VIOLANTE: NEL 92-94 ABBIAMO CONFUSO QUESTIONE POLITICA E GIURIDICA
di Giuseppe Gullo
«All’inizio, con Mani Pulite, la sinistra ha confuso la questione morale e la questione giuridica. Ma tra il 1992 e il 1994 si è confuso tutto da parte di tutti. Quando Craxi disse: “Guardate che se non troviamo una soluzione politica, prevarranno l’avventurismo e la degenerazione”, aveva ragione. È quello che è avvenuto. Perché distingueva il piano politico da quello giuridico. Purtroppo, nessuno di noi capì. E sappiamo tutti come è andata».
Leggere nel 2024 questa dichiarazione di Luciano Violante suscita un sentimento ad un tempo di soddisfazione e di rabbia. Sono stati necessari più di trent’anni e danni incommensurabili allo Stato e a moltissimi cittadini per sentire dire a un ex magistrato – che è stato anche Presidente della Camera in quota Pds e soprattutto plenipotenziario del PCI-PDS-PD per i rapporti con la magistratura e i problemi della Giustizia – un pur tardivo mea culpa che ristabilisce, in parte, la verità storica di una delle pagine più oscure ed inquietanti della storia recente del Paese.
“Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis”, scriveva Cicerone circa 2000 anni fa nel De Oratore. Oggi, come allora, le vicende che hanno segnato profondamente le nostre vite e quelle delle Istituzioni repubblicane impongono di essere valutate con lo spirito critico e lo sguardo profondo di chi vuole comprendere fino in fondo la genesi, la natura, gli obiettivi e gli effetti di ciò che è avvenuto.
Qual è il valore delle dichiarazioni di Violante? Occorre dare atto al suo autore di avere fatto una revisione profonda delle sue posizioni. Ciò gli fa onore, sebbene il cambiamento arrivi quando egli non riveste più alcun ruolo rappresentativo nel PD, e il Partito che è stato il suo è sotto attacco per la questione morale che aveva scelto come terreno di confronto e di sfida con le altre forze politiche. Sotto il primo profilo è impossibile non rilevare che nessuno dei dirigenti del PD ha ripreso le dichiarazioni di Violante. Esse sono state ignorate del tutto senza discussione né di approvazione né di contestazione. Tantomeno esse hanno indotto i democratici a riconsiderare le loro posizioni rispetto ai provvedimenti del Governo in tema di custodia cautelare, di sequestro dei cellulari, di intercettazioni e uso dei trojan. La deriva giustizialista del PD non si è interrotta sul presupposto, profondamente sbagliato, che il rapporto privilegiato con le procure sia una tutela ed una garanzia sempre valida per loro.
Sta di fatto che ora Violante offre ai suoi ex compagni un argomento per trovare una “via d’uscita” praticabile senza recitare pur doverosi mea culpa per i quali non ritengono di essere pronti. È una sottile distinzione che consente, se accolta, una via di fuga dalla posizione attuale appiattita sulla magistratura. Una cosa è l’osservanza delle norme altra è l’etica e la pratica politica. La prima che costituisce il controllo di legalità spetta al magistrato, la seconda è di esclusiva pertinenza del potere politico e non può e non deve essere delegata al potere giudiziario. La verità camuffata da queste specificazioni sofisticate è che la politica non può delegare ad un altro potere dello Stato il compito che le è proprio senza causare gli effetti distorsivi che Craxi previde trent’anni fa.
Adesso che il PD è accusato di essere in mano a capi bastoni e cacicchi, le carni dei suoi dirigenti sono piene di ferite aperte che è difficile curare e rimarginare. Alcuni capisaldi che sembravano granitici e inattaccabili vacillano paurosamente e con essi la certezza su cui era stata fondata la dottrina berlingueriane della “diversità” in forza della quale il PCI, prima, e i suoi successori poi, ritenevano di essere impermeabili rispetto alla “questione morale”. Così non è e non potrà mai essere poiché la politica cammina sulle gambe degli uomini, e spesso il discrimine tra il lecito e l’illecito è molto sottile. La differenza la fa la natura del provvedimento e la finalità che esso persegue. Ne è prova, proprio in questi giorni, la bella sentenza d’appello sull’operato di Lucano, ex Sindaco di Riace, prosciolto da ogni addebito dopo una sentenza di primo grado che lo aveva condannato ad oltre 13 (tredici ) anni per una lista lunghissima di reati collegati all’attività di accoglienza dei migranti. Se un amministratore realizza atti finalizzati a soddisfare un’esigenza collettiva come quella di accogliere, dare lavoro e integrare chi, a rischio della vita, è fuggito dal suo Paese e chiede asilo, e vi è la prova che non si è arricchito e non ha sperperato denaro pubblico, ha operato bene e merita di essere sostenuto e aiutato.
I Democratici sembrano non accorgersi che l’attacco proviene dalla scelta precisa e consapevole dei 5S, che hanno portato dentro le istituzioni gli alfieri di questo distorto rapporto tra politica e magistratura. Che altro significato può avere il fatto di avere nominato vicepresidente della Commissione Antimafia proprio De Raho, ex procuratore nazionale della DNA, i cui discutibili comportamenti sono emersi nella recente inchiesta sul dossieraggio a carico di centinaia di persone note, e che aveva delegato la linea politica in materia di giustizia a Scarpinato, per decenni inquirente nel Palazzo dei corvi della Procura di Palermo? Il caso della Puglia e di Bari è un segnale chiaro che la campagna di delegittimazione del PD sul terreno sdrucciolevole dell’onestà è stata lanciata e che il fuoco proviene da trincee ritenute, a torto, amiche.
E’ ancora più che mai valido il monito lanciato con grande lungimiranza trent’anni fa da Craxi: se non si interviene subito e con decisione saranno i mistificatori a prevalere, ancora più di quanto è già avvenuto, e la notte sarà lunga e senza luna.
Fonte Foto: Wikiemdia Commons – Camera dei deputati – CC BY 4.0 Deed