzioni diverse che salvaguardino i principi dello Stato Liberale e i diritti fondamentali dei cittadini, o siamo destinati ad avere una Democrazia indirizzata dai grandi gruppi che governano l’informazione e il gusto dei cittadini-elettori? Andiamo inesorabilmente sempre più verso quella che viene chiamata Democrazia verticale in mano ad élite sempre più ristrette?

 

Fonte Foto: Wikimedia CommonsVateGVCC BY-SA 4.0 Deed

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