LE INCHIESTE PENALI INFONDATE SONO UN DANNO PER TUTTI

LE INCHIESTE PENALI INFONDATE SONO UN DANNO PER TUTTI

di Giuseppe Gullo

Apprendiamo in questi giorni le notizie di una serie di sentenze che ribaltano clamorosamente precedenti decisioni. La Corte di Cassazione ha confermato definitivamente la sentenza di assoluzione emessa in appello per gli imputati che avevano ricoperto i posti di vertice del Monte dei Paschi di Siena, e che erano stati condannati in primo grado dal Tribunale di Milano a pene severissime, oltre sette anni per l’ex Presidente Mussari. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, presieduta da Elisabetta Palumbo (uno dei pochi magistrati che non fa parlare di sé), ha riformato radicalmente la sentenza del Tribunale di Locri che aveva condannato l’ex Sindaco di Riace Lucano a 13 anni e due mesi di reclusione, assolvendolo pienamente per i reati contestati relativamente alla gestione degli immigrati e riconoscendolo colpevole solo di abuso d’ufficio, reato peraltro in odore di depenalizzazione, con drastica riduzione della condanna a 18 mesi e con pena sospesa. La Corte d’Appello di Milano ha assolto con formula piena dai reati di falso in bilancio e false comunicazioni sociali l’ex Direttore del Sole 24 ore, che era stato condannato in primo grado a oltre due anni di reclusione.

Queste decisioni, relative a inchieste che hanno destato grande clamore, offrono due facce della stessa medaglia. Da un lato quella rassicurante, positiva e confortante della Magistratura giudicante che amministra la Giustizia sulla base degli atti e dei fatti provati, lontana dai riflettori degli scoop giornalistici e mediatici e dai condizionamenti extra giudiziari. Dall’altro la Magistratura inquirente, che imbastisce processi che coinvolgono molti imputati, creano situazioni di gravissimo pregiudizio personale alle persone coinvolte ed economico a società di grande importanza, per poi concludersi con un totale rigetto dell’ipotesi accusatoria.

Consideriamo in particolare il caso MPS, terza banca italiana, che fu al centro oltre dieci anni fa di uno scandalo finanziario definito “planetario” che coinvolse uno dei maggiori istituti di credito del mondo, la tedesca Deutsche Bank oltre alla giapponese Nomura, causò la morte, con modalità oscure, di uno degli alti dirigenti della banca senese e creò un contenzioso, ancora in atto, di svariati miliardi di euro. La quotazione in borsa dell’Istituto di credito precipitò a livelli minimi e il Tesoro, nel 2017, per evitare il fallimento fu costretto a intervenire sborsando oltre cinque miliardi di euro. La Corte di Appello di Milano prima e la Cassazione in modo definitivo adesso hanno stabilito che le operazioni denominate Santorini e Alexandria erano normali operazioni di finanziamento e non derivati illecitamente operati dall’Istituto bancario e dai suoi vertici per coprire le perdite derivanti dall’acquisizione di Antonveneta. L’allora Presidente di MPS e dell’ABI, condannato in primo grado ad oltre sette anni di detenzione, è stato assolto in modo definitivo per non aver commesso il fatto. E’ chiaro che nessuno potrà mai restituire a Mussari e agli altri imputati i danni materiali e morali che hanno subito in conseguenza dell’inchiesta che, dopo oltre dieci anni, si è dimostrata priva di prove concrete tali da reggere lo scrupoloso esame dei Giudici d’Appello e di quelli di legittimità. Un banchiere che era a capo dell’associazione di tutte le banche italiane, oltre che al vertice di MPS, si è ritrovato nel tritacarne della gogna mediatica dalla quale è venuto fuori dopo oltre dieci anni! Non ci sono parole per commentare adeguatamente quanto gli è capitato.

Qual è l’insegnamento che dovrebbe venire da simili vicende. E’ quello della necessità di un uso molto equilibrato, sereno, obiettivo fino alla prudenza dell’esercizio dell’azione penale. Un PM ha per legge l’obbligo di promuovere tutti gli accertamenti necessari in presenza di un notitia criminis nel modo più riservato e rapido possibile. Nel momento in cui verifica che non vi sono prove o che esse non sono sufficienti per sostenere l’accusa in dibattimento deve procedere con la richiesta di archiviazione. Questo vale sempre. Ancora di più per i procedimenti nei quali sono coinvolte, oltre a persone la cui dignità e onorabilità vengono prima di ogni altra cosa, decine di miliardi di euro di risparmiatori e/o di contribuenti a rischio di essere bruciati. Questo impone la legge e richiede l’equilibrato esercizio del potere giudiziario. Se questa regola elementare non viene seguita, come purtroppo avviene quasi sempre, si produce un danno enorme in molteplici direzioni. Verso gli imputati in primo luogo, nei confronti dell’intera collettività nel caso d’inchieste che provocano o concorrono a creare situazioni di dissesto economico che dovrà essere colmato dallo Stato con i soldi dei contribuenti.  Ma anche a danno di una parte dell’ordine giudiziario che perderà credibilità nell’opinione pubblica, che a sua volta considererà come fossero infondate in tutto o in larga parte le accuse mosse con fragore mediatico e spesso con provvedimenti cautelari non necessari e neppure opportuni. Va sicuramente dato merito a chi ha giudicato di averlo fatto con grande serietà e rigore ma molti e gravi danni erano già stati fatti senza che si potesse rimediare.

Non è tempo di rivedere complessivamente le norme che regolano l’azione penale e i poteri di chi indaga?

 

Fonte Foto: Wikimedia CommonsG.steph.rocketCC BY-SA 4.0 Deed

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