LA PROSSIMA LEGGE DI BILANCIO ALLA PROVA DELLE NUOVE POVERTÀ

LA PROSSIMA LEGGE DI BILANCIO ALLA PROVA DELLE NUOVE POVERTÀ

di Giuseppe Gullo

I prossimi mesi saranno caratterizzati dalla preparazione della legge di bilancio. I tempi sono abbastanza stretti. Entro fino settembre deve essere presentato al Parlamento il documento di macroeconomia che dovrà essere trasmesso a Bruxelles entro metà ottobre. Come sempre le risorse disponibili sono di gran lunga minori delle richieste provenienti da ciascun ministero. Quelle disponibili dovranno in primo luogo sostenere una crescita che proprio in queste ultime settimane ha rallentato la sua corsa dopo un periodo di aumento costante che ci ha consentito di superare la Germania, a rischio recessione, e la Francia. Occorre sottolineare con soddisfazione che  l’aumento della produzione ha consentito di raggiungere livelli occupazionali importanti che ci avvicinano ai livelli delle maggiori economie europee. Ciò nonostante il pasticcio del PNRR, con lo slittamento di nove mesi di molti progetti, e la perdita di grandi investimenti privati come quello di Intel, società americana di elettronica, che ha deciso di investire 10 miliardi in Germania e Francia piuttosto che in Italia, sono  segnali negativi di scarsa affidabilità forse causati anche da improvvide decisioni del Governo.
Come sempre in queste occasioni l’esecutivo, per bocca della Presidente del Consiglio, promette tagli alle spese improduttive, senza indicarle, e rispolvera la promessa- minaccia di un inasprimento della lotta all’evasione, anche in questo caso generica nella formulazione e improbabile nella realizzazione. E’ evidente che le scelte che saranno fatte nelle prossime settimane saranno di grande importanza per il futuro immediato e a medio termine dell’economia. Molti studiosi e opinionisti hanno già rilevato l’importanza di alcune di esse. L’aumento dell’occupazione femminile è tra queste. La differenza tra uomini e donne tra i lavoratori occupati è attualmente del 17,4 %, superiore di circa sette punti rispetto alla media europea. Le cause sono molte e alcune di esse non rimediabili in tempi brevi come la mancanza di asili pubblici soprattutto nel meridione. Altre cause vengono individuate in “anomalie” del Belpaese come la mancata modifica del calendario scolastico, che oggi prevede un periodo troppo lungo di chiusura delle scuole o, in alternativa, l’organizzazione di attività ricreative e di intrattenimento  per gli studenti durante i mesi estivi. Vi è poi il grande problema della denatalità, che è comune a tutti i Paesi occidentali ma che ha in Italia percentuali alte ed estremamente preoccupanti. Proprio in questi giorni dal Forum Ambrosetti in corso a Como è giunto un alto grido d’allarme e la richiesta di concessione immediata di 250.000 permessi di soggiorno. Un incentivo a fare più figli può essere l’aumento dell’assegno unico già esistente, e non interamente utilizzato per l’anno in corso, e un consistente sistema di premialità fiscale per famiglie con più di un figlio. Il fatto certo è che l’organizzazione familiare e il suo peso sono in notevole misura sulle spalle delle donne, e se manca il sostegno dei parenti difficilmente si avrà un cambiamento di tendenza.
Problemi di grande rilievo questi che hanno notevoli ripercussioni su tanti aspetti della nostra società sempre di più costituita da anziani e da persone fuori dal mercato del lavoro. A chi è attento ai fenomeni che stanno caratterizzando questo periodo post-pandemico non possono sfuggire tuttavia alcuni problemi sempre più urgenti e gravi. Il primo è il calo dei consumi conseguente all’inflazione, il cui costo è stato riversato interamente sui consumatori. Stiamo assistendo a un aumento generalizzato dei prezzi in molti casi non giustificato. La crisi energetica soprattutto nel settore della fornitura del gas come conseguenza della guerra in Ucraina, si è rivelata una notizia diffusa e amplificata solo al fine di far credere all’opinione pubblica che vi fosse una causa reale ed esterna. Presto i numeri hanno dato l’esatta versione dei fatti. Fenomeni speculativi, grandi operazioni di finanza internazionale, impossibilità di intervenire con la leva fiscale, ed ecco che la benzina supera la soglia di due  euro al litro, luce e gas aumentano notevolmente, frutta e verdura diventano generi di lusso, i prezzi dei trasporti arrivano alle stelle, i costi degli alberghi e dei ristoranti lievitano del 30%. Chi ha potuto ha ridotto i consumi e ha intaccato i risparmi. Ma la situazione è chiaramente insostenibile per i redditi medio-bassi, mentre il valore reale dei risparmi diminuisce del 10%. L’inflazione, oggi al 5,5%, ha raggiunto nei mesi scorsi percentuali ben più alte vicine alla doppia cifra. Le aziende hanno riversato interamente sui consumatori gli aumenti delle materie prime mantenendo il livello dei profitti ma subendo una flessione della domanda. Da questa spirale non si viene fuori se non aumentando la produzione e creando nuova occupazione.
In questa situazione, quale finanziaria dobbiamo aspettarci? Difficile attendersi novità significative sul versante degli investimenti considerate le poche risorse disponibili. Non aiuta l’aumento della spesa corrente conseguente all’assunzione di circa 300.000 persone e il mancato intervento per una reale chiusura dei tanti centri di spesa improduttiva e priva di controlli. L’equazione “aumento del personale-miglioramento del funzionamento della macchina amministrativa” è del tutto sbagliata come hanno dimostrato numerose precedenti esperienze.
Due settori, tra i tanti, meritano attenzione e risorse: la sanità e la scuola. Il sistema sanitario nazionale, dopo lo tsunami della pandemia, ha necessità di rinnovarsi e adeguarsi alla crescente domanda di assistenza. La formazione del personale sanitario e ausiliario va liberalizzata. Non è accettabile che si assumano medici provenienti da Cuba o dalla Romania mentre migliaia di giovani non riescono ad avere accesso alla facoltà di medicina. La scuola non può rimanere l’ultima ruota del carro per la quale gli investimenti sia per la formazione e il reclutamento del personale che per l’edilizia scolastica sono sempre al lumicino.
Da ultimo una considerazione collegata alla revoca del Reddito di Cittadinanza. Il provvedimento, a giudizio di chi scrive, è opportuno giacché il RdC era stato concepito e realizzato con modalità del tutto prive di controlli e non emendabili. Solo chi non conosce la condizione della burocrazia italiana, o finge di ignorarla, può ritenere che possa essere realizzato un efficace sistema di verifiche che sia in condizione di ridurre, se non eliminare, gli abusi truffaldini che sono stati messi in piedi. Alcune migliaia di casi di truffe erano talmente evidenti che sono stati rilevati anche chiudendo un occhio e mezzo. Esiste invece e va affrontato il problema di un sostegno reale e corposo ai ceti non abbienti, ai disoccupati, ai disabili, alle famiglie mono-reddito, ai lavoratori non protetti. In questo settore, più che in altri, l’iniziativa di associazioni private e della Chiesa Cattolica è fondamentale ma non basta. Sarebbe necessario dotare i Comuni di fondi vincolati proprio per queste finalità. Come sempre la coperta è corta. Quella che abbiamo dovrebbe servire a tutelare i meno abbienti dai rigori dell’inverno che è alle porte.

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