IL CONGRESSO PD, MENTRE LE EMERGENZE PREMONO

IL CONGRESSO PD, MENTRE LE EMERGENZE PREMONO

di Giuseppe Gullo

L’opposizione al Governo della destra e il dibattito precongressuale del PD si stanno svolgendo sulle pagine di Repubblica. Non esclusivamente, ma in modo prevalente. Anche il Foglio, gli altri quotidiani del gruppo GEDI e quello di proprietà di De Benedetti, Domani, non paragonabile a quello del giornale fondato da Scalfari per l’autorevolezza e la storia di quest’ultimo, stanno svolgendo un ruolo in questa direzione.

Il PD ha perso da tempo l’insediamento territoriale capillare che aveva ereditato dal PCI che attraverso le sezioni, le organizzazioni collaterali, in esse comprese quelle sindacali, copriva l’intero Paese e conteneva rappresentanze reali della società civile. Esse, sezioni e organizzazioni collaterali, dopo il superamento del centralismo democratico che di fatto non consentiva un dibattito libero e bloccava qualunque forma di dissenso, anche marginale, rispetto alla linea della Direzione Nazionale, costituivano luoghi di dibattito e confronto aperto, spesso approfondito, talvolta rissoso ma sempre utile e produttivo.

Questa esperienza si è conclusa e non è stata sostituita da nessun’altra forma di vera partecipazione degli iscritti i quali, soprattutto per questa ragione, sono diminuiti paurosamente. Nel 2021, secondo dati diffusi dagli stessi democratici, gli iscritti sono stati circa 410.000, rispetto a 1.500.000 circa di iscritti al PCI,  In ogni Comune ,anche il più piccolo, vi era una sezione di Partito, e nei centri più grandi una in ogni quartiere, e una federazione provinciale che ne coordinava le attività. Tutto ciò non esiste più o si è ridotto quasi a nulla, e dove sono rimasti sono  luoghi perennemente chiusi. Le correnti nazionali non hanno altra funzione se non quella di garantire una presenza negli organi istituzionali in proporzione della forza presuntivamente attribuita a ciascuna di esse. Dibattito e approfondimento politico prossimi allo zero. Perfino in momenti di grave crisi, come l’attuale, il dibattito con protagonisti in maggioranza esterni al Partito, si svolge fuori dalle sedi istituzionali del partito, sulle pagine dei giornali che lo ospita.

La chiamata di Letta dal suo esilio volontario oltralpe non ha dato il risultato sperato per varie ragioni che riguardano la linea politica ondivaga e l’assoluta assenza di decisione e chiarezza su alcune battaglie identitarie la cui mancanza ha fatto perdere al Partito riconoscibilità e capacità attrattiva in molti ambienti dell’area progressista. Eppure, come scrive  Salvati su Repubblica, vi è necessità di un Partito Socialdemocratico che abbia i caratteri propri di una forza politica riformista, ben radicata nella società capitalistica di cui fa parte, orientata a superare, nella misura possibile, gli squilibri tra chi ha troppo e chi ha troppo poco o nulla, in modo da creare condizioni di sviluppo e opportunità di lavoro e non solo necessità di assistenzialismo.

Ciò che scrive l’illustre politologo è del tutto condivisibile sebbene non prenda in considerazione due aspetti importanti. Uno è quello della tutela dei diritti civili e la necessità della loro estensione. Proprio in questi giorni, con l’emanazione del DL c.d. anti rave, assistiamo al diverso modo di intendere ed affrontare i problemi sul versante delle libertà civili tra sinistra e destra. Vietare i raduni di più di 50 persone che intendono divertirsi senza commettere reati e senza procurare danni a terzi, è un atto repressivo intollerabile. Farlo in una pubblica piazza, in un giardino, su un terreno incolto e abbandonato, per stare insieme, cantare e ballare e divertirsi, sono non solo un fatto che deve essere e restare assolutamente lecito ma dovrebbe essere accolto come un segno di serenità e voglia di vivere.

Non Vi è solo questo ma molto di più. Sono stati accantonati nella passata legislatura questioni importanti e delicate, sulle quali la sensibilità dell’opinione pubblica è molto alta. Mi riferisco allo ius scholae e allo ius soli che sono battaglie di civiltà sulle quali si caratterizza e si distingue una forza progressista da una conservatrice. Su di esse deve essere fatta un’ulteriore considerazione importante che ci riguarda molto da vicino. Per necessità dovuta soprattutto al calo demografico e all’invecchiamento della popolazione, avremo sempre più necessità di “ospitare” giovani e famiglie che provengono da altri continenti in particolare dall’Africa. Ciascuno di loro ha una diversa cultura, differenti tradizioni e religione. Se non vorremo scomparire come popolo, dobbiamo integrare queste persone e farle sentire e trattarle come nostri connazionali. E’ una strada obbligata che occorre percorrere con saggezza, apertura mentale e disponibilità vera. In caso contrario nell’arco di una o due generazioni, non potremo sopravvivere e resterà solo il ricordo del popolo di Dante, Leonardo, Michelangelo, Archimede, Pirandello e Antonello da Messina, solo per citare a caso. Su queste battaglie e altre come il fine vita bisogna insistere nel Parlamento e nella società spiegando le ragioni delle scelte, senza paura o preoccupazione di essere minoranza parlamentare, perché così si diventa maggioranza tra la gente.

Su un altro piano anch’esso importante e qualificante, non è possibile affermare che il Rosatellum è una pessima legge elettorale e nello stesso tempo non fare nulla per modificarla accettandone la principale anomalia e cioè la scelta verticistica dei candidati che saranno eletti, non distinguendosi in niente da chi fa eleggere in Parlamento candidati che non sanno neppure dove si trovano dislocati i collegi che dovrebbero rappresentare. Si perde credibilità e si viene omologati agli altri che almeno hanno il pudore di non criticare il sistema elettorale. Per le primarie vale lo stesso ragionamento. Se sono prescritte debbono essere fatte e diventano vincolanti. L’eccezione può essere consentita solo in presenza di personalità di altissimo livello di cui, in verità, non si vedono esempi all’orizzonte. Adesso è stato comunicato che le primarie si faranno il 19 febbraio 2023 con la partecipazione di candidati che sarà, si dice, la più larga possibile. Intanto è stata ufficializzata la candidatura di Bonaccini, Governatore dell’Emilia Romagna, da sempre Regione simbolo della buona amministrazione della sinistra.

Bonaccini sembra avere le carte in regola per rilanciare il PD. E’ sufficientemente giovane, 55 anni, ha una vasta esperienza amministrativa di buon livello come consigliere comunale di Modena, assessore dello stesso capoluogo e Governatore dal 2014 della Regione rossa per definizione. Ha inoltre una lunga milizia nel PDS, poi PD, prima accanto a Bersani e poi con Renzi. E’ sempre stato riformista dentro il suo Partito e la guida di una Regione con radicate tradizioni di sinistra è un ottimo biglietto da visita. Ho letto una lunga intervista che ha rilasciato al direttore del Foglio nella quale parla opportunamente di Partito dei lavori con una sua precisa e chiara identità. Niente invece per quanto riguarda i rapporti con i 5S, terzo polo e i movimenti a sinistra del PD. Niente sulle grandi battaglie sui diritti civili e sulla legge elettorale. Niente sulla politica fiscale e su quella a sostegno delle famiglie. Niente sull’immigrazioni e i rapporti con l’UE. Certo un’intervista non si prestava a parlare di tutto questo, bisognerà aspettare di leggere il contenuto del suo programma per dare un giudizio compiuto.

Vi sono intanto scadenze che incombono a cominciare dalla finanziaria e dai rapporti con i 5S sulle quali non possono essere commessi errori che potrebbero compromettere il futuro.

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