Per governare non basta avere la maggioranza

Per governare non basta avere la maggioranza

di Roberto Tumbarello

Proprio un bell’intervento programmatico quello della neo premier – sempre in polemica purtroppo con la sinistra, come se fossimo ancora in campagna elettorale – ma piacevole e convincente. Credo anche sincero e sentito, giustamente ambizioso. Ovviamente a chi non fa parte della coalizione non poteva piacere e lo ha criticato, e ne ha il diritto. Ma che cosa avrebbe potuto o dovuto dire in più Giorgia Meloni? Si è impegnata – forse troppo – nella soluzione di tanti i problemi.  Quasi tutti, dal lavoro alle bollette. Anche il governo, tranne qualche eccezione, immancabile anche nelle famiglie perbene, è mediamente autorevole. Ma la strada è lunga e tortuosa. Non per colpa della sinistra che non ha più alcuna autorevolezza e, quindi, non costituisce un ostacolo. La premier ne parla continuamente perché forse la rassicura avere un nemico cui dare la colpa dei prossimi inconvenienti.

Se fosse solo lei a comandare e decidere non si potrebbe non darle piena fiducia. Ma dietro di lei ci sono tanti altri che hanno altrettanta autorevolezza. Guai se il partito appartenesse solo a lei. Sono proprio i suoi Fratelli d’Italia, in lista d’attesa da diversi anni e con i quali deve dividere il merito oltre che il successo. Per di più, deve rendere conto anche alla Storia, che non si può dimenticare. È facile abiurare il fascismo, come i mediocri le chiedono. Lei è parsa sincera e, per certi versi, anche molto critica nei confronti della dittatura.

Ma come fanno La Russa, Gasparri, Urso e tanti altri esegeti di Mussolini – nonostante la guerra inopportuna e disastrosamente perduta, le leggi razziali, la fuga con una divisa tedesca addosso – a non essere fascisti. Piovvero critiche e biasimo su Vittorio Emanuele III per la fuga di Pescara, eppure erano tutti in divisa dell’esercito italiano. Con lei hanno vinto anche i nostalgici che accampano il diritto alla spartizione del bottino, cioè alla divisione degli incarichi politici. Sono già stati al governo quando nel 1994 Berlusconi li sdoganò – lei aveva 17 anni – ma allora a vincere era stato lui. Loro erano solo beneficiari. Stavolta sono vincitori a pieno titolo e vogliono cambiare il Paese, rivoltarlo come un calzino, mentre migliorarlo sarebbe già difficile e un grande risultato.

Vogliono addirittura stravolgere la Costituzione – un capolavoro di saggezza ed equilibrio istituzionale – che, però, non è la loro. Perché quei padri costituenti non ce li vollero nel consesso e fecero molto male. Perché erano, sì, post fascisti, ma italiani, con i loro martiri e il diritto di credere diversamente. Chi si diceva democratico avrebbe dovuto concedergli il diritto di esprimere il proprio parere. Però, era l’immediato dopoguerra e di democrazia, libertà e diritti nessuno sapeva molto.

Mezzo secolo dopo arrivò Berlusconi e, sdoganati i post fascisti, propose saggiamente una bicamerale che, però, non si fece. E fu un altro errore. Avrebbe pareggiato il vuoto precedente e ora si ripresenta il problema. Perché la Storia non si cancella. La ruota della vita gira e ristabilisce gli equilibri naturali. Gira per tutti. Per il suo amico Orban e il suo nemico Putin. Girerà un giorno anche per la NATO. Basta avere la pazienza di aspettare, anche per anni, talvolta per secoli. Seduti sulla sponda del fiume, come insegna il saggio proverbio cinese.

L’ISIS rivendica il risarcimento della crudeltà perpetrata dagli europei durante due secoli di colonizzazione per i cui orrori nessuno si è mai scusato. L’Italia, essendosi comportata bene ai tempi dell’Impero, è infatti il solo paese europeo a non essere stato colpito dal terrorismo islamico. Anche gli ebrei aspettano il momento di farla pagare a chi li ha decimati e, per non fare svanire la rabbia, intanto se la prendono con i palestinesi che non c’entrano.

Il vero pericolo per la gentile signora – finalmente una donna a guidare il governo –  viene dai suoi accoliti. Infatti, ha dovuto consentire a La Russa di ricoprire la seconda carica dello stato, a Fontana di diventare la terza e a Gasparri di proporre una legge che praticamente cancella l’aborto. Lei, donna di grande intelligenza e, nonostante la giovane età, molto saggia, non può essere d’accordo. Forse non lo è neppure lo stesso Gasparri. Ma debbono vendicarsi di coloro che 77 anni fa li misero all’indice. Se no, a che serve la vittoria elettorale? Ecco chi sono i potenziali nemici del Governo Meloni, non quei babbei della sinistra né quegli esaltati del M5S. Saranno  gli stessi Fratelli a deludere gli italiani perché non gli basta la soddisfazione e l’onore di governare il paese. Debbono togliersi diversi sassolini dalla scarpa che potrebbero fare inciampare Giorgia Meloni.

Nel governo – dicevamo – c’è qualcuno in gamba. Ma c’è pure chi, un tempo radicale o democristiano, ha voltato gabbana attratto dal potere. È inspiegabile – ma c’è sempre un motivo – perché se li siano presi. Il Movimento Sociale era un partito di poca gente ma di fede. È difficile sapere se quello in cui si crede è giusto o sbagliato. Ma credere in una società corrotta come la nostra è già una buona referenza. Però, quando si sale così vertiginosamente, fino al 26%, ora addirittura al 30 – molti più consensi di Mussolini nel 1922 – si spalancano porte e portoni ed entra chiunque, anche chi non ne ha diritto.

Ci si chiede allora perché una ragazza così proba e saggia metta al governo chi ha un conflitto di interessi e all’evenienza cambierà di nuovo partito. Si è biasimato tanto Berlusconi, che, almeno, era il padrone. Era suo soprattutto il merito di avere creato la destra di governo. Ma questi chi sono? Perché inserirli in un esecutivo che ha la pretesa di essere autorevole? Da chi sono protetti?

Oggi per la tenuta della maggioranza un altro problema è costituito, oltre che  da Berlusconi, anche Salvini, che riuscirà a controllare i porti anche dal dicastero delle infrastrutture. Tanto valeva, essendo la sua ossessione, dargli l’Interno cui agognava. Perché accontentare tanti questuanti inutili e non un leader per mettere al suo posto un poliziotto, che è l’antitesi della politica? Quando si ricorre anche ai tecnici vuol dire che la classe dirigente non è all’altezza. E prima o poi si risentirà di tale carenza. Ecco perché l’intransigenza di una premier nel respingere la Ronzulli cozza con la diplomazia essenziale e indispensabile per la composizione e la guida di un governo. Non basta avere la maggioranza.

Che cosa cambiava se ad andare da Berlusconi per ricucire l’intesa fosse stata lei anziché umiliare un uomo di 86 anni che ha creato le premesse perché tutto questo succedesse. Fu lui a consentire a una ragazza di 28 anni di diventare vice presidente della Camera dei Deputati, a 32 ministra e a 45 premier. Senza di lui sarebbero ancora al 4%. Basta pensare che il MSI nel 1972 arrivò straordinariamente all’8% quando si unì con i monarchici, nonostante l’alto spessore culturale e politico degli uomini che allora vi aderivano e si alternavano alla guida.

La sola macchia nel bel discorso della neo premier è l’inelegante intenzione di istituire una commissione di inchiesta parlamentare per giudicare l’operato del Ministro Speranza e dare soddisfazione ai no-vax. Scoprire eventuali reati durante la pandemia è compito della magistratura, che da noi è lenta ma efficiente. Infatti, a Milano la procura intervenne sulla vendita di camici e mascherine agli ospedali lombardi, ma concluse che non c’erano stati reati. Indagare ora sul PD, dove nessun esponente ha parenti imprenditori, è inutile. Sono tutti inetti politicamente, ma – tranne qualche caso in periferia, come in FdI –  onesti. Conviene cercare altrove. Se no, i suoi seguaci interpreteranno male le sfide.

Per esempio, il sindaco di Marcon, un comune nella zona commerciale di Venezia, che non ha ascoltato l’elegante intervento alla Camera o non ha capito l’elogio alle donne che aprirono la strada alla Meloni, ha bocciato l’idea di intestare una scuola a Tina Anselmi, che, invece, è tra le donne del passato che la sua leader stima. Come si può notare i coglioni non sono solo a sinistra. Sono dappertutto, ne siamo invasi ed è inevitabile che in democrazia più di uno finisca nella stanza dei bottoni.

Rivali così prodighi da far vincere la destra, nonostante il loro maggior numero di consensi, meritano l’onore delle armi, come il Duca Amedeo d’Aosta, viceré d’Etiopia, e i pochi superstiti della sua armata dopo la resa sull’Amba Alagi nel 1941? È sempre bene tenere presente che se il polo progressista si fosse presentato unito – anche se mostratisi

stupidi, non ripeteranno l’errore – la destra non avrebbe vinto, per lo meno non con questo enorme vantaggio.

Non è possibile riconoscere a Letta l’onore delle armi perché è di una mediocrità esagerata. Lasciamolo signorilmente in pace perché se ne torni a Parigi una buona volta, ora che è stato così sonoramente sconfitto. Bisogna riconoscere, però, che la sinistra, come del resto Mussolini nonostante i disastri combinati, ha dato un contributo al Paese.

Ora è prudente prevedere che anche chi l’ha votata potrebbe crearle ostacoli. I cittadini italiani, infatti, sono esigenti e addirittura avidi, e per niente collaborativi. Altra circostanza da non sottovalutare è che non si può governare sempre a dispetto dell’opposizione. Né ci si può lamentare per le critiche che le faranno, come del resto lei faceva fino a ieri a loro. Se userà il braccio di ferro, come ha fatto con Berlusconi, cominceranno le manifestazioni, i cortei, gli scioperi. E, per carità, non li contrasti con le manganellate e i pestaggi della polizia, come durante il G8 del 2001 a Genova. Anche qualche giorno fa, proprio in occasione del suo insediamento, alla Sapienza, l’università di Roma, la polizia é intervenuta lo in maniera insolitamente brutale sugli studenti. Non è democratico.

Nella speranza che il suo sia finalmente  un governo longevo e soprattutto che rispecchi il programma enunciato, mi permetto – grazie all’esperienza e alla mia certificata onestà intellettuale – di dare all’on. Presidente qualche suggerimento, seppure non richiesto. Si ricordi che la sua ascesa è stata troppo repentina. Ha suscitato ovviamente grande e legittima euforia, ma deve metterla in guardia dal pericolo di un’altrettanto precipitosa discesa.

Nel 2008, la stessa composizione politica – allora di centro destra, oggi sembra che il centro sia scomparso – di cui lei, ancora ragazza, faceva parte come ministro, governò fino al 2011, quando dovette dimettersi perché stava portando l’Italia al fallimento. Lo spread era arrivato a 574 punti base. Letta ha stoltamente dimenticato di ricordarlo in campagna elettorale. Ma lei, che è più furba, se ne ricordi.

Delle inchieste parlamentari sono pieni i dossier. Con la maggioranza che ha, il verdetto si conosce già. Non è giusto processare il ministro della Salute che dovette affrontare un nemico ancora sconosciuto. Tanto più che non importano a nessuno i giudizi sul passato. Non si lamenti della situazione che trova, più difficile di quella che i predecessori hanno vissuto. È lei a essere arrivata in questo momento e sarà giudicata per i benefici che le famiglie italiane trarranno dalla sua politica. Non cerchi nella sinistra un nemico che non esiste più. Visto che ha suggerito una pacificazione nazionale, si comporti in modo da dare l’esempio, cominciando dalla Garbatella, la borgata romana dalla quale lei proviene.

Perché dileggiare la Boldrini che era la presidente, mentre lei preferisce essere il presidente? Sono vezzi superficiali e innocui su cui è inutile polemizzare. Né si può decidere chi è nel giusto. Faccia interrompere anche la ricerca dell’appellativo del suo compagno, per ora nel ruolo di First gentleman. Si ricordi che seppure lei non sia fascista, milita in un partito post fascista e non dovrebbe consentite tanti neologismi quanti ne abbiamo ascoltati nel suo intervento. Ricorda che Mussolini, non a torto, li mise al bando? Inoltre, il suo compagno, che spero diventi presto sui marito per non turbare la serenità dell’ultra cattolico Presidente della Camera per il quale vivreste in concubinato, non è un principe consorte. Lei non è ancora Capo dello Stato.

Può diventarlo, però, tra cinque anni, quando raggiungerà l’età eleggibile – per il Quirinale è di 50 anni – se lascerà perdere i progetti di stravolgimento costituzionale, che minaccia di fare da sola se gli altri partiti non collaborano. Le riforme di tale livello in un paese democratico debbono essere condivise perché riguardano la vita di tutti. Le lasci fare a Orban. Non avevamo appena proposto una pacificazione? E mi sembra di aver capito che lei vuole essere la presidente anche di chi non l’ha votata.

Il nostro testo di riferimento è talmente equilibrato e garantista da averle consentito di arrivare a Palazzo Chigi. Se lei ne cambia l’assetto e un giorno dovesse venire un prepotente, col semi presidenzialismo potrebbe non andarsene più. Invece, è meglio per noi tutti, e anche per i suoi figli, che in Italia si continui a votare ogni cinque anni. Si ricordi pure di coprirsi la bocca quando le scappa qualche parolaccia o insulto, pperché ormai c’è la lettura labiale.

Quell’accozzaglia di partiti che lei chiama la sinistra hanno consentito agli italiani un tenore di vita di gran lunga superiore alle loro possibilità e meriti. Libertà e benessere, persino esagerati, che le auguro lei possa continuare a mantenere. Tenga sempre presente – anche se lei non è fascista – che Mussolini, uomo di grande intelligenza e perspicacia, definì il nostro popolo ingovernabile. Lui poté permettersi di stare 20 anni al potere perché lo privava della libertà. Lei, invece, non mi sembra ne abbia l’intenzione.

È più prudente, quindi, recuperare Berlusconi, un uomo di valore, ma ormai troppo anziano per pretendere da lui un normale equilibrio e non se ne possono prevedere le reazioni. Lei è stata incauta nell’umiliarlo e potrebbe pentirsene. Però, lui capirà che alla sua età è normale montarsi un po’ la testa. Con lui si comporti da nipotina non da premier. Perché, seppure FdI sia ora quotata al 30%, dai voti di Forza Italia dipende l’avvenire del suo governo. Infatti, La Russa, per essere eletto al primo scrutinio, dovette ricorrere ai voti dell’opposizione truccata di Renzi e Calenda. E poi, diciamo la verità. A paragone di certi suoi ministri la Ronzulli è da 110 e lode. Almeno è una brava infermiera e fedele parlamentare, qualità da non sottovalutare al giorno d’oggi. Anche Salvini, per il motivo opposto, va coccolato. Perché lei non ha vinto la guerra, che è ancora lunga, ma solo la prima battaglia.

Un asso nella manica lei ce l’avrebbe. Ma non è facile giocarlo perché la scelta dei migliori non è del nostro mondo. Noi italiani al potere, sia progressisti che conservatori, privilegiamo chi ci adula. Perché abbiamo un bisogno fisico di sentirci dire che siamo bravi, forse proprio perché sappiamo odi non esserlo.

Se lei vuole la standing ovation, cioè il consenso generale, anche di chi ha votato per Fratoianni, abolisca questa pratica medievale. Lasci perdere la Flat Tax, che favorisce chi è già ricco. Cerchi di limitare l’evasione fiscale anziché incrementarla aumentando l’uso del contante per riprendere il consenso degli imbroglioni. Si occupi di chi diecimila euro non li ha mai visti. Faccia tornare i cervelli in fuga, perché in Italia sono rimasti solo gli incapaci che all’estero nessuno vuole. Ecco perché il Paese è sempre in affanno, mentre lei lo attribuisce erroneamente all’incapacità della sinistra.

Non so se le sarà concesso. Non basta essere onesti e senza scheletri da nascondere per non essere ricattabili. Come si giustificherà con tutti i suoi che, pur non valendo molto, aspettano la giusta prebenda per la  fedeltà? E forse ne hanno pure diritto. Ci sono obblighi affettivi nei confronti del partito, di amici, di camerati, della sua famiglia. Potrà sacrificarli per il bene di chi un giorno, comunque si comporti, tirerà anche a lei le monetine?

Il nostro è un paese di parassiti e di corrotti. Questo è il vero problema dell’Italia, non del governo di destra o di sinistra. Anche quelli che lei chiama patrioti prima o poi la tradiranno. Ma non importa. Se avrà questa forza, passerà alla storia non solo per essere stata la prima donna premier, ma la prima in assoluto a non avere rinnegato la grazia di stato né l’onore di governare con coscienza e lealtà il Paese. Solo così non sarà una di passaggio come la maggior parte di coloro che l’hanno preceduta e di quelli che oggi l’accompagnano.

Commenta questo articolo

Wordpress (0)
Disqus ( )