Ma non dire la verità è mentire?

Ma non dire la verità è mentire?

di Roberto Tumbarello

C’è una variazione nell’autobiografia della Premier, “Io, Giorgia”, un best seller di cui la Rizzoli ha venduto migliaia di copie. Non è la ragazza che gliel’ha fatta a uscire dalla miseria e arrivare al vertice dello stato. Non ha diviso per anni con la sorella una stretta branda nel corridoio di un angusto appartamento di borgata di 50 mq. È cresciuta in una famiglia agiata alla Camilluccia, quartiere elegante di Roma. Gente di teatro, antifascisti. Il nonno paterno, Nino Meloni, attore. La nonna, Zoe Incrocci, attrice, vincitrice di un Nastro d’argento, e doppiatrice di Liz Taylor. Era sorella di Age, il famoso sceneggiatore che lavorava in coppia con Scarpelli. Ci si chiede perché una donna intelligente come Giorgia Meloni abbia mentito a lettori ed elettori, sapendo che al giorno d’oggi la verità prima o poi viene a galla, lo sanno anche i bambini. È secondario il fatto che non avesse citato le due sorelle nate dal primo matrimonio del padre e i due fratelli dalla moglie successiva. È giustificato avere taciuto – se ne vergognava – che il padre morì in prigione, condannato per traffico di droga e che il compagno e socio in affari della madre abbia poi sposato una sorella di primo letto. Ma la sua condizione di miseria è una bugia. E di chi mente è difficile fidarsi.
La verità è sempre meglio di una mezza bugia
Una famiglia molto allargata di cui non si può essere orgogliosi ed è comprensibile che la Premier l’abbia tenuta nascosta finché un’inchiesta giornalistica l’ha rivelata. Ma, allora, perché scrivere un’autobiografia e strombazzarla per mesi ovunque andasse? Come pensava di giustificarsi nel caso il cui, come poi è accaduto, la verità fosse emersa? Perché vantarsi di non essere ricattabile? Ormai i giornali sono più interessati a scavare in questa storia che nell’intervento della Premier al G7 di Hiroshima e persino nella guerra in Ucraina.
La verità non si nasconde, anzi!
Come giudicherà l’Europa il suo comportamento? Come l’accoglieranno i Grandi che incontrerà nei meeting internazionali? Chi ha fatto la soffiata perché venisse alla luce questa storia? Non possono essere state le sorelle che la adorano. Qualcuno dei Fratelli d’Italia? Su questi interrogativi si svolgeranno le inchieste dei media nelle prossime settimane. D’ora in poi tutto ciò che dirà o farà la Premier, passerà attraverso la lente della diffidenza e del sospetto.
Se si vuole la pace, bisogna sapere chi si comporta male
Si deve riconoscere che, seppure grazie a un viaggio pericoloso e temerario, è stato emozionante l’incontro di Zelensky col Pontefice, come importante quello con Mattarella e Meloni. Ma non certo determinante per la pace, che non dipende da nessuna delle citate persone, anche se tutte, influenti, si danno da fare. Poteva evitare di affrontare tanti rischi il Presidente ucraino.
Per ora la mediazione più efficace e probabile è nelle mani di Xi Jinping, che, avendo preso l’iniziativa, non rischierebbe una cattiva figura se non avesse una minima assicurazione di Putin di volere davvero trattare un accordo per deporre le armi. Col leader cinese l’aggressore non può bluffare, come ha fatto finora con tutti gli altri. L’arroganza di ognuno ha il limite nella potenza dell’interlocutore. La visita di Zelensky ha commosso l’Italia e rivalutato agli occhi di tutti un personaggio, che, chissà perché, molti criticavano e che ora ha fatto capire che gli ucraini combattono anche per difendere i nostri ideali oltre che il territorio.
Verità e giustizia
Nella lunga intervista a Porta a Porta ha ripetuto – come aveva detto al Papa, a Mattarella, alla Premier e certamente anche a Xi Jinping – che il suo popolo non vuole solo pace, ma anche giustizia. Se la società è davvero interessata a vivere in pace, a qualunque fede e ideologia appartenga, deve giudicare gli assassini. “Putin non sta solo distruggendo proditoriamente il nostro paese e facendo strage di donne, bambini e innocenti” – ha detto – “ma causa pure la morte di migliaia di russi” che, seppure non possano protestare, si chiedono perché stiano combattendo contro persone che non gli hanno fatto niente di male.
La verità è che il feeling c’è!
A cogliere subito il messaggio di Zelensky è stata la Premier che si è già messa in contatto col Premier indiano, che governa il paese più popoloso e importante del mondo, per fargli capire che per vivere in pace anche lui deve condannare prepotenti e violenti. Durante la fugace visita a Roma del Presidente ucraino ho notato il rispetto che il Papa e Mattarella hanno per l’eroe e il cameratismo che c’è tra lui e la Premier. Essendo della stessa generazione, sembrano compagni di giochi.
La verità può far male. Anche quella del passato; ma non va mai edulcorata
Lei come me, onorevole Presidente, se la prende ancora con i comunisti che ormai esistono solo in Cina, e pure in formato capitalista. Noi la criminalità di Stalin l’abbiamo solo appresa dalle notizie che trapelavano da oltre cortina. La versione italiana era più edulcorata e per noi innocua.
Tanto che in molti auspicavano l’avvento di Baffone anche per tutelarci da un eventuale clericalismo democristiano. Dell’aggressività di Putin, per noi molto più pericoloso di Stalin, nessuno si preoccupa. Anzi, qualcuno lo sostiene anche da noi, anche chi fa politica, come Orban, con cui il governo italiano simpatizza, che ha addirittura bloccato l’ultimo finanziamento di armi per la difesa dell’Ucraina.
Tutti vanno e vengono da Kijv, persino Zelensky che avrebbe potuto dialogare col Papa in maggiore sicurezza tramite videoconferenza o per WhatsApp. Invece, il suo viaggio a Roma è stato programmato e apertamente comunicato, anche ai servizi segreti russi, molto tempo prima. È come se stessero giocando a risico.
I Governi durano quanto meritano
Mi chiedo se valga la pena ai Fratelli d’Italia accettare le imposizioni della Lega che vuole un ulteriore frazionamento del Paese imponendo a ogni regione diritti diversi per accentuarne le differenze, in cambio del voto per la riforma costituzionale che probabilmente non si farà nemmeno. Per raggiungere un obiettivo di cui sono evidenti gli inconvenienti, si rinuncia all’unità d’Italia che dovrebbe essere un pilastro della destra patriottica e il fondamento della nostra politica.
La verità su un’Italia veramente unita
È apparso – seppure per errore – un documento riservato dell’ufficio studi del Senato, che, infatti, critica aspramente il disegno di legge. Le ricordo ancora una volta, visto che l’ha dimenticato, il memorabile intervento premonitore di Giorgio Almirante che, in un discorso di nove ore alla Camera dei Deputati nel 1970 – leggetelo se non ne siete al corrente, è illuminante – avvertì che le regioni sarebbero state carrozzoni clientelari e di potere, oltre che di frazionamento nazionale. Figuriamoci l’autonomia differenziata che è quanto di meno patriottico e razionale di possa pensare.
Verità è saper guardare al passato pensando al futuro
Sarebbe molto più utile, oltre che apprezzato dagli elettori, che lei, onorevole Premier, si dedicasse alla soluzione dei tanti problemi che assillano il paese, non tradendo l’unità nazionale e la sua stessa femminilità. Perché il presidenzialismo è macho. “Sono donna, madre e cristiana” – disse lei a Madrid – “è un mio diritto e nessuno me lo deve togliere”. Ora, invece, è lei stessa a privarsene restituendo all’uomo forte un potere che in democrazia si conquista, non viene imposto per legge. Prima di smantellare l’impianto costituzionale che ha fatto dell’Italia il paese più libero e col tenore di vita più elevato del mondo, si assicuri che la sua maggioranza abbia la possibilità di governare per cinque anni senza imporsi per legge.
Il problema non sono le norme carenti, ma i personaggi
I governi durano quanto meritano, non bisogna imporne la durata. Inoltre, data la poca affezione degli elettori alle urne, a votare sarebbe poco più della metà degli aventi diritto. Quest’uomo, per quanto forte, sarebbe, quindi, il presidente solo di un quarto degli italiani. Le ricordo che a durare mediamente un anno e quattro mesi finora sono stati solo i governi di centrosinistra. E lei dovrebbe esserne contenta perché è una carenza dei suoi avversari.
La verità, anche se brutta, non riguarda la destra
Infatti i governi di Berlusconi sono durati tutti per l’intera legislatura. Solo il primo, 1994-1996, cadde per inesperienza, sia del Premier che di Bossi, che, infatti, poi si rimisero assieme. Mentre l’ultimo, 2008-2011, di cui lei faceva parte come ministro della gioventù e dello sport, è stato interrotto dal Capo dello Stato per evitare il default verso cui il paese era avviato. Per onestà politica, il comunista Napolitano – chi avrebbe mai pensato che ce ne fosse persino qualcuno obiettivo – non convocò nuove elezioni, che il PD avrebbe certamente vinto, ma suggerì un governo di unità nazionale di cui anche Forza Italia fece parte.
Verità è anche saper ammettere gli errori
Le sembra giusto e patriottico, gentile Presidente, risolvere i problemi attribuendone la responsabilità agli avversari? Il ministro dell’Istruzione e del Merito risponde agli studenti che lamentano il caro-affitti nelle sedi universitarie scaricando la colpa sui sindaci di sinistra. C’è stato il dissenso persino della collega dell’Università che ha definito controproducenti inutili polemiche. Da tempo, infatti, Anna Maria Bernini, in collaborazione con gli enti locali, sta cercando di ridurre i costi degli studenti fuori sede ampliando la capienza delle case dello studente e istituendone di nuove. Per ora lo stato assicura ospitalità a 40mila studenti, mentre le esigenze sono di 700mila. Finalmente interviene il governo che finge di sbloccare 660 milioni per aumentare posti letto nelle città sedi universitarie. Ma poi ci ripensa e li ritira.
Verità sempre e comunque; anche a costo di smentire i propri uomini
Ricomincia la protesta. Se non fosse ridicolo l’intervento di Valditara sarebbe molto imbarazzante. Corregga queste anomalie, gentile Signora, prima di riformare ciò che finora ha funzionato. C’è l’impressione che il ministero sia una carica onorifica e non uno degli ingranaggi vitali del paese che creano produzione e benessere agli italiani. Non vengono affidati a chi ne ha le qualità, ma hai fedelissimi, a chi ha l’appartenenza più antica alla destra, agli amici con cui si è conquistata l’agognata vittoria. Non è una politica produttiva.
Le ricordo un esempio di grande civiltà
Mentre si festeggiava Churchill, personaggio idolatrato in quel momento per avere guidato la vittoria sul nazismo, finita la guerra gli inglesi lo sostituirono col laburista Attlee, ritenuto più adeguato per la ricostruzione del Paese. È perfido accentuare con l’autonomia differenziata il disagio delle regioni del Sud già penalizzate dalla lontananza dei mercati e da storiche dominazioni malevoli, per di più prive di entroterra come, invece, la Padania. Anche quelle regioni sono italiane e da sempre serbatoio di voti della destra. Lasciamo perdere la gratitudine, ma almeno dimostri il suo patriottismo, non a parole ma difendendo la dignità di quelle popolazioni purtroppo costrette ancora oggi a emigrare per mancanza di lavoro e spesso anche di condizioni di vita dignitose. Per fortuna nei paesi dove sbarcano non sono respinti come facciamo noi con gli stranieri.
La verità non è uno slogan
Mi permetto, onorevole Signora, di essere insolitamente così severo, e me ne scuso, data la stima e la fiducia che ho in lei. Ma sono convinto che se tornassero i suoi antenati politici sarebbero molto delusi del vostro comportamento che non rispetta gli italiani, né risolve i loro problemi. Smettetela con gli slogan, con le scuse per i disagi che avete ereditato dai predecessori, con i dispetti agli avversari. Il suo governo deve rappresentare anche gli italiani che non hanno votato per voi, ma che domani potranno farlo se vi riterranno meritevoli. Perché, mentre lei e i suoi correligionari siete ideologizzati, gli elettori votano per chi li protegge. Infatti, seppure dittatore che li privava della libertà, amavano Mussolini.
Che grande uomo questo Papa Francesco
Il cognato Lollobrigida non si dà per vinto e, non contento di essersi dovuto dare dell’ignorante la prima volta, ora, in occasione degli Stati Generali della Natalità, torna sull’argomento razziale. Chissà adesso come si giustificherà. Ha scoperto su internet che la razza può essere chiamata più correttamente etnia e suggerisce di sostituire il termine anche nella Costituzione. Seppure in altra forma, riparla del timore di una sostituzione etnica. È una sua ossessione. Ha dato un’occhiata alla Treccani – sempre grazie a internet – e scoperto che l’etnia italiana è un raggruppamento linguistico culturale da tutelare soprattutto quando si enfatizza la necessità di incentivare le nascite.
La verità non è su internet
La sua preoccupazione è che, tranne in Italia e nei paesi ricchi e democratici, altrove, in tutto il mondo, aumenta la natalità – quindi anche quella degli emigranti – e teme che si debba ricorrere agli stranieri per evitare che alla fine del secolo, come prevedono le proiezioni demografiche, la popolazione italiana si riduca di undici milioni. Ovviamente crescendo la longevità i pensionati saranno più del doppio di chi dovrà mantenerli. Qualcuno dovrebbe spiegargli che non si possono formulare teorie sociologiche basandosi su nozioni imparate su internet.
Verità è saper ascoltare
La Premier ha colto anche l’occasione dell’incontro col Pontefice per criticare l’utero in affitto e ribadire che la famiglia deve essere composta da un uomo e una donna. Insomma, Dio, Patria e Famiglia, come sempre. Bergoglio, invece, è apparso più laico e si è raccomandato soprattutto di mettere i giovani in condizione di sposarsi. Che grande uomo questo Papa, che ha il coraggio di partecipare a un evento politico pur di lanciare, anche da lì, un messaggio di amore.
È stato un incontro monocolore dato anche Giorgia Meloni, come Francesco, era vestita di bianco. Seppure donna, madre, cristiana e per di più Presidente del Consiglio, non sa come ci si veste a un incontro col Papa e neppure i suoi consiglieri. Magari, grazie alla maggioranza, credono di potere stabilire loro il protocollo di Stato e le buone regole di comportamento. Le sole donne che in presenza del pontefice possono indossare un abito bianco sono le regine cattoliche. Tutte le altre debbono vestire di nero. Come nei matrimoni, gli invitati sanno di non doversi vestire del colore bianco della sposa.
La verità non si nasconde
Papa Francesco si è detto molto preoccupato della denatalità che da qualche anno ha investito l’Italia. Ormai nascono sempre meno esseri umani di quanti ne muoiono. Il rimedio che Francesco suggerisce, e chiede alla politica di renderlo possibile, è fare in modo che il futuro delle coppie sia più felice, assicurando lavoro sicuro, salari più cospicui e soprattutto restituire ai giovani, oggi sfiduciati, la gioia di vivere. Il Papa ha cercato di far capire che l’accoglienza è parte integrante della natalità e non si debbono contrapporre le due esigenze. Lui stesso è figlio di emigranti che in Argentina furono accolti con grande cordialità e affetto.
Vorrebbe che gli stessi sentimenti avessero gli italiani e i governanti con chi fugge da violenza e carestia. Solo così possono aumentare le nascite, che, pur vivendo in tempo di benessere e libertà sono scese notevolmente, anche a causa del Covid, addirittura al livello dell’ultima guerra mondiale. Anch’io, come la Premier, sono perplesso di fronte all’utero in affitto. Ma riconosco che volere un figlio è un atto d’amore che deve essere ammirato. Se fosse più facile l’adozione di un bimbo da parte delle coppie omosessuali, non dovrebbero ricorrere alla maternità surrogata. Però, i bambini, comunque siano concepiti, debbono essere accolti con gioia e chiunque governi deve tutelarne i diritti.
Tra mascherine ancora utili e elettori che stanno a casa
Gli scienziati avvertono che, seppure in grande diminuzione e con effetti meno letali, il virus è ancora in circolazione. Ma lei, gentile Signora, potrebbe ugualmente suggerire prudenza e l’uso della mascherina nei luoghi particolarmente affollati. Mi consenta di giudicare piuttosto sciocco che persino nelle epidemie, cioè quando ne va di mezzo la salute e la vita, ci sia differenza di comportamento tra chi è di destra e chi di sinistra. Ricordo che Donn’Assuntasi Almirante, donna speciale di cui, più che amico di lunga data, ero ammiratore, che morì centenaria un anno fa, non vedeva l’ora di vaccinarsi.
L’Italia crede sempre meno nel voto
Nella tornata elettorale di domenica scorsa – ha riguardato 695 comuni, sei milioni di elettori, 12 capoluoghi di provincia e uno di regione – si dovrà ricorrere ai ballottaggi per sapere chi ha vinto e chi ha perso. Sempre più bassa la percentuale di votanti, appena il 59%, che denota uno scarso senso di responsabilità degli italiani. Chi è disgustato dalla politica crede che non andare a votare sia un comportamento dignitoso. Invece è da pavidi e irresponsabili. Però, è già chiaro l’orientamento degli italiani. Solo in sei capoluoghi di provincia il sindaco è stato eletto al primo turno.
Verità? Si, quando fa comodo
Quattro sono andati al centro destra e due al centro sinistra. Per soddisfare la curiosità per le cifre esatte dobbiamo aspettare qualche altro giorno. Comunque si è capito che continua, dopo sette mesi, l’idillio dell’elettorato con la destra, seppure non sia in aumento, come nelle elezioni regionali dello scorso mese di febbraio. Eletto sindaco per la quarta volta, Scajola, però, si dissocia dalla casistica e sostiene che la vittoria a Imperia è un successo solo suo, non da annoverare al centrodestra. Nonostante i sorprendenti risultati del PIL – il più alto d’Europa con un aumento dell’1.7% e il massimo incremento dell’occupazione – si avverte una certa penetrazione in Lombardia del PD, che – dopo Milano, Bergamo, Mantova, Varese e Cremona – ora si conferma anche a Brescia, la seconda grande città di una regione abitualmente appannaggio della Lega e della destra.
Verità è anche ammettere che qualcosa può cambiare
Si comincia anche a sentire, però, l’effetto Meloni-Schlein perché alcune donne di entrambi gli schieramenti sono adesso a capo delle amministrazioni locali, anche in città importanti. Mentre finora i sindaci sono stati perlopiù uomini. Ma il dato politico più evidente è il crollo del M5S, ormai inesistente in tutte le regioni e ridotto a poco più di nulla, dove il risultato più alto e del 3%. Anche i risultati del cosiddetto Terzo polo sono scadenti perché, anziché scegliere una linea politica, sono soprattutto contro il M5S e, quindi, praticamente alleati della maggioranza.
E gli elettori, che di solito necessitano di più tempo per metabolizzare e capire, cominciano a trarre le conclusioni e a fare scelte più adeguate, essendo la legge elettorale maggioritaria che consente il confronto e l’eventuale alternanza tra due sole coalizioni. Per di più Calenda lamenta lo scippo da parte di Renzi di una deputata di Azione e di una consigliere regionale dell’Emilia Romagna. E se ne stupisce.
C’è bisogno di verità anche nell’informazione
Seppure in Turchia i due pretendenti vadano al ballottaggio quasi alla pari, vedo Erdogan favorito, essendo il ministero dell’Interno della sua dittatura islamica a comunicare i dati ufficiali, e non credo che sia possibile a Kiliçdaroglu controllare e contestare eventuali errori. Gli osservatori politici internazionali dimenticano che Erdogan è la pedina dei fratelli musulmani, che, quando lo riterranno opportuno, lo sostituiranno con un altro di loro fiducia, non certo per riportare la democrazia nel paese.
Dire sempre la verità; non un consiglio, ma la strada da seguire
In Italia la spartizione delle cariche – polizia, finanza, eccetera – è avvenuta senza particolari scontri e in apparenza con scambi di cortesie. Ognuno – tranne Forza Italia per l’assenza forzata del Presidente – ha avuto ciò cui aspirava. Almeno, così è comunicato ufficialmente. Si è percepita, però, una tensione nelle trattative. È come se tra gli alleati si fosse ingaggiata una corsa alla leadership, spostandola dal terreno elettorale, su quello della gestione del Paese, che rivela la costrizione di un’alleanza sofferta. L’assenza momentanea di Forza Italia dalla politica conferma la convinzione che il prossimo pensionamento del fondatore prelude all’estinzione del partito. Non è ancora cominciata – almeno ufficialmente – la lotta per la conquista dei pochi voti che rimarranno in dotazione dei singoli parlamentari, ognuno dei quali si ritiene erede del fondatore.
La verità è un bene comune
Ma all’apertura del testamento rimarranno tutti delusi dall’assenza di eredità. Forza Italia andrà in pensione assieme a Berlusconi. Per un po’ di tempo rimarrà forse in attività chi saprà porgersi al migliore offerente, seppure portando con sé solo il proprio voto. Chi non l’aveva ancora capito, si convincerà finalmente che Forza Italia non è mai stata liberale, perché non può esserlo un partito padronale. Secondo Fazio, che ha preferito lasciare la Rai prima di esserne sloggiato, avendo vinto le elezioni “questa maggioranza si sente legittimata a comportarsi da proprietaria della cosa pubblica”, con poco riguardo per il bene comune.

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